Nascere democristiani morire fascisti

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Leon Bakst (1866-1924) St. Sebastian Leon Bakst

Mi avvilisce il silenzio cui non so attribuire la forza dell’ossimoro: rumoroso. Dopo il vago pigolìo da tanta parte d’Italia in difesa del signor Draghi dei gironi scorsi – gironi in senso dantesco – si è levata una polvere di silenzio, semplice, composto, il silenzio dei forni crematori e degli obitori: da parte di intellettuali, persone di pensiero e uomini liberi, silenzio. Qui c’è da leggere il fondo di Luca Sofri su il Post di oggi. Non faccio commenti tanto si commenta da sé.
https://www.wittgenstein.it/2022/07/21/fare-finta-finche-non-diventa-vero/
Aggiungo che il signor Draghi ha dato a una parte sana del paese l’illusione e il ristoro di sembrare un paese normale, che si fosse meritato il traguardo di sedere a un ristorante tedesco senza essere mormorati, a me successe, ah gli italiani quelli di berlusconi. Ci ha dato l’illusione che l’idea perversa dell’uomo Mosé fosse alla fine anticaglia. Che per superare le onde tra piaghe, pandemie e guerra, e riscaldamento globale, sarebbe bastato un uomo tranquillo, sicuro, capace, tutto sommato dimesso e compassato come un funzionario amministrativo, able but to think the right thing at the right time and do it. Non da solo, capace di tenere insieme tante teste, anche quelle di legno. Il capitale di cose giuste fatte, a gennaio sarebbe valso a far pensare che ci fosse bisogno di uomini giusti, semplicemente in gamba, non di piccole italiane con le gambe corte. Che l’epoca dei danni di un potere populista ma non popolare sarebbe sfumata grazie al potere del saper fare. Il fascismo in definitiva che cosa rappresentano a parte sé stesso, rappresenta il male, fare il male e fare male. I ruderi di Sabaudia lo dimostrano. Il male perché checché si dicano postfascisti non esiste post che obliteri l’ante. I fascisti sono i pestaggi, le torture, gli stupri, la paranoia della nazione una, cattolica e bellicosa e pulciosa; di una nazione rovina e in rovina ostaggio della miseria e affidata a cure economiche, sociali, legislative incompetenti, feroci, voraci, codine. La restaurazione in assenza di rivoluzione. Rappresenta la fine della civiltà che asserisce di voler difendere.
E così me, a 70 anni, nato con Scelba morirei postfascista invece che umile postelegrafonico. Ma non vedo perché accettarlo. Vorrei tanto che le persone di pensiero, i professori, gli studenti si ribellassero a questa fine annunciata. Vorrei che si cominciasse adesso a ribellarsi, sapendo che il 25 settembre o si riesce a sollevare dal mar Rosso una coalizione spazzaevinci liberale e libertaria, americanista, atlantista, europeista, a guida PD e senza tante storie e distinguo, moderata e benedetta dalla Confindustria o l’Italia com’è adesso con tutti i suoi enormi difetti che affiorano, affogherà nel mar Nero. Il dubbio è dove scappare prima: Canarie o Azzorre?

Chiusa qui questa paginetta dolorante, ricevo al volo da un amico quest’articolo tratto da una fonte che non conosco, Informazione 21,  ma di cui quest’articolo fa fede. Come dire : condivido.

