Letizia Toni è nell’anima

Lo sai, la tentazione di occuparsi di disastri è prepotente in me e invece scelgo di parlare di amenità che mi interessano e dire bene di un filmetto, non saprei dire se con poche o molte pretese di una regista peraltro da me aborrita, la Cinzia TH Torrini, e che accorpo alla brigata di quei molti italiani che dovrebbero studiarsi i film di Busby Berkley ma anche di Trenker, Camerini, De Sica, Blasetti ( la Nave bianca) per finire al cinema del Reich anche senza saltare sopra  le righe del genietto Riefenstahl. Ma è evidente che questi è tanto se  di Una giornata particolare hanno fatto un’esame formale, della messa in scena, della recitazione, mica come usa da sempre ideologico, ovvero di psicospicciolata… ma vabbè che vuoi pretendere in tempi in cui predomina l’ideologia appunto e non tanto sotto mentite spoglie, anzi mentitissime, quelle della correttezza politica, del woke e in sintesi di un polifascismo ; in cui domina l’opera a tema, cioè di propaganda… di quassicosa. Ti serve che ti dica che questi tempi non mi piacciono affatto anche se riconosco che sono più comodi per la medicina e la chirurgia che corrono avanti, per la farmacologia, per le mille mirabilie della scienza cui nessuno o pochi danno anche solo una delle rette con limite tendente all’infinito, per occuparsi del che nascondono Giorgia ed Ely nei pantaloni … via ‘un mi fa’ ddire.

Dunque il filmetto in questione, Sei nell’anima, un biopic mi pare si dica, su Gianna Nannina, a me è piaciuto. Ma il merito, che è così  lo dico da sempre, va a chi recita. In questo caso questa, mi azzardo a dire bravissima, Letizia Toni che sta proprio nell’anima. Dizione perfetta, toscana generica, non proprio senese e con qualche punta di pisano, ma ci sta tanto chi si accorge oggi dell’italiano. E capacità di spiccicare le parole, di articolare la frase, di prosodia in sintesi e, con termine musicale, di fraseggio. Proprio brava, convincente, emozionante e quel che conta di più musicale. Bella è un di più che aiuta. Dicono poi che canti lei nel film ; non lo so e chissà non si tratti di propaganda dell’ufficio stampa. Se sì però evviva : non solo Letizia Toni ha il dono della parola ma anche della musica che in un mondo di sordomuti e diversamente inabili qual’è quello del cinema italiano mi pare valga il mio augurio personale di una brillante carriera : But please, Letizia, go immediately abroad and choose the directors you would like to work with.

Il film in sé è poca roba ma ha due pregi tra i difetti ( brutta ricostruzione di ambiente, gli anni dal ’70 e oltre  sono abborracciati, fotografia da molino bianco + degradé  quando  un bianco e nero fatto bene ma bene davvero avrebbe deciso della musicalità del filmo –  montaggio ridotto ad incollaggio, tutti i difetti di un film approssimativo anche nei costumi che non segnano il passare del tempo come avrebbero potuto ; la Nannina ha vissuto gli stessi orridi ’70/80 miei e di mia moglie, siamo coevi  con la signora Nannini e noi sappiamo bene come fu orrenda la moda dei minipull nonché degli eskimo e delle penny loafers finte di come tuttavia  fu importante Fiorucci, ma nel film non se ne vede traccia e tutto è una riduzione incerta all’oggi).  Il primo pregio però è che, come mi piace dire, il film è nonostante tutto musicale, un po’ perché tratta di musica e quando non ce la fa più a narrare attacca con una canzone della Nannini e lì si gioca il tutto per tutto con successo perché la musica è asso pigliatutto ( niente male il funerale del padre con Gianna che canta la propria orazione funebre) un po’ perché  è ripreso in diretta benissimo, si sentono le parole, nessuno bisbiglia in scena, miracolo, nessun bisogno di sottotitoli ; poi perché senza parere riesce in qualche modo, e forse non era intenzione degli autori tra i quali anche la Nannini di persona personalmente,  riesce  a mettere a fuoco il tema del creare d’arte, della sua difficoltà intrinseca e della facilità con cui l’arte, che viene giù dagli dèi, informa chi ne è fatto…. lascia da parte il giudizio di gusto ma io non faccio differenze di sostanza tra Mozart e la Nannini perché catturano entrambi in modo diverso m attingendo alla stessa fonte ;  la detta è figlia di Conservatorio, e ha la tecnica, forse meno estesa e complessa ; non so se la Nannina saprebbe comporre un canone a 8 voci ma la sua musica vale l’entusiasmo che l’ha accompagnata negli anni. Insomma il film mi è piaciuto per questo spolverare la pellicola con la narrazione del concetto che chi fa arte non fa è fatto, lo dicevano i Greci mica io, e che questo lo mette in difficoltà, fino alla follia : l’arte è un duro cercare di stare all’altezza, un navigare per aria senza braccioli, se ci si riesce. Visto ieri in Netflix.

