Di questo paese non se ne può più

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Stairway di Edward Hopper

Di recentissimo a Vienna in visita al Kunsthistorisches Museum abbiamo pescato una masnada di napoletani tra i 15 e 45 anni ; un gruppo familiare che, armato di urla e lazzi e frizzi, in una sala di Schiele saltava e si sbarracava sui divani, si metteva in posa di dileggio davanti ai quadri, faceva in altre parole il casino da stadio cui è abituato. Tutti griffati dai piedi al collo ovviamente. Devo dire che rimproverati con asprezza tedesca, mi è consona, i peggiori in quella banda di adolescenti, cui includo i due adulti di riferimento, màtete e pàtete, i due peggiori abbassarono il capo e filarono via. Il sitz che si ordina ai cani funziona a volte con gli umani. Ma…

…ho letto e gustato questo bellissimo quanto inane fondo di Luca Sofri, direttore de Il Post, il quotidiano on line. https://www.wittgenstein.it/2023/09/12/la-risposta-e-nel-vento-2/. Nel pezzo, a metà strada, Sofri cita la desolata esternazione di Ferruccio Parri ( chi era costui? Questo nome non ti è nuovo?) circa quell’espressione geografica deteriore che è il popolo italiano. Durante la pandemia, in una piazza Maggiore semideserta, a Bologna l’analista dr. Recalcati parlò con grande, secondo me, acume e giustezza del fondo fascista, cioè triviale e rozzo, ma genetico di ogni italiano, mettendo pro bono nel calderone persino sé stesso: l’Ognuno. A prescindere dal fatto che direi per principio concordo con Parri…

«Mah, il popolo italiano, ecco. È la cosa che mi pesa di più. Man mano che mi sono fatto una conoscenza più profonda del popolo italiano, ho toccato i suoi aspetti di scarsa educazione civile e politica. Mi riferisco alla parte prevalente del Paese, non a tutto il Paese. Questo rafforzarsi costante del mio pessimismo, questa constatazione progressiva della non rispondenza della maggior parte del popolo è una delusione forte per uno che ha sempre ritenuto e ritiene di dover fare qualcosa per la vita pubblica».

… e con Recalcati, entrambi ben maggiori di me che imbandisco qui badgeless chats ovvero suggerite da un fastidio fisico per l’Italia – una nazioncina di sciabolette vanagloriose che mi privò dell’impero asburgico in cui nacque mia nonna paterna e inflisse alla mia famiglia i guasti della dittatura – a prescindere dalle nobilissime suggestioni suggerisco di cambiare i punti di vista. Qualcuno d’ora in poi obbietterà che l’estero non è di principio meglio, non ci credo ma può darsi : e allora? Si dice che la classe politica, che una mal identificata classe dominante egemone, che questi e quelli sono i colpevoli del degrado italiano. Certo se ne giovano. E il degrado beninteso che si nota sì al macroscopio, lo è anzi e soprattutto visibile al microscopio della buona educazione, del decoro inteso soprattutto come pudicizia o meglio come oRore di sè stessi, diceva Petrolini : ai miei tempi agli inquilini era fatto espresso divieto di panneggiare di mutande i balconi ( Ah i napoletani, lamentavano, ricordo, le signore milanesi) ; oggi nessuno lamenta l’ostensione di seni ciondoloni, obesità (sintomo a mio avviso di una avidità di possesso, di avere tutto per sè fin dentro di sé) e polpacci e piedacci dice il Taschera qui da questo ambóne ( peraltro ho visto qui decorarsi il lato strada di un bel condominio, signorile, architettonico, solo vendita e di recente e di bella fattura, in un men che non si dica, di stendibiancheria da quattro soldi e seggioline bianche di plastica ; il piccolo e il meschino sono ostentati, segno che il denaro per l’acquisto si ha ma non si è stati capaci di acquistare e conquistare un gusto, una sensibilità, un’attenzione) –. Vabbè parrebbe che il poppolo taliano abbia orgogliosa sicurezza delle proprie miserie, prepotenze, violenze, e che ne ostenti i segni come patriottici caratteri nazionali. Ma sono sintomi. Certo la politica e la sua continuazione con altri mezzi che è la propaganda quotidiana della stampa main stream fanno il resto, ma hanno ragione. Non i loro governi, non la mafia, non la camorra e simili, gli italiani sono i germi che causano l’infiammazione. Il resto è epifenomeno contrario. Ci si può lamentare dei taxisti, dei balneari, di Caivano, della signora Meloni che difende Dio( ma non è onnipotente?) a Budapest, di Lampedusa di che ti pare, ma tutto il male, lo scempio è eletto dall’italiano, che è meno che medio, infame, gretto, rozzo, ‘gnorante, votato all’incultura. Offrigli una scuola modello: ci accenderà un barbecue. Tutto ciò di cui si lamenta è prodotto da lui o dai suoi cani, a guardare i marciapiedi qui di Lecco che sono cacatoi da suburra cui nessuno fa caso. Segno che della propria cacca non si ha pudore. Che si cachi in Parlamento è secondario.

