Anarchisme et anthropologie-Un libro per tutti pria che sia di nessuno-

biuso_aaSi può essere indulgenti ma non fessi. Perché uccidete, perché la violenza diffusa e l’atto violento nelle auto-nominate vittime, gesto che i giornalisti definirebbero gratuito anche se costoso in realtà da agire, domandato all’enorme massa di scontenti di sé e basta, le autonominate, senz’altra giustifica dà luogo a una quasi unica risposta, per uccidere. Altri direbbe per puro nihilismo. Per desiderio che si mette in atto con il desiderio di uccidere il desiderio in atto. Dall’essere desiderio a presentarsi come killer. Ribaltando qualche punto di vista, la domanda circa l’orrore del mondo attuale, nelle sue stratificate manifestazioni e cumuliformi come il terrorismo, rivolta generalizzata al mondo, à la limite, ai no, alle frustrazioni, alla rinnegata civiltà della polis in un orizzonte di neo tribalismo, che non sono estreme ma normali al bipede, la domanda al soggetto fuor di tribù è se non si tratti di infantilismo puro, dell’iterare/iterarsi nella stagione del perverso polimorfo o, per dirla semplice, del reginetto voglio-posso-comando posto innanzi a uno specchio che non gli rimanda la propria ma un’immagine sanguinolenta come al Macbeth i suoi re maciullati. Macbeth non ha specchi per vedersi cioè per contenersi, Macbeth si è adattato al mito della mammacbeth, la sua signora, de iure e de facto. Così ci si immagina fedeli che eternamente hanno da rimproverare un padre di non essere il loro in eterno, cioè padreterno. Passata la funzione biologica il padre che cos’è se non fantàsima, oh Macbeth, a meno che non lo lo si passi alla funzione civile, tirandolo giù dalla pianta della trascendenza. In fondo Cristo è questo che voleva intendere, this’s the unanswered question, Papà ven giò please or not to please. Ma papà non c’è, non è nell’alto di nessun cielo. Si può essere padri da vicino, accanto, non simbiotici. I vostri figli non sono figli vostri, sono i figli e le figlie della forza stessa della vita [a], anche i figli di dio. Un padre può confortare o giocare a scacchi, persino dirigere al bello e al buono, ma non assumersi in cielo da solo per fare di te un campione del telefonino che perdi e rompi ogni giorno e del Kakkakappa47, sia santificato il suo nome. La mitologia della responsabilità altrui, fino alla colpa è il peggiore degli incentivi reazionari. Il padre è caduco, periclitante, limitato, mortale, molteplice per poco che sia, non un divo ascoso nel sua unicità. Oltre è ybris. Non bisogna averne bisogno, né farne un bisogno, pena l’esilio infinito in un status di perenne minoranza ottusa prepotente, violenta, disposta a tutto, di mendicanti in eterno un governo, di risentiti. Ricchi o brutti così fan tutti. Malati senza voglia di affrontare il medico che non sia pietoso e dunque fabbricatore,  mai curandero di piaghe

Di tutte le bestie, la più bestia è l’uomo recita Satana nel Prologo celeste del Faust goethiano. Ma il gran tedesco sbaglia, Satana può decidere di essere tedesco del resto. L’uomo non è affatto bestia se non nella misura in cui si tratta di bestia pericolosa davvero, perché capace di ciò che vipere e tigri non sono capaci, di razionalizzare le proprie pulsioni, guidate dal desiderio che nulla ha a che fare con la semplice necessità di non farsi schiacciare. L’uomo non schiaccia per non essere schiacciato, l’uomo schiaccia per schiacciare. Il male, a chiamarlo così, non è mai banale. Provino i lettori a immaginare un mondo in cui la vipera o la tigre, per colpire, sappiano dirsi che, È giusto, è pio, è dovuto, lo devo Io, Io Io. Per fortuna non è così o sarebbe la fine del mondo a due zampe che purtroppo è tra le zampe anteriori dell’unica specie che si immagina illimitata, per terrore del limite dei limiti di cui razionalizza i confini con il filo spinato o il cemento quando può,  con il massacro. Qualsiasi conflitto ha un limite tra gli altri animali ma non è così per il duegambe. I gatti si riempiono di botte per una femmina o per un’aiuola, ma non violentano né si ammazzano mai. Il duegambe non la fa finita dopo la scaramuccia cha già darebbe l’idea di dove si potrebbe arrivare, il duegambe trova ragionevole, giusto, pio, io io ho oh, tirare in lungo, quattro, dieci, trenta, cento e mille anni, D’io lo vuole il sempre-mit-uns. Ma unnoi chi non è chiaro. Non sono certo i 700.00 morti di Verdun che lo possono fermare. Quanti danni si facciano, quanti stupri e rovine, quante vittime razionali, l’importante è trovarlo giusto e giustificato. Qui sta la differenza antropologica, mi si passi il termine, tra noi, la vipera e la piccola tigre addomesticata che è il gatto. Quell’altra, la più grossa, si noti che è tra le vittime del gamba-biforcuta. Ci sono i principi del paranoico da difendere. Ascolta le voci cicci e vedrai che desideri. Basta stare in groppa a un Sinai o altro cuccuzzolo a piacere. Quel che allo Schreber[b] non riuscì di affermare, riesce sempre ai profeti, questione di  bienveillance per l’antròpolocentrismo. E per questa ultima frase potrei finire sgozzato, ormai è così. La critica non va bene alle masse e alla messe.