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About dascola

P. E. G. D’Ascola Ha insegnato per 35 anni recitazione al Conservatorio di Milano. Ha scritto e adattato moltissimi lavori per la scena e per la radio e opere con musica allestite al Conservatorio di Milano: Le rovine di Violetta, Idillio d’amore tra pastori, riscrittura quet’ultima della Beggar’s opera di John Gay, Auto sacramental e Il Circo delle fanciulle. Suoi due volumi di racconti, Bambino Arturo e I 25 racconti della signorina Conti, e i romanzi Cecchelin e Cyrano e Assedio ed Esilio, editato anche in spagnolo da Orizzonte atlantico. Sue anche due recenti sillogi liriche Funerali atipici e Ostensioni. Da molti anni scrive nella sezione L’ElzeMìro-Spazi della rivista Gli amanti dei libri, diretta da Barbara Bottazzi, sezione nella quale da ultimo è apparsa la raccolta Dopomezzanotte ed è in corso di comparizione oggi, Mille+Infinito
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2 Responses to Letizia Toni è nell’anima

  1. azsumusic's avatar azsumusic says:

    I film degli anni ’70 sono da sempre i miei preferiti sebbene debba ancora trovare una spiegazione a questo, quasi come si trattasse di una patologia.

    Nella scorsa settimana ho potuto apprezzare “Un borghese piccolo piccolo” che ben descrive l’italiano medio prima che i più grotteschi “Fantocci” trattino anch’essi la tematica.

    Per il film oggetto dell’articolo, alla lettura di “fotografia da mulino bianco”, si è resa necessaria l’apposizione del veto, come fosse il velo: quanto sta sotto non lo voglio vedere, valuterò il sentire.

    Sono troppo legato a Hitchcock e Kubrick per immergermi in immagini fatate che rendono bello anche lo schifo: a questo proposito ci pensa già Hollywood con le sue cotolette di pollo fritte nell’olio esausto e ricoperte dagli aromi al gusto di burro e vitello.

    Rimanendo nell’Italia del piombo, vuoi mettere il fascino della fotografia senza fronzoli di “Banditi a Milano”, de “La classe operaia va in paradiso”, come le riprese di “Pasqualino Settebellezze” o di “Brutti, sporchi e cattivi”?

    Gli anni 70 sono quella cosa li: trattare quegli anni su temi collaterali con stile alla moda è riduttivo e ti fa scendere la libido al pari di bella ragazza con la voce stridula tanto quanto i freni del Regionale Milano Bergamo delle ore 07:06.

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    • dascola's avatar dascola says:

      Caro Azsomusic, per gusto personale amplio le tue con queste mie osservazioni a margine del post Letizia è nell’anima.
      Per quanto mi pare sia vezzo umano comune quello di mentire, non so per niente in che modo e in che misura altrove, in altri paesi e realtà, sia diffusa la pratica detta per metafora di nascondere la polvere sotto il tappeto. Ma mi sento tranquillo nel sussurrare che qui è diffuso direi una specie di combinato disposto tra metodo e istinto a coprire. Del resto il Vaticano, mafie, camorre e affini, sono state e sono tuttavia per noi un prodotto finanziario-industriale, non esclusivo certo ma, se altri esportano volkswagen da noi si esporta la ‘ndrangheta, e lo sappiamo tutti di che lacrime grondino e di che sangue le pizzerie in franchising della camorra ; non faccio nomi per evitare danni personali ma le frequentiamo. È ovvio che questa è una visione polemica e dunque assai riduttiva di un assett, l’Italia che, a dispetto di sé stessa, ha modi di fare, comportamenti, capacità, una cultura, delle menti per niente sporche, belle e buone anzi e in moltissimi casi invidiabili : parlo della capacità di inventare con le mani, prendi i Ferragamo o gli stessi Dolce & Gabbana e a macchina indietro l’industria veneziana di Murano ; questo detto per non ricorrere al solito cliché del Rinascimento e Michelangelo e Leonardo. Invidiabili : non mi pare che via siano molte altre situazioni confrontabili con la nostra, dico fuori dall’Europa che mi sembra tutto sommato un albero sano o sanificabile con facilità se solo lo volesse e avesse un filo di maggiore rispetto verso sé medesimo. Tra le cose belle e buone e che sappiamo per certo hanno fatto scuola e che sono studiate, v’è il cosiddetto cinema neorealista. Ma mettici anche la famosa commedia italiana. Perché si chiami neorealista il primo bah, lasciamo perdere, il neo e l’ista sono i nèi classificatori, la pulsione alla categoria che affligge e supporta la critica. Quel cinema, a mio modo di vedere fu, a volergli appiccicare un aggettivo, fu politico, anche la commedia, prendi Scusi lei è favorevole o contrario ; politico della più bell’acqua, oserei dire quasi in senso greco ovvero della pólis. E fu politico, qualche storico del cinema mi potrebbe confortare il punto di vista, non mi pare per via dei temi ( l’epica resistenziale che in Una vita difficile ha il suo capolavoro, un capolavoro assoluto, il poveri ma brutti da Riso amaro fino a Brutti, sporchi e cattivi che forse può dirsi iperrealista, la polemica col potere sorto dalla ceneri mai spente del ventennio su cui soffiò la borghesia, grande e piccola : un Borghese piccolo piccolo) ; quanto piuttosto nell’inventare un modo snello, e ovviamente povero al principio – chi non sa che Roma città aperta fu girato con scampoli di pellicola raccattati qua e là – di fare cinema a partire dalla tecnica narrativa e quindi di ripresa e montaggio. Leggi il doppiaggio dunque il ricorso alla faccia più che per sé all’attore (saprai che nella Ciociara De Sica faceva recitare numeri, idem Fellini, credo sempre ma non sono uno storico del cinema e manco di dati mediati).