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About dascola

P. E. G. D’Ascola Ha insegnato per 35 anni recitazione al Conservatorio di Milano. Ha scritto e adattato moltissimi lavori per la scena e per la radio e opere con musica allestite al Conservatorio di Milano: Le rovine di Violetta, Idillio d’amore tra pastori, riscrittura quet’ultima della Beggar’s opera di John Gay, Auto sacramental e Il Circo delle fanciulle. Suoi due volumi di racconti, Bambino Arturo e I 25 racconti della signorina Conti, e i romanzi Cecchelin e Cyrano e Assedio ed Esilio, editato anche in spagnolo da Orizzonte atlantico. Sue anche due recenti sillogi liriche Funerali atipici e Ostensioni. Da molti anni scrive nella sezione L’ElzeMìro-Spazi della rivista Gli amanti dei libri, diretta da Barbara Bottazzi, sezione nella quale da ultimo è apparsa la raccolta Dopomezzanotte ed è in corso di comparizione oggi, Mille+Infinito
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2 Responses to Di questo paese non se ne può più

  1. azsumusic's avatar azsumusic says:

    Il problema è che mancano le idee. Idee che non siano slogan. Sento tanti lamentarsi ma poi, nei fatti, non si fa na mazza. Si parla. Si chiacchera. Oggi è colpa dell’uno domani dell’altro, paura di tutto ma di progetti non se ne fanno. Studi che abbiano una prospettiva a lungo termine, cosa diversa dai bonus che per natura sono spesi al bisogno immediato, inutili nel tempo tanto quanto i motivetti progressisti che di futuro non hanno nulla, nostalgici del libertinaggio. Questo è il paese che tutti abbiamo voluto: una colonia di sussistenza. Le brillanti menti del dopoguerra sono al museo e qui tutto è di proprietà di altri. Pure i figli è meglio farli fare agli altri perché deresponsabilizzare è il nuovo livello del piacere. Lombardia locomotiva d’Italia? Ma se non ha locomotori autoctoni! Guardasi le società calcistiche milanesi, che sarebbero grande impresa. USA-CHINA. Del resto d’impresa, che diciamo? Tutto il grosso in mano a francesi e americani. Le multinazionali sono i nuovi colonizzatori e l’Italia la nuova America o la nuova Africa ma con meno risorse. Di veramente locale rimane quel poco di artigianato che solo gli arricchiti si possono permettere, in quanto i ricchi veri risparmiano. Insomma, è colpa mia è colpa tua e nel frattempo che cerchiamo la ragione veniamo depredati di mogli e figli con tanto di automobile, casa e cani e gatti da quelli che credevamo amici.

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    • dascola's avatar dascola says:

      Idee, mi pare siano troppe, pasticciate e confuse. Alle idee andrebbe appeso il criterio di verificabilità critica o sono opinioni senza criterio, anche quest’ultima che ho riassunto qui.

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