Si premia di qui si premia di là si premia nell’al di là

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Baltimore, 2022 by Miles Cleveland Goodwin (b. 1980)

Quand’era piccino e poi più in avanti con l’età un amico e collega di mio padre, tale Lucioli, toscano di Arezzo lo ricordo con piacere, non mi dava né del tu né del lei, mi chiamava D’Ascola con l’apostrofo che mi pertiene. Chiamava così anche mio padre. Leggendo il Post mi imbatto in questo uso di definire qualcuno con il cognome senza premettere né signor né professor né signora o professora, semplicemente, nel caso che ora dico, D’Adamo con l’apostrofo che le conviene. Ora D’Adamo ha vinto in articulo mortis il premio Strega. Niente da eccepire. L’ha vinto e punto. Evito di passare per uno che spara sui poveri morti. Ma ho letto l’incipit del suo libro vittore, Come d’aria, se sia romanzo non saprei, ma direi che forse con l’aggiunta di verità, romanzo ci sta. Non credo che leggerò per intero il romanzo perché nel mio cervelletto si è accesa la domanda, da subito senza oscillare per sbalzi di tensione, la lampadina anzi due, che cosa si è premiato… che cosa si premia. Chiaro che un premio è sempre frutto di mille mediazioni nel brodo ristretto della commissione, facile che sia fatto di, Questo verbale non lo firmo, piuttosto che, Non vi rendete conto. Ma è ovvio,  si trova lì per premiare e alla fine la commissione premia. A che cosa serve premiare non lo so, a volte al marketing, così a ruota dallo scritto si passa al film. Se poi il film è mediocre, vedi vedi Le otto montagne, un’ombra ti passa per la testa a domandarti, Sarà mica così anche il romanzo. In più, lo dico con competenza, quando c’è di mezzo l’autobiografica sono sicuro che dio ci scampi e liberi : non è letteratura. Immaginati se Flaubert avesse fatto dell’autobiografica benché avesse esclamato un dì , pare, che, Madame Bovary c’est moi. In tempi in cui l’inglese non dominava con parole scollate dalla testa, come transgender o sigle come LGBTQ, beh, è ovvio che Flaubert non alluse a proprie operazioni di mutazione forzata. Flaubert fu Flaubert è basta. Signor o Signora o o o o + poco importa. Aggiungo che dove si dice IO la letteratura inciampa sul nascer e quasi sempre casca e batte il culetto, ma il dolore per osmosi passa al lettore. Che cos’è la letteratura. È ovviamente difficile definirla senza cascare a propria volta nell’ipse dixit ma in generale e per pratica antica si può forse dire che la letteratura, o l’arte in genere iniziano (riguardati Vicky Cristina Barcelona o il Sogno di Costantino di Piero della Francesca, ad Arezzo appunto; leggiti Voyage au bout de la nuit di Céline) là dove si depone all’ingresso l’io (sono, faccio, disfo, dico scrivo. Nessun pittore ha mai dipinto in prima persona e Becket non  conosceva Godot, l’io narrante è un fantasma). Questa qui che ascolti, se mi ascolti, del resto non è letteratura, se mai aforistica. Immaginati se Tolstoij avesse cominciato Guerra e Pace con, IO ero ad Austerlitz invece di principiarlo con la nota conversazione in salotto e in francese : da deporre subito il libro sul comodino e lasciarcelo. Ma oggi, e in Italia e nel mondo, dove imperversano i biopic, sempre più si insegue il mito del vero, del personale, del vissuto, come se questo fosse una garanzia, un sigillo DOCG posto… pensa che nessuno degli evangelisti visse al tempo di Gesù e che Giovanni non vide l’Apocalisse se non con gli occhi della letteratura… Non mi piace l’apocalisse, mi dici. Benedetto questa è un’altra storia, replico. L’interesse che suscita la letteratura è dato dal non essere reale che in un’altra realtà. Di essere un’altra realtà, indipendente e sovrana se mai delle tue emozioni se proprio vuoi provarle. Ma un libro non è fatto, non vuole, non deve nemmeno emozionare. L’emozione lasciala ai baci perugina o a va dove ti porta il cuore. Il libro è un paese delle meraviglie, metafora generale sul che cos’è la letteratura con cui può essere letto l’Alice in Wonderland. Non la faccio lunga, ti lascio raccomandandoti di leggere A sangue freddo – in Cold Blood – romanzo-verità di Truman Capote che non fece l’esperienza personale di essere ucciso a Holcomb-Arkansas-USA.
Per tuo diletto ne trascrivo qui l’incipit. Evito i confronti (l’incipit di D’Adamo lo trovi nel Post) Ci fai le tue riflessioni.