LA DESTRA PLEBEA, LA SINISTRA FREE FLOATING, LA CATTIVA METAMORFOSI DEI PARTITI

La Lega e Forza Italia hanno imputato al PD e al M5S la responsabilità della caduta del Governo-Draghi. Bastava, dicono, un Draghi-bis senza i pentastellati. Ma il PD, legato a doppio filo nel “campo largo” con il M5S, avrebbe rifiutato…
Ora, l’approdo ad un Draghi-bis era certamente possibile. Solo che doveva essere la conclusione di una ri-approvazione dell’Agenda-Draghi: i voti a favore di un programma avrebbero definito il nuovo perimetro. Pertanto Draghi si è presentato al Senato con l’elenco dei SI e dei NO. SI: agli aiuti militari all’Ucraina, agli Italiani in difficoltà (Agenda sociale), alle riforme necessarie per accedere ai fondi PNRR. NO: allo scostamento di Bilancio, con conseguente aumento del debito pubblico (Salvini aveva chiesto 50 miliardi), a ulteriori rinvii della Legge sulla concorrenza, alla “protezione” corporativa dei taxisti, all’ulteriore rinvio della regolamentazione delle concessioni balneari, a ulteriori rinvii sulla riforma della giustizia, ad un reddito di cittadinanza “cattivo”, al superbonus pessimo, fonte di truffe e di ladrocini…
Il M5S, la Lega, Forza Italia hanno respinto il programma. La Lega e Forza Italia lo hanno fatto un modo vile, perché, invece di votare apertamente NO, sono usciti dall’Aula.
Perché hanno votato NO? Elementare Watson! Perché non sono d’accordo sull’Agenda Draghi, né sulla politica estera né sulla politica socio-economica. Non lo sono, perché hanno in mente l’illusorio “tirare a campare” di un’Italietta sovranista-populista, che fa debito pubblico, che protegge le corporazioni e le lobby, che genera lo scontento per cavalcarlo. No ai sacrifici, no all’assunzione di responsabilità. Questa è l’Italia del sovranismo-populismo pentastellato e leghista, in convergenza evidente. Nella sua prima uscita sul TG1 Salvini non ha trovato di meglio che proporre quali temi centrali delle elezioni di settembre “Quota 41” per i pensionamenti e “la pace fiscale”, con la rottamazione delle cartelle esattoriali. Questa è tutta l’Italia che la destra sovranista ha in mente, in questa drammatica estate 2022. Un’Italia che non è di questo mondo. Occorre prendere atto che parecchi Italiani – le elezioni del 25 settembre diranno quanti – condividono questa visione surreale, tutta chiusa dentro l’orizzonte degli interessi privati di ciascuno, senza orizzonte comune, senza prospettive di sviluppo e di ruolo europeo e mondiale. Un’Italia che sta invecchiando, senza giovani, sempre più in fuga verso l’estero, ripiegata sul proprio fatale declino. Che la politica di destra punta a rendere morbido e indolore, accumulando un debito pubblico crescente sulle spalle delle generazioni più giovani.
Il “popolo” si sta trasformando in “plebe”, quella delle piazze reali e virtuali, quella dei sondaggi e dei social. I “circenses” non mancano. Quanto al pane, non è più così sicuro. Il populismo sta arrivando al plebeismo da stadio.
Il passaggio dall’egemonia berlusconiana sulla destra italiana a quella di Salvini/Meloni scandisce questa metamorfosi/degenerazione del populismo in plebeismo rissoso e rabbioso da campagna elettorale. E segnala, beninteso, la fragilità estrema e l’inconsistenza finale del liberalismo di Forza Italia.

E la sinistra? Il ribaltone tattico promosso da Renzi nel 2019, che portò alla caduta del governo giallo-verde e alla costituzione di quello giallo-rosso, fu motivato dal pericolo autoritario e antieuropeista di Salvini. La convergenza tattica del M5S sull’operazione-Renzi fu dovuta principalmente all’esigenza di riaffermare l’egemonia pentastellata sul governo, che l’incompetenza del suo personale politico raccogliticcio aveva pregiudicato. Se Salvini aveva preso il posto della motrice del treno del governo, il PD si accomodò tranquillamente in coda. Perché? Tutta tattica dorotea per libido di potere? Non solo. Una parte consistente del PD fu e restò – resta? – convinta che il M5S fosse un nuovo modo di essere e di stare a sinistra, che Renzi aveva tradito. Solo pensando così si poteva, in un primo tempo, indicare Giuseppe Conte come “un fortissimo punto di riferimento per tutti i progressisti” e, poi, progettare, fino ad alcune ore fa, con Enrico Letta di costruirci il “campo largo”. Da Orlando, a Boccia, a Provenzano, a Emiliano, a Letta questa è stata la filosofia.

