Il caro amico Azsomusic mi ha mandato questo link https://share.google/BnJu73gxH27jZadNq. Si tratta di un recensione del film Una battaglia dopo l’altra. Ohi ohi, le recensioni oggi non si fanno più, si fanno i peana. La modulazione del giudizio che argomenta fino alla stroncatura, se è il caso, per educare il gusto, formare in qualche modo il carattere al pubblico, non esiste. La critica oggi dovrebbe rivelare che il re è depilato e una ridicola proboscide gli penzola tra le gambe. Il dubbio che l’esercizio della critica sia svolto da agenzie di marketing l’ha avuto, sotto traccia, anche Niola parlando da Venezia durante la Mostra ogni mattina. Si può verificare nel podcast Dicono che è bello a Venezia. Parlarne invece di quel filmato mi annoia perché è inutile. E come parlare male di Vermiglio. Sono cose che parlano male da sole. E basta così. Qui cerco di segnalare le opere degne di questo nome. Far fuori la zavorra sarebbe proficuo se avessi un qualche seguito, qualche possibilità di penetrazione in qualche testa senza essere considerato invidioso o snob o tombarolo. E quindi avessi qualche possibilità di svolgere ancora il compito di pedagogo estetico che ebbi e svolgendo il quale qualche qualche soddisfazione limitata ad alcune centinaia di allievi, bè sì l’ho guadagnata. Oggi tecnicamente non esisto. Per sapere di quel filmato tuttavia copio qui una lettera che ho inviato all’ottimo Matteo Bordone deIl Post. Lascio la premessa epistemologica per puro divertimento ma la si può saltare, anche se il tempo di lettura è ben poco. A deus.
Allora caro Bordone,
con te gioisco quando gli esplodono i motori a ‘sti cazzi a motore destinazione Marte. Alla fine se uno ci pensa si tratta di grossi accendisigari Faccio un discorso retrivo, ma uno si domanda a quanti sacchi di pane e fagioli per i miserabili della terra e a quanto lavoro per il goal di un benessere diffuso, corrisponderebbero i soldi sperperati solo in liquido infiammabile.. ma, siccome CHE l’homo amerigus è l’epitome del Gengis Khan gh’è pocc de fa’, se l’umano è un virus, l’Amerigo è la cavalletta. Visti in torme di recente a Lisbona, cosa fanno? Dicono oh ye wi’v samthƏn similarrrr in Cæliforrrrnia a magnano, divorano… vabbè sono parte integrante di un sistema economico basato sullo sfruttamento perché se l’illusione è che siamo noi a sfruttarli, la realtà è che sono loro a sfruttare e a rendere schiavi dell’economia turistica tanti quanti siamo così che non si impieghino le stesse energie in modo più profittevole per tutti. Non ho soluzioni, vedo il problema. Insomma delle somme coloro, lo senti il loro tono messianico, vivono per conquistare. Biblici coglioni, sempre in movimento come le cavallette. E dunque non bastando loro che so, un Cile o un Panama, Venezuala o una striscia di Gaza condominiale, ecco che non par loro vero di scalpellare un pianeta alieno, dove anche fosse dimostrata l’esistenza di un batterio, uno starei non attento sarei terrorizzato all’idea di esportarlo e due che mi viene a dire, tono interrogativo, che da quel batterio si può riprodurre un manzo inteso come giocatore di baseball in un campus, segue interrogativo. Non credo. Nemmeno il più scempio dei dottor Stranamore ci crederebbe. E dunque, vengo al dunque, caro Bordone.
Ier sera mi hai spinto allegramente alla proiezione locale di Uàn bèttl èfterrrr ènotherrr. Allegramente perché sono nel gruppo di persone che hanno apprezzato la classe e il tocco di genio di Il filo nascosto e prima prima prima di Magnolia. Vabbè. La faccio breve. Due ore e mezza in cui mi suonava questo ritornello : listen Anderson, da quant’è che non fai un film bè hai la tua opportunità, qui 350,000 k di $, gli attori che vuoi, vuoi Di Caprio, ti diamo Di Caprio, vuoi Penn, eccotelo, Benicio gli telefoniamo subito ( bravi bravissimi, Del Toro in a special way ma uffa, si sa che tengono in piedi i film) tu Paul però tienti alla larga dalla politica, vabbuò poi al montaggio vediamo, perché lo sai che in America si fa finta di parlare di politica parlando di politica in continuazione. In sintesi, se come scrisse Mann nel Zauberberg, la musica è politicamente sospetta, qui la musica è al servizio di un film sospettabile di essere una cosa: qualunquista o tour bonnement reazionario. Molto drum drum drum per nulla. Sì riprese eleganti – bella fotografia, dice una signora di quella che bella fotografia, dietro di me – ma in sintesi alìalè, campo e controcampo, la uno su di lui, due dammi la faccia , bene così due, tre totale, uno, tre : una diretta televisiva al servizio di una riflessione senza specchi sul potere e sull’America. Perché gli Amerighi hanno di buono questo, che non si mettono mai in discussione, non mettono mai il sistema in discussione ( che in senso religioso è immanente oltre che incombente) non hanno lo spessore di specchi, e quelli che lo fanno, o vanno del tutto all’estero, vedi Chaplin, vedi Kubrick e poi muori, o da remoto aiutano opere politiche come La voce di Hind Rajab, che si vale di un gruppo di esecutivi coi controfiocchi. Ecco quello sì è un film politico come si deve ( salviamo Good night and good Luck però). And in the End : la narrazione dei rivoluzionari è da burla, mi permetto di dire che insulta la Resistenza, dovunque sia o sia stata, dipingendola come agita da bande di scimuniti ( la citazione di quinta de La Battaglia di Algeri concedimi che è sputare su quei resistenti, su Pontecorvo e su Morricone, tutto in una volta) i cattivi sono molto cattivi ma si evita di dire che nel reale sono molto più cattivi. E allora, solito interrogativo, pellicola sprecata. A riprova di ciò ti dico : in sala c’era una conoscente, una fascista moderna, cioè moderata da Anternet, ah la sentivo ridere e alla fine tutta contenta, gli scimuniti le sono stati simpatici e i cattivi beh vabbè è il loro mestiere : tutto va ben madama la marchesa. Volevasi mostrare la fragilità, l’infantilismo di ogni dialettica tra potere e contras in America, e in ultima analisi, per dire così, l’infantilismo di tutto il paese, bah, a tirarsi i capelli forse mah, l’infantilismo americano agghiaccia oggi più degli ultimi secondi di Stranamore. Ad Anderson qualcuno suggerisca di leggersi Brecht e le sue lezioni di teatro, lezioni che, anche solo istintivamente ha nel sangue la signora della Voce. Rimando a mie osservazioni in merito
Caramente tuo ascoltatore affezionato
Pasquale D’Ascola
già del Conservatorio Verdi Milano
_______________________