      Tu sei troppo giovane per ricordare ma io al contrario ricordo bene certi parenti miei usciti dalla guerra e orfani della dittatura più amata dagli italiani perché impregnata, costruita, fabbricata con tutti gli XY italici. Questi parenti del cinema neorealista dicevano che era, intanto noioso, e poi che faceva vedere solo porcherie ma l’Italia, l’Italia e…il fascismo ha fatto le strade, i ponti e le ferrovie… e poi i panni sporchi si lavano in famiglia… cosa possono pensare di noi gli stranieri. E tra persone a me note il cinema concesso, per esempio ai bambini, era, a parte Marcelino pan y vino ( peraltro un bel film) il western ; non saprei asserire se inteso ieri come oggi educativo e sano per via delle pistole. La visione di pellicole che esulassero da questo ambito tra quelle persone non era semplicemente prevista. Ricordo benissimo certi miei compagni di scuola delle medie : al sapere che aveva visto la sera prima il Gattopardo, poveri cuori mi dissero perplessi, Ma tu Pasqualino ti portano a vedere film inadatti ai bambini. Pasqualino, diminutivo che addolciva ai miei orecchi la bruttezza di un nome da pizzeria, non seppe che rispondere, perché inadatto ai bambini.

      Ma torno al dunque. Il cinema fino al bellissimo Borghese di Monicelli ha pestato bene col pestello vezzi malvezzi del paesone (mi dirai di Signore e Signori, se non ti è noto o di Matrimonio all’italiana) con la tecnica, lo stile necessario ( bn, montaggio, recitazione, camillerizzazione del dialetto, messa in scena per l’occhio-macchina : ti cito la sequenza di Tognazzi tycoon romano con signora al cinema a guardare un film resitenziale ne i Nuovi Mostri, se non ricordo male, cerca ; guarda C’eravamo tanto amati, benché tardo… – – oggi chissà se un ragazzino scriva ceravamo anche in un compito non solo in un txt). Tuttavia di questo solerte impegno a raccontare l’Italia, anche in Brancaleone per diavolo, l’Italia volpina, senza senso dell’ubris da pollaio, di questo solerte impegno contro-italiano ( leggi Flaiano e comunque riguardati la lunga sequenza del miracolo in La dolce vita : chi più italiano dei due furbi giovinetti che ruzzano a destra e sinistra a pigliare pe’ icculo soprattutto i cristiani), di tutto questo impegno manzoniano se vuoi, giansenista è rimasto nulla, anzi il nulla.

      Ciò che ha informato e deformato il paese è stata la pubblicità, impresa ideologica con cui si sono fatti miliardari “artisti” sinistri manovrati da una classe dirigente destra, la classe del Golf Club di Monza e dei circolini meridionali. Guardati Virna Lisi Chlorodont che con quella bocca disinibita era evidente avesse il compito di farlo rizzare per procura al teleabbonato mentre induceva al consumo di dentifricio : come dire te lo faccio diventare duro come un tubo di dentifricio e poi… con quel la bocca puoi spremere ciò che vuoi. L’Italia si è spezzata e spazzata via da sola per antica insofferenza a ogni apprendimento, legge, etica ( che non è la morale dei più, l’eludibile tanto c’è la confessione), e persino allo scetticismo, all’ateismo che esigono, diciamolo, spina dorsale e coraggio nell’affrontare la solitudine, l’eccerchiamento, l’assedio e l’esilio : guarda Leopardi povero cuore. Nulla, e l’operazione Odessa – la vogliamo chiamare così? – cioè lo sdoganamento dell’écume di fogna, precisa intifica come a Palermo giorni addietro, come se fosse il bello del belpaiese, tu puoi farlo iniziare con Craxi, con Berlusconi con chi vuoi ma ascolta, quelli che male hanno fatto? Come il brigante Musolini a suo tempo, hanno stuzzicato il culo agli italiani che è sempre mal lavato. Siamo antigienici. Ricordi lo scambio di battute tra Totò e Castellani :
      – Tu perché ti lavi?
      – Ma perché sono sporco!
      – Zozzone! Io sono una persona pulita non mi lavo mai. È la conclusione di Totò.

      Entre comillas :
      Per paradosso è proprio il Potere da sempre ad attribuire valore, di pericolo, di minaccia a sé medesimo, all’ordine costituito in potere del potere, alla famiglia, alla società senza soci che ogni regime costituisce. Bene dice Kiefer, l’artista degli artisti ( tra l’altro guardati Anselm di Wenders) : l’arte è una forma di conoscenza. E la conoscenza ha da essere vinta e guai ai vinti.

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