L’Agenda Mattarella-Draghi ha spezzato le illusioni di questa sinistra “storica” post-democristiana e post-comunista e ha tracciato un nuovo crinale della politica italiana. Lo ha fatto nel nome del destino del Paese.  Ed è questo che si gioca il 25 settembre del 2022. Il crinale dello scontro ideologico e politico in tutto l’Occidente è quello della democrazia liberale sul terreno istituzionale, social-liberale sul terreno economico-sociale – “nessuno rimanga indietro”, protezione sociale, concorrenza, meriti e bisogni – euro-atlantica su quello internazionale, alleata e solidale con le altre poche democrazie del pianeta.
Chi arriverà per primo a controllare il crinale dei due competitori: la destra a trazione  sovranista/populista illiberale o la sinistra, ma a quale trazione?  Liberale?

Tuttavia la crisi folle del terzo governo in cinque anni obbliga a riproporre una constatazione non solo immediatamente politica: il sistema politico-istituzionale italiano si conferma incapace di produrre quel bene primario che è il governo del Paese per cinque anni. Non è mai stato in grado. A tale impotenza istituzionale, prevista e voluta dai Padri costituenti tra il 1946 e il 1948, il sistema dei partiti ha supplito fino al 1992 nel modo che conosciamo: durata minima dei governi, ma continuità dei partiti e del personale politico. La biografia di Andreotti è altamente simbolica: Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei Ministri già il  1° giugno 1947, Presidente del Consiglio dimissionario il 28 giugno 1992.
La novità è che i partiti hanno mantenuto la collocazione e i poteri rispetto alle istituzioni – continuano ad esercitare la proprietà privata incontrollata sulle istituzioni di tutti –  ma hanno cambiato sostanza sociale: sono diventati sindacati di interessi socio-ideologici. Assecondando passivamente la frammentazione socio-culturale del Paese, si sono rinnovati quali rappresentanti dei frammenti. Incapaci di “ricomporre l’infranto”, sono diventati corporativi e agenti di corporativizzazione della società. Nati per fare da ponte tra interessi particolari e istituzioni universali, hanno occupato a fini privati anche le istituzioni. Era inevitabile che accadesse? Sì!  E’ solo la conseguenza dello schema originario, per il quale i partiti erano il nocciolo duro della statualità, avendo essi rifondato lo Stato nel 1946-48. La modifica di questo schema del 1946-48 è ormai una necessità storica. Nessuno si può illudere che all’indomani  del 25 settembre 2022 l’Italia avrà un governo stabile per cinque anni.

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About dascola

P.E.G. D’Ascola ha insegnato per 35 anni recitazione al Conservatorio di Milano. Ha scritto e adattato moltissimi lavori per la scena e per la radio e opere con musica allestite al Conservatorio di Milano: "Le rovine di Violetta", "Idillio d’amore tra pastori", riscrittura di "Beggar’s opera"di John Gay, "Auto sacramental" e "Il Circo delle fanciulle". Sue due raccolte di racconti, "Bambino Arturo e il suo vofabulario immaginario"" e "I 25 racconti della signorina Conti", i romanzi "Cecchelin e Cyrano" e "Assedio ed Esilio", tradotto questo anche in spagnolo da "Orizzonte atlantico". Nella rivista "Gli amanti dei libri" occupa da molti anni lo spazio quindicinale di racconti essenziali, "L’ElzeMìro".
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4 Responses to Nascere democristiani morire fascisti