Pertanto ecco che il breve quanto densissimo saggetto di Alberto Giovanni Biuso, Anarchisme et anthropologie-Pour une politique materialiste da la limite-Asinamali editeur-Paris. 2016, giunge lieto e di stagione per chi almeno un po’ si sia fatto Leopardi di se stesso e non leopardo o gattopardo. Va letto, meditato, non riassunto e si prenda questa fantasticheria che precede questa conclusione come tale, ovvero come massa plastica di pensierini accessori, limitati di un non filosofo, derivati, per associazione, alla lettura che, invece, viaggia per ben ponderati calli e ben lontane dai socialismi d’ogni specie e misura quando l’utopia anarchista voleva un po’ essere la più bella tra le promesse di sol dell’avvenire. Oggi non è così, oggi il Biuso, medico dell’anarchismo indica non la possibilità di redenzione ma di cura dell’àntroprosopopàico, questione di sopravvivenza, non di nihilismo, di ribellione, di rivolta, ma di ribaltamento, eccola, del nihilismo che è scorciatoia, in fatica. Si tratta di gettare il telefonino con tutta la pubblicità che se ne fa acqua sporca. Così, con queste parole, il Biuso conclude il suo dotto, complesso, misurato quanto brillante argomentare, cui occorre rimandarsi e non solo a settembre:

Notre souhait se nourrit de l’éventualité que la puissance-même technologique- des États, leur dèveloppement démesuré par le biais des Corporations, leur myopie absolue vis-à-vis du futur de la planète, n’aboutissent pas à la fin de l’espèce humaine, et de l’entière biosphère. Le géant d’argile du Léviathan pourrait conduire au résultat, paradoxal pour tous hormis les anarchistes, d’una structure élaborée en vue d’éviter la destruction mais qui serait en réalité la cause déterminante de la destruction. Nous anarchistes, nous devons être désenchantés et matérialistes également, dans le but d’éviter une telle issue et commencer à construire, au contraire, la société humaine. Sans illusions, nous l’avons vu, mais avec une ténacité absolue.

Livre à lire.

Nous les anarchistes.

Intenda chi vuole.

[a] vd. Kahlil Gibran – Il profeta -1923
[b]vd. Paul Schreber-Memorie di un malato di nervi -1903

About dascola

P.E.G. D’Ascola ha insegnato per 35 anni recitazione al Conservatorio di Milano. Ha scritto e adattato moltissimi lavori per la scena e per la radio e opere con musica allestite al Conservatorio di Milano: "Le rovine di Violetta", "Idillio d’amore tra pastori", riscrittura di "Beggar’s opera"di John Gay, "Auto sacramental" e "Il Circo delle fanciulle". Sue due raccolte di racconti, "Bambino Arturo e il suo vofabulario immaginario"" e "I 25 racconti della signorina Conti", i romanzi "Cecchelin e Cyrano" e "Assedio ed Esilio", tradotto questo anche in spagnolo da "Orizzonte atlantico". Nella rivista "Gli amanti dei libri" occupa da molti anni lo spazio quindicinale di racconti essenziali, "L’ElzeMìro".
This entry was posted in Al-Taqwīm. Bookmark the permalink.

11 Responses to Anarchisme et anthropologie-Un libro per tutti pria che sia di nessuno-

  1. diegod56 says:

    devo rileggere; Pasquale anche quando non ti capisco qualcosa in me ha capito; la questione dell’anarchismo del grande A.G.B. è un salto dal quasi banale al complesso, eppure al centro c’è una radura di quiete incredibile; camminerò ancora, anche se è un periodo che non leggo, ma rileggo

    Like

    • dascola says:

      …anche se è un periodo che non leggo, ma rileggo.
      Certo Diego; non trovo però rispondenza tra quello che dici di Alberto e delle sue tesi.Che cosa è banale e che cosa è complesso, non si capisce. Termini peraltro che non sono assimilabili dacché contrappeso del complesso è il semplice non il banale. Grazie Diego della visita. Come dicono in Sicilia,vi vogghiu ca’salute. P.

