Ho le palle a giragira l’elica romba il motor : ché gira in questi giorni un improbabile filmato, il biopic ( bel nome per un detersivo – del resto è candidato – o forse no, per un levigante della pelle) su una superstizione vivente, il Bob Dylan, Nobel sottratto all’agricultura, nuddu ammiscatu cu’ nnenti e idolo di masse al tempo dei 33 giri ; highway 61 di giovani nnenti ma ricchi bastevoli e che oggi con molta probabilità sono tra quelli, mano sul cuore e stelle e strisce, tra i primi che hanno spinto Trump sul seggiolone del già presidente Lincoln, il tutto di marmo e con l’aria pensosa, normale a quanti non pensano per solito a nulla, tranne alla questione : to be pizza (doppi pepperoni) o not to be pop corn. Non mancano gli adoratori nostrali e incanututti : ahha uhhh ma, che belle canzoni, ma che belle canzoni, signora mia gné gneé gneegné senti come che la canta l’adenoide. Oltre la frabbica del consenso, il cinema d’oggi si propone come impronta digitale di tutta la mano destra e sinistra del consenso. Non so. Considerazioni inattuali-Unzeitgemäße Betrachtungen. Sono stufo, l’ovvietà dei matrimoni prepagati tra pubblico e capitale mi abbaglia, sbaglio? E tanti saluti a soreta
Kazimir Malevič, Quadrato bianco su fondo bianco, 1918. Olio su tela

Proprio ieri leggevo la recente uscita dell’Elzemiro, il Déjà vu. Mi ha riportato alle vacanze altoatesine di anni passati, ai quadri impressionisti, da guerra a dopoguerra.
E a proposito di impressionismo, Al di la dei sogni, film di Vincent Ward, anni ’90, fa pensare. A differenza del Gladiatore 2, sfregio al primo, non ultimo della serie “horror pornografico” che ha preso piede da quando il ritorno dell’investimento è quanto basta. Qb, come il sale. Quel sale che non è sostanza ma apparenza.
E sulla scia “soldi sicuri”, come giustamente cita, ecco i film su qualunque personaggio che abbia un seguito: dittatori, criminali, truffatori e animali da palco protuberanze ignude al vento. Gli idoli della folla come Barabba.
Cita a ragione il consumismo pizza pepperroni, che di fatto ha posto la condanna con “pena fine mai” sull’arte, dove tutto quanto c’è si vede. Sotto niente, no mutande ne vergogne.
Scordiamoci il film che fa riflettere, quel pensiero che ti tormenta giorni a distanza. Macchè, ora sono due ore di intrattenimento finite quando si accendono le luci, titoli di coda cosa, il frigo è vuoto e c’è già bisogno di altro. E’ l’usa e getta, il preservativo della coscienza. L’app di incontri che se slitti a destra ci vediamo se a sinistra vaffanculo e se andiamo a letto, meglio in auto, domani avanti un altro, chi si fa sotto. Ti pago la cena e la prostituzione è legalizzata, la coscienza pulita. Un consumismo di oggetti e corpi che si nutre delle solitudini.
E come diceva Villaggio, questa è la porta dell’infelicità: un credo che inganna al pari degli altri. In “Lei” di Spike Jonze, troviamo la conferma.
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