  1. Leonardo Taschera says:

    Non condivido la costernazione, lo sdegno e la deprecazione per chi l’ha causata, per la caduta del governo Draghi. In primo luogo perché ho sempre guardato con sospetto all’attribuzione di capacità salvifiche della patria a un qualsiasi individuo, per quanto di riconosciuto alto profilo sia intellettuale che istituzionale (di uomini della provvidenza ne abbiamo già avuti). E poi perché Draghi ha rivestito un ruolo da “dictator” nel senso latino/romano del termine, o, in linguaggio moderno, da commissario straordinario. Proviamo a sgombrare il campo dal livore, dall’invidia, dalla pochezza politico-istituzionale dei quaquaraquà che compongono gran parte dell’attuale classe politica (che probabilmente ha assunto la rappresentanza di altrettanti quaquaraqà della cosiddetta società civile), dalla discussione sulle scelte del governo Draghi e dall’opposizione a tali scelte, e consideriamo la cosa da un punto di vista formale. Fino a prova contraria e cioè a un rovesciamento violento delle regole della vita pubblica sancite dalla Costituzione, siamo in una democrazia parlamentare, ed è onninamente noto che in tale forma di gestione della cosa pubblica, il Parlamento è sovrano. Quindi, niente di strano che il Parlamento possa decidere di far cadere il governo, tanto più nel caso specifico, viste le caratteristiche di nomina del suo capo: ripeto, caratteristiche da commissario straordinario. Certo, nella congiuntura in cui ci troviamo, nessuno si sarebbe augurato una crisi di governo, ma tant’è: questa è la democrazia, bellezza. E vorrei anche sgomberare il campo da cupe previsioni circa l’avvento di un nuovo fascismo. Ho l’impressione che si stia facendo lo stesso errore, sul piano ideale, ma al contrario, che si è fatto quando si identificava il socialismo come visione e utopia con il socialismo reale. Non dimentichiamo che l’avvento del fascismo è stato preparato da incendi di camere del lavoro, da distruzioni delle case del popolo, da attentati all’Avanti, dalle violenze delle squadracce in camicia nera nei confronti degli avversari politici, dai pugnali e le bombe a mano di 40.000 arditi e via dicendo. Quali sono le minacce concrete all’assetto democratico da parte del nasone ghignante di Salvini e della parlata romanesca della Meloni? Vedo solo l’opposizione allo Jus scholae, alla liberalizzazione della cannabis e la contrarietà ai matrimoni gay. Ma prima dell’approvazione della legge sul divorzio e sull’aborto eravamo in un assetto antidemocratico? E la tanto ammirata democrazia americana, che esprime una Corte Suprema che nega il diritto all’aborto, allora cos’è? Ho l’impressione che tutto questo scandalo suscitato intorno alle dimissioni di Draghi (Vergogna! titolava il quotidiano la Stampa per l’occasione) nasconda o mascheri il desiderio di soluzioni da Deus ex machina (per non dire autoritarie) per i problemi del nostro Paese: non a caso Lucia Nunziata parlava di draghicidio (io conoscevo, in ambito politico, solo il termine regicidio), e Gramellini titolava la caduta di Draghi Le Idi di Luglio ( paragonando quindi Draghi a Cesare e la sua caduta alla congiura di Bruto). A parte che qui non è stato ammazzato nessuno, i due non si accorgevano che tali dichiarazioni non facevano che alimentare la percezione di Draghi come persona aureolata di un potere e un prestigio intoccabili quali appunto quelli attribuiti a un re o a un potenziale dittatore. E non a caso si cita la soluzione ai problemi della Sicilia auspicata, anche se paradossalmente (?) dall’amico catanese per i problemi siciliani, che non mi sembra un preclaro esempio di visione democratica della cosa pubblica

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    • dascola says:

