Conciossiaccosaché

I confess, che fino in pratica ai  trent’anni quando mi presi una scuffia per il Kung Fu così che  mi strapazzai fino ai sessanta per allenarmi quotidianamente, da piccolo invece e poi da giovane nutrivo un’avversione metodica per lo sport. Un po’ per snobismo perché vigeva in casa il detto, e chissà perché dal momento che i’ mi’ babbo era stato giocatore di hockey su ghiaccio e schermitore ( mia nonna conservava la sua maschera  e la sua spada), in casa vigeva dunque il detto testa di calciatore.  In tutta evidenza era un insulto e per carità ognuno ha diritto a insultare chi vuole e i miei erano schiavi del preconcetto che esiste un solo tipo di intelligenza, cioè quella speculativa, filosofica o politica o logico matematica. L’intelligenza del corpo, delle mani, dei piedi ob brob brio. Ricordo in proposito una mia strenua difesa della mente musicale o pittorica , insomma artistica che sì, secondo mio padre era intelligente ma non come… aggiungi il nome che vuoi dal firmamento dei geni fisico matematici. Se mio padre avesse solo pensato un attimo si sarebbe intelligentemente accorto dello sproposito che andava difendendo. E dunque me della sciocchezza mia nel non volere giocare al calcio, che confondevo col tu che squadra tieni ( o peggio,  di che squadra sei) . Ebbene piccolissimo riuscì a farmi escludere dal gioco tirando delle gran cannonate nella porta libera che era la mia e facendo dei gran falli, di mano, di quel che ti pare. Via via sei negato. Snobismo quindi e con molta maggiore probabilità un voler evitare il confronto che confondevo con scontro, l’aggirare la possibilità di perdere. Ed ecco perché l’educazione dovrebbe per forza comprendere qualsiasi sport di competizione e di squadra. È così che gli Inglesi hanno vinto le guerre, patendo e sopportando le sconfitte. Credo. Poi sotto sotto mi è sempre sembrato che lo sport fosse un’esaltazione, che non mi piaceva punto, di un virilismo del cazzo – alla lettera –  e le Olimpiadi una roba da sollevatori di pesi bulgari. Roba da maschi, categoria dalla quale mi sono sempre tenuto lontano. Non so che cosa mi è successo quindici giorni fa. Non solo ho seguito con curiosità l’apertura dei giochi e tutto il rituale di contorno e la tenacia di tutti sotto un’acqua che diolamandàva ma da quel giorno a ieri sera, chiusura dei giochi, ho seguito tutto quello o quasi che Sky mi condiva :  ciclismo, nuoto, tuffi, arrampicata, taekwondo, judo ( facile quello, mi piace e un po’ ci capisco), scherma tanta ( viste le sconfitte italiane e senza rammarico perché parteggio soltanto per la bravura, l’ardimento, il gioco a prescindere dal colore che indossa), lotta, la finale magnifica della maratona femminile, gli skaters, gli arrampicatori, persino la boxe femminile ( che è molto femminile) e tanta ginnastica e nuoto artistico. Morale, mi è parsa una festa questa Olimpiade ( e forse sono tutte così) una festa finalmente pagana, un grecismo di abilità e intelligenza ( prova tu a giocare senza prove una partita di pallavolo che è tutta improvvisazione e calcolo del momento) e infine di bellezza. Bellezza autentica nei volti vittoriosi anche sulle lacrime, di corpi magnifici come monumenti, e soprattutto di donne, altro che, donne combattive, fiere, bellissime a prescindere, decise, precise, eleganti… un’Olimpiade delle donne. Cosa mi dici dei quella corridora britannica truccata come Amneris nei 1500 metri?  O delle incredibili ginnaste dell’artistica, lascia perdere un attimo la Biles che è una dea di un Olimpo di dee – che meraviglia – ma hai visto le cinesi, hai visto le bulgare e anche le italiane, le farfalle  di nome e di fatto, le hai viste?  Hai visto i logaritmi  di quella Egonu – cui vorresti ma assomigliare Vannaccio Mustaccio altro che lineamenti ditaliani povero  babalone – o della sua compare Miriam eQualcosa ( inutile che cerchi il nome tanto lo dimentico) ? Cioè hai avuto la visione?  Sfolgoranti e buffe e ingenue. Donne. Alcune bambine. Senza genere. Dèe. Dèi. E a dispetto dei segni della croce che qui mi hanno fatto la stessa impressione delle corna napoletane o dei tocchiamo ferro, tutti pronti a battersi per un attimo and then is heard no more. Testimoni dell’impermanenza. Del magnifico caduco.  Pagani. Oh.

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About dascola

P. E. G. D’Ascola Ha insegnato per 35 anni recitazione al Conservatorio di Milano. Ha scritto e adattato moltissimi lavori per la scena e per la radio e opere con musica allestite al Conservatorio di Milano: Le rovine di Violetta, Idillio d’amore tra pastori, riscrittura quet’ultima della Beggar’s opera di John Gay, Auto sacramental e Il Circo delle fanciulle. Suoi due volumi di racconti, Bambino Arturo e I 25 racconti della signorina Conti, e i romanzi Cecchelin e Cyrano e Assedio ed Esilio, editato anche in spagnolo da Orizzonte atlantico. Sue anche due recenti sillogi liriche Funerali atipici e Ostensioni. Da molti anni scrive nella sezione L’ElzeMìro-Spazi della rivista Gli amanti dei libri, diretta da Barbara Bottazzi, sezione nella quale da ultimo è apparsa la raccolta Dopomezzanotte ed è in corso di comparizione oggi, Mille+Infinito
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2 Responses to Conciossiaccosaché

  1. azsumusic's avatar azsumusic says:

    In “Sole e Acciaio” di Mishima è ben spiegato il rapporto tra fisico e intelletto. Non si può essere pieni nel pensiero se si è vuoti nel corpo. L’esperienza fisica è parte fondamentale per lo sviluppo del sentire spirituale.

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