      Like

      • diegod56 says:

        penso sia banale l’anarchismo tradizionale, e complesso, molto diverso, l’anarchismo di Alberto

        ho un suo testo sul tavolo, a casa di mia suocera, ogni volta so che mi aspetta

        Like

      • dascola says:

        Sai che l’anarchismo è stato ed è una galassia con niente di tradizionale. Così mi pare per esperienza dal momento che ci sono nato dentro; in casa dei miei circolavano i maquisards Mantovani,e Marzocchi -allo scoppio della guerra di Spagna è immediatamente a combattere contro i fascisti. Sarà lui che riconoscerà i cadaveri di Camillo Berneri e di Francisco Barbieri trucidati dagli emissari di Stalin – e ricordo un sacco di personaggi per niente banali, tutti o quasi ex volontari in Spagna, partigiani o ex deportati. Di banale non mi sembra avessero niente, nemmeno quelli che facevano di mestiere i ladri o i ricettatori. Certo l’a. ha prodotto anche i Bresci e i Lucchesi e i Mariani, presso il quale abitanmmo a Setri L., con mia madre per tutto un inverno dopo la mia broncopolmonite e attore di sfondo nell’attentato al Diana, inteso a far fuori Mussolini e che andò male o fu fatto andare male.
        Caramente. P.

        Like

      • diegod56 says:

        sì certo, mi viene in mente il bellissimo film di loach del 95, però oggi, nel mondo di oggi, non riesco a vedere uno spiraglio per l’anarchismo; devo dire che ne ho l’immagine defornata d’una famiglia di comunisti ortodossi come quella dove sono nato io; a Carrara, qualche bella osteria; peccato che ormai son anziano, forse dovrei ricominciare daccapo a studiare questa parte del mondo, ma ormai è davvero tardi per me

        Like

      • dascola says:

        Leggiti “Elogio dell’Occidente” di La Cecla, ed. Eleutheria.
        Direi, con Alberto, che proprio oggi l’anarchismo comincia da acquistare il senso che tutti hanno temuto, a cominciare dal Partito Comunista che per grazia del Signore, si è autoaffondato, dopo avere agito per anni in Italia, la parodia di un cattolicesimo rosso; ricordaimo che PAsolini fu espulso dal partito per indegnità morale. Ma sono storie vecchie queste. Overe and out.

        Like

      • diegod56 says:

        ho letto «modi bruschi» e «lasciami» di La Cecla (ed Eleuthera sono stai anche gentilissimi in riferimento alla mia amica Marina G. che non puo’ leggere il cartaceo), quindi lo prendo senz’altro

        Like

  2. Alberto G. Biuso says:

    Caro Pasquale, grazie di questa lettura radicale, disperata e dionisiaca del mio tentativo di pensare l’anarchismo. Ti segnalo che nella citazione conclusiva è saltata un’intera riga dopo «éviter la destruction». La puoi aggiungere? Ti abbraccio, A.

    >

    Like

    • dascola says:

      Tentativo che io ho massime ho apprezzato Alberto e spero si intenda, ponendomi il quesito di come parlarne senza lo strumentario critico del filosofo che tu possiedi e maneggi e io no, ché sono un intuitivo e non è detto che intuisca bene. Così, pensa che ti pensa mi sono lasciato guidare come di solito nel mio scrivere. Forse ho detto poco del tuo libro, formalizzare un’esegesi del quale è, ripeto, oltre il mio limite. Ma mi auguro che parlarne, come dicono, con il cuore, serva a incuriosire. Correzione fatta.Tuo P.

      Like

      • Biuso says:

        Hai colto tanto e bene, mio caro amico, sì hai colto di questo libro il tentativo di radicare l”anarchismo nel disincanto e non nell’utopia, nel superamento dell’antropocentrismo e non nell’ “homo homini deus” di Feuerbach, in un materialismo biologico e non dialettico né storico.
        Ti ringrazio per questo. La tua recensione/riflessione incuriosisce, certamente 🙂

        Like

      • dascola says:

        Allora sono contento; quanto al materialismo, ciò che sottolinei è vero e si intende bene dal tuo dire, forse avrei potuto dirlo anch’io così ma non mi sarebbe stato a viso. Nulla è più antipatico dei filosofanti che non lascian stare i santi.

        Like

Leave a comment