      In questo caso non sono d’accordo io. Non mi pare di aver fatto né un’apologia di Draghi, e anche fosse non vedo il problema, né un suo panegirico come uomo della provvidenza, tanto è vero che ho citato Mosè come massimo esempio negativo del genere. Penso che talvolta nella situazione provvidenziale uno ci si trovi e debba, se onesto, riuscire a dominarla e dominarsi. È capitato anche a me molto in piccolo nel mio piccolo ambito di essere considerato provvidenziale. E poi a casina a tirare l’aspirapolvere (versione moderna del campiello di Cincinnato)Ma l’uomo della provvidenza esiste solo nella percezione perversa altrui. Nella mia, Draghi è un buon giocatore politico, forte del fatto che la politica l’ha fatta a piani altissimi e con avversari o alleati durissimi; conosce i meccanismi del liberismo e quelli della finanza che domina il pianeta e ne sa contrastare i danni. Ha capito che la Russia di Putin è una minaccia all’ordine democratico mondiale che è quello, poco o tanto che sia da tenersi stretto. Così è riuscito a dominare una banda di scappati di casa, dice così della nostra classe parlamentare il direttore della Provincia di Lecco. Nella mia percezione e anche in quella di Luca Sofri che ho citato, Draghi, solo per virtù non per ambizione, è riuscito, a fare del nostro un paese appena appena decente. O a darci l’illusione che esiste una strada per diventarlo. La mia ingenua illusione è stata quella di immaginare che perdurando Draghi in carica le forze parlamentari che lo sostenevano si sarebbero evolute, che la Meloni sarebbe stata messa all’angolo e che una larga parte del paese non avrebbe voluto deviare dal progetto disegnato da lui, votando selvaggiamente PD, Renzi, Calenda, attori adesso di un eventuale fronte di resistenza repubblicana. Tant’è vero che una parte del paese e il Presidente indusse Draghi a fermarsi almeno una settimana a rivalutare le carte sul tavolo. Io stesso gli scrissi in tal senso. Quanto al Parlamento le carogne si è visto chi sono, ma una parte che io ritengo se non buona passabile ha votato a favore.

      Quanto alla Meloni ne ho paura, paura fisica; so che è una carogna incompetente (reclama con Salvini e i 5S provvidenze economiche da corte marziale) accattivante come Mosley a suo tempo; non è certo il fatto che utilizzi come tutti i piccoli e le carogne il paradosso della democrazia per far breccia nei cuori delle signore spaventate da tutti questi LGBT, che possa indurmi a pensare che solo voglia ribaltarla, usando non squadracce, non usa e forse non le ha ancora pronte, ma sonori novelli incompetenti podestà ( quelli sì ci sono, basta vedere il film segreto degli incontri fascisti con il Conte nero di Milano). Finalmente è ferma convinzione che la democrazia come tutto non è un valore assoluto e virginale. Che la democrazia deve essere accudita e mantenuta, anche a costo di doverla difenderla con la forza. Proibire di esistere a chi, come la Meloni, ne rappresenta l’antitesi, sarebbe a mio avviso un atto di profilassi antivirale.( in realtà la profilassi avrebbe dovuto essere praticata al nascere del MSI). Lo stesso atto che portò Adenauer a mettere fuori legge il Partito Comunista tedesco nel 1951. Avrà letto Voltaire senza dubbio ma vedeva cos’era la DDR. Che cos’è l’Ungheria oggi si vede anche da qui. Non mi titilla l’idea di aspettare per vedere che cosa diventerà l’Italia. Dopotutto è il mio paese. E non ho tutti ‘sti mezzi per andarmene, benché sia da tempo il mio pensiero depressivo dominante.

      Quanto all’America, è chiaro alla vista che non è il miglior paese del mondo. La Corte Suprema è una banda e basta solo una foto della stessa per fare diagnosi lombrosiane dei suoi componenti tranne due. Che stiano disegnando i contorni di uno stato interno all’America, molto simile ma in peggio a quello Confederato dei tempi, non lo so, ma a me viene da dirlo. Ma io sono consapevole di avere solo percezioni feline del di fuori. E soffio. Ciò non ostante, esiste un’America che amo. Cui sono riconoscente. E di cui stimo la grandissima capacità di decidere e favorire il talento e il nuovo. Non saprei viverci credo, o se sì sarei laggiù un piccolo borghese afflitto dai debiti. Ma sono dell’idea che abbia molte cose da insegnare. Anche che la guerra in Ucraina è guerra a un modo di vivere. Per cui mi auguro che non un cannone ma mille, centomila cannoni. E possibilmente un drone che trapassi il Cremlino fino all’office di Putin. Fe li ci bum tà.

