Guarda ti chiedo scusa per il titolo che è un gioco di parole – del resto c’è da capire quando le parole non giocano visto che giocano un ruolo diciamo di non poco conto nel quotidiano e oltre – ; questa sarà meno ancora che in altre occasioni una recensione , piuttosto un invito. Invito ad andare a vedere La zona di interesse, questo film definitivo l’ha definito l’amico Prato che ogni tanto fa qui delle apparizione come commentatore. Allora definitivo credo venga a dire che, dopo questo, nessun altro film è possibile sulla soluzione finale, sullo sterminio industriale, detto angelicamente Shoa, fabbricato dai tedeschi quali attori integranti e risolutivi del progetto nazista. Attento a quel che penso : che senza la partecipazione attiva delle masse disaramate quelle armate fanno, fanno ma non sono abbastanza. Ai fascismi, vedi oggi, servono i coscritti volontari, quelli che si lanciano sui cadaveri degli amici pur di conquistare un muro e una ragazza. Non me la danno a intendere Putin ha duecento-mille-milioni di Balilla coltello-tra-i -denti a suo integrale godimento anche qui nella bassa vetero industriale e agroElementare. Altro che vittime e pentiti, la gente segue i duxi secondando la propria naturale propensione alla carogneria, lo scrisse meglio Céline, al furto, all’appropriarsi, al parlare male e trattare male le serve – si legga Genet – e si ascolti nel film il dialogo tra signore al tè di Auschwitz ; mi dirai se quel parlare male, quell’insultare il personale, che non si trova o di cui al contrario v’era ai tempi eccedenza, non è uguale, non ti è capitato di sentirlo, a me sì di persona personalmente, tra signore lombardiche, delle sarde ( non intese come pesci azzurri) delle meridionali, delle peruane. Certo la differenza è che poi non si lascia che queste ultime passino per qualche camino ma è uniforme il disprezzo, l’arroganza di chi pro tempore ha il potere di nuocere o se l’è conquistato a gomitate e mica lo molla. Tutti Gengi-skanno tutti Alessandre macedoni. Solito. Vabbè, il film è un raro esempio di coincidenza totale tra forma e se stessa, tenuto in conto che nel vaso il vuoto dentro coincide appunto con il contorno senza soluzione di continuità. Vedrai e ascolterai soprattutto, colpo di maestro dell’immagine di questo Glazer, poco noto forse ma notabile, vedrai le sequenze notturne che spazzano via gli effetto notte consueti : il buio con fasci di luce a megawatt in un angolo dell’inquadratura. Qui invece, in Glazer, credo l’infrarosso o il negativo, non saprei come altrimenti perché non conosco l’acrobatica tecnologica del cinema d’oggi ; quindi capace che sia bastato convertire un blocco di fotogrammi già montati con un clic di Adobe after effects. Vedrai. Vedrai che appunto ogni minima scelta tecnica obbedisce all’espressione, ascolterai la musica raccapricciante con cui, su nero, il film inizia e finisce. Basta ; non voglio sversare un canale di parole, ne leggerai a sfare. Mi preme però dire che l’altra sera alla prima proiezione qui nel cinema di Lecco, Palladium, a metà proiezione un angelo del signore ( il cinema è proprietà parrocchiale) è intervenuto con la sua spada a ordinare, Cut . La proiezione si è interrotta, la sala ha preso luce, è partita dai diffusori una musichina da supermercato, parte del pubblico stanco del digiuno sofferto fino a quel momento è andato a prendere bottiglie di conforto e fioriere di pop-corn. Dal punto di vista antropologico pare di poter osservare che l’intervallo e i pop-corn sono nello specifico e di preciso gemelli ideali del diniego e del disinteresse, unito a una notevole dose di sadismo, con cui le SS si comportavano. E con cui se si vuole, qui nelle nostre tiepide case (→ Primo Levi – Se questo è un uomo), si mastica/mastichiamo, digeriamo, defechiamo l’orrore di fuori. Ci pare che permettere, inconsapevolmente, a questi sentimenti di rimbalzare dallo schermo alla sala sia un gran brutto affare. Ho subìto indignato, indignata mia moglie è filata alla cassa a protestare, con lo chic che le è proprio beninteso ; le/ci è stato detto di scrivere al cinema. Cosa fatta capo ha. Questa la lettera a doppia firma inviata ieri :