The Last to See Them Alive

The village of Holcomb stands on the high wheat plains of western Kansas, a lonesome area that other Kansans call “out there.” Some seventy miles east of the Colorado border, the countryside, with its hard blue skies and desert-clear air, has an atmosphere that is rather more Far West than Middle West. The local accent is barbed with a prairie twang, a ranch-hand nasalness, and the men, many of them, wear narrow frontier trousers, Stetsons, and high-heeled boots with pointed toes. The land is flat, and the views are awesomely extensive; horses, herds of cattle, a white cluster of grain elevators rising as gracefully as Greek temples are visible long before a traveler reaches them.

Holcomb, too, can be seen from great distances. Not that there is much to see–simply an aimless congregation of buildings divided in the center by the main-line tracks of the Santa Fe Railroad, a haphazard hamlet bounded on the south by a brown stretch of the Arkansas (pronounced “Ar-kan-sas”) River, on the north by a highway, Route 50, and on the east and west by prairie lands and wheat fields. After rain, or when snowfalls thaw, the streets, unnamed, unshaded, unpaved, turn from the thickest dust into the direst mud. At one end of the town stands a stark old stucco structure, the roof of which supports an electric sign–DANCE–but the dancing has ceased and the advertisement has been dark for several years. Nearby is another building with an irrelevant sign, this one in flaking gold on a dirty window–HOLCOMB BANK. The bank closed in 1933, and its former counting rooms have been converted into apartments. It is one of the town’s two “apartment houses,” the second being a ramshackle mansion known, because a good part of the local school’s faculty lives there, as the Teacherage. But the majority of Holcomb’s homes are one-story frame affairs, with front porches…

in T. Capote In cold blood – Penguin Random House-Canada

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About dascola

P. E. G. D’Ascola Ha insegnato per 35 anni recitazione al Conservatorio di Milano. Ha scritto e adattato moltissimi lavori per la scena e per la radio e opere con musica allestite al Conservatorio di Milano: Le rovine di Violetta, Idillio d’amore tra pastori, riscrittura quet’ultima della Beggar’s opera di John Gay, Auto sacramental e Il Circo delle fanciulle. Suoi due volumi di racconti, Bambino Arturo e I 25 racconti della signorina Conti, e i romanzi Cecchelin e Cyrano e Assedio ed Esilio, editato anche in spagnolo da Orizzonte atlantico. Sue anche due recenti sillogi liriche Funerali atipici e Ostensioni. Da molti anni scrive nella sezione L’ElzeMìro-Spazi della rivista Gli amanti dei libri, diretta da Barbara Bottazzi, sezione nella quale da ultimo è apparsa la raccolta Dopomezzanotte ed è in corso di comparizione oggi, Mille+Infinito
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2 Responses to Si premia di qui si premia di là si premia nell’al di là

  1. Paolo Prato's avatar Paolo Prato says:

    Dicendo a chiare lettere che NON mi riferisco a D’Adamo (signora), sottolineo inutilmente la rapidità con cui la morte faccia oggi meritare il mito, la beatificazione e la santità stessa. Ringraziamo la naturale risorsa dell’oblio, che ha modi limpidi. Anche verso i vivi.

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