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  2. azsumusic says:

    Il problema è che non ci sono soluzioni originali a problemi decennali. Si vota da 70 anni per paura dell’altro, senza un raccolto fruttuoso. Piuttosto che dalle culture occidentali, sarebbe utile prendere spunto da quelle orientali. Abenomics aveva un pensiero mica scontato: conservatorismo progressista. Un ossimoro. Ha funzionato. Punti salienti. Famiglia: finanziamenti di stato alle agenzie matrimoniali (e alle future coppie) affinchè i singoli possano accoppiarsi, figliare per contrastare il calo della natalità. Istruzione: corsi universitari totalmente in lingua inglese con apertura e accoglienza a studenti e insegnanti di origine straniera. Immigrazione: flussi controllati a seconda delle opportunità di impiego nella società. Economia nazionale: aumento del debito interno. Economia internazionale: no debiti con investitori esteri, collaborazioni con paesi non compromessi sul piano geopolitico. Sicurezza: nulla da segnalare, essendo il paese più sicuro al mondo. Perchè, dunque, per risollevarci, non prendere spunto dagli altri piuttosto che averne paura?

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    • dascola says:

      Confesso che del Giappone so a malapena che è un paese paesaggisticamente magnifico. Della sua politica so niente. So che è lontano, in genere l’Oriente lo è perchè non è cristiano, lontano lontano dal mondo di qua. Copiare, è curioso ma potrebbe anche dire che se loro hanno copiato molto del di qua, noi, ma noi chi ( l’Italia non esiste, è tornata in poche ore quello che è dai tempi di Metternich: mera espressione geografica, )noi niente: abbiamo comprato ignorando tutto della provenienza autentica di quegli oggetti, siano automobili o apparecchi fotografici( una volta) Ora solo un miracolo potrebbe salvare l’Italia da sé stessa. Dal Giappone, nel quale non escluderei di trasferirmi, nada, non so nulla ma pare che tutto quello che si fa laggiù è improntato a un sentire, altri dicono “filosofia” incompatibili con l’egotismo occidentale e italiano in particolare. Basterebbe guardare con che gusto hanno acquisito l’America nemica ricostruendosi con coraggio nel dopoguerra e senza perdersi l’anima. Copiare quindi è in genere una buona cosa se si copia il meglio, ciò, come dici tu, che funziona, e al meglio. Acquisendone gli spiriti ( in senso shinto): altrimenti è pura imitazione senz’anima. È l’acquisizione del guscio senza la noce dentro. Un grattacielo giapponese forse non è un grattacielo americano. Copiare qui non lo si capisce; siamo un popolo di adolescenti a termine che si vanta di essere dopo 500 anni pittori e geni che non erano italiani: cosa c’entrava Mechelangelo con i suoi datori di lavoro? Nulla. Ma non avrebbe saputo dove andare perchè il mondo era orribile dovunque. Guarda Caravaggio come visse e morì. Quindi guarda cosa siamo, pittori, artisti, nada, fabbricanti bresciani e accademici litigiosi che domani faranno a gare per conquistare cadreghe dai nuovi padroni. Gli italiani sono per profonda natura teppisti e quindi distruttori per il gusto di distruggere. Ricordo un amico di Catania, morto troppo presto. Alla mia domanda una sera, Peppino, ma secondo te la Sicilia avrà modo di risollevarsiEgli sarcasticamente rispose, Sì, venisse annessa militarmente alla Germania, imposta la lingua e le leggi, allora forse in una trentina d’anni potrebbe.

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