
Mobius
Sono stato per dieci giorno ospite in Engadina e mi sono sentito a torto Nietzsche, il silente. Anzi sono andato al Gedenkstein, il suo discreto romitorio di pietra e larici, laggiù in cima alla penisola che indica in mezzo al lago di Sils Maria, Qui sta di casa il bello. Bello nel bello il silenzio o, più che il silenzio, il quieto interecciarsi dei bisbigli o il rumore di fogli smossi: di persone che leggono, pensa leggono e libri persino – non parole crociate o Libero – che si bagnano poverini anche di sole e che producono il solo rumore dell’acqua che li accoglie, quando sia, interrompendosi per un attimo dal suo disteso sciabordio da mare ; e tutte che stanno semplicemente in silenzio: die große Stille è uno stile di vita quotidiana. Un silenzio non rotto dai cani, che non abbaiano, da bambini, che non strillano che non fanno capricci anche se si divertono o se qualcosa al contrario li disturba. Salutare all’incontrarsi per via, come si usa credo da millenni in montagna, è un diversivo sonoro, accennato con cortesia di voci più che detto, Grützi. Saluto che è augurio. Di bien être.
Va bene interrompiamo l’idillio, ti va’? Alè, bagno di realtà al varco che ti aspetta alla frontiera. Dunque qui dove abitiamo, sai è un tormentone, in questo stesso momento, per sola voce canina, dura da un’ora e non accenna a smettere ; è sempre lo stesso cane cui spesso rispondono suoi pari in giro, lo stesso i cui i padroni per sopramercato, ahi i padroni, spesso strillano ordini inutili quanto sguaiati e prepotenti, gli stessi con i quali poi aizzano invece i bambini. Il cane andrebbe educato, con autorevole fermezza come i bambini. I bambini qui strillano, ahi povere gioie di mamma, piangono, ordinano a genitori imbelli ma che non non hanno voglia di non esserlo o che interrogano il nulla sul come si fa ad esprimere quel minimo di autorevolezza che conviene con cani e bambini. Avranno altro per le loro teste. Qui i motorini svegliano l’aurora rododattila con scoregge a ultradecibel, qui si suona con roboanza, frenare mah se mai, qui si sfreccia via rombambàm alle rotonde nonostante il triangolo bianco rosso che obbliga a dare la precedenza. Qui si alza la voce per qualsiasi cosa, qualunque motivo, anche ciao. Qui conversare in un qualsiasi luogo pubblico è una gara che si instaura all’istante del sedersi a tavola a chi spara la voce oltre le altre ; e che lascio vincere a tutti che vi partecipano. Detesto ormai andare fuori a pranzare, a prescindere dai prezzi. Qui è così. Siamo a millenni dal civismo, dal rispetto, dalla semplice buona educazione insomma ; che poi sai secondo me è civiltà. Non quella romana del Buce che non a caso rallevò una generazione di cafoni da cafone tra i cafonissimi che fu. Ed è una pena viverci qui, a dispetto delle qualche persone a modo e simpatiche, cólte a prescindere dal sapere, che ti capita, a volte, di incrocicchiare.
Una conoscente di pura fede melosalviniana mi dice, Se non ti piace qui puoi andartene. Un’opzione che accarezzo.

Il silenzio è affare tipico della cultura nipponica. La, nei condomini, facile incontrare cartelli riportanti il “Divieto di accesso a bambini e animali domestici”. Come dargli torto? I bambini necessitano come i San Bernardo di scorrazzare liberi nei prati. Invece sono rinchiusi come polli in gattabuie: iperprotetti, ultraviziati, terrorizzati. L’urlo altro non è che il sintomo della paura. Un adulto può anche avere la forza di resistere tra le mura delle costrizioni ma se tali recinti si pongono nella fase spugna della crescita umana qualcosa rimarrà in fattezze da bonsai. Nani della maturità. Le percezioni sulla realtà esterna saranno poca roba e pure distorta. Tra poco, riapriranno le scuole e non cambierà nulla. Per i piccoli non cambierà ma per i genitori sarà diverso: finalmente i grandi potranno smetterla di recitare malamente il ruolo di educatori.
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Ebbene; la regola benedettina cantava ora et labora, cioè fatica che ti passa la voglia di parlare e prega così resti sul pezzo di terra da vangare. In fondo la regola della montagna. Dove il silenzio tutela la quiete degli dèi lassù sulle loro altezze, casomai venisse loro voglia di scatenarsi. Ein Gott vermags ( Rilke), è capace un dio. Del frastuono e del fuoco. Da quando il dio è monetizzato tutti che abbiano quattro baiocchi si sentono dèi frastuonatori. Altro che paura. Non hanno paura di Gnente. Sono gente non persone. Osservare un vecchio montanaro, se capita. A pensarci anche queste parole fanno rumore. Much Ado about nothing
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il solito raccomagnato…
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il silenzio si paga…
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Poco, ero ospite da mia cognata. Mi è costata un regalino di fine soggiorno
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