Gentili,
abbiamo visto ier sera il film “La zona di interesse”. Nel lodare la scelta di proiettarlo, ci permettiamo tuttavia di stigmatizzare l’altra decisione : di proiettarlo cioè come se si trattasse di un “Barbie” o di un “Poor things” qualsiasi e non di un’opera d’arte. Direte voi : ma chi stabilisce e che cosa qualifica e differenzia l’opera d’arte dall’intrattenimento, dallo spettacolo, in ultima istanza dal marketing. Beh questa trinità di termini spiega da sola a sufficienza.Nel caso specifico poi ci pare che “La zona di interesse”rientri in un campo estetico più esteso, quello del silenzio : permettere che alla fine di un’immaginaria parte prima , con un cut che ferisce il film come una mannaia, non solo attacchi una musichina da supermercato e qualcuno si alzi per rifornirsi di generose porzioni di pop-corn e bibite, hmm, con animo giapponese da parte nostra, ci pare cozzi con il silenzio appunto con cui certe opere, opere come “La zona di interesse” dovrebbero essere accolte. Il bar potrebbe rinunciare a qualche monetina per rispetto all’opera?
Il film è un capolavoro beninteso e, visti i tempi che corrono, di non poca forza politica.
Con molta cordialità

Errata (mea) corrige (tu) : sì, lo so che il Parabellum NON è iniziativa culturale dedita…
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Oratorialmente, il cine-forum è benedetto in eterno perché illuminato dai lampadari e dall’omelia che ne è fondamento. Il film è peccato perché necessita del buio, che per sé è maligno (majùscolo?). Quindi: luci in sala e gazzosa con la stringa per tutti!
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Non era cineforum ma mi pare che il buio sia favorevole ai “manichierichetti”. Ho un dubbio circa la gasosa con la stringa, anzi non so che cos’è.
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Sì, lo so che il Parabellum è iniziativa culturale dedita al cine-forum quanto meno pre-agonico. Quanto al drink citato, consiste nel sorbire la gazosa usando come cannuccia una stringa di liquirizia gommosa, acquisita come tale od ottenuta per srotolamento di una rotella Halibo. Il tutto tipicamente a disposizione negli spacci oratoriali. E forse ancora alla Gregoriana.
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Il cinema è sempre legato a ricordi disgustosi. Ex che si lamentavano dei film troppo pesanti, altre ex che si addormentavano lungo la proiezione, per arrivare a quelle dedite nell’attività del ridere sguaiatamente durante scene pessime se non deprimenti. Sulle ex e i cinema ne avrei qualche altra da raccontare ma parliamo del sottoscritto: giovane uomo, somatotipo meso-ectomorfo, chilogrammi sulla ottantina, spesso in preda ad attacchi gastroenterici dinanzi le prime visioni. Ansia da prestazione o sincronicità? Ci sarebbero poi le morse della fame, con sonori brontolii, che da sempre mi avvinghiano, dalle lezioni alle proiezioni. Bulimia o vita frenetica? Per le due problematiche si è sempre agito a tal maniera: imodium per la prima, alimenti per la seconda. La loperamide era sempre in dispensa, mentre il pasto lo si recuperava dappertutto tranne che nel bar antistante la sala da film, evitando così di subire un atto di sciacallaggio da parte del vivandiere come si fa con i terremotati. Ora mi chiederete: “Cosa ne penso del cinema?” Roba da eroi.
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Rido
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