Solo sí es sí

Segnalo questo link https://www.ilpost.it/podcasts/amare-parole/ep-106-qualche-spiegazione-sui-referendum-dell8-e-9-giugno/ . Il link, temo funzioni solo per le persone abbonate al Post. Queste ultime però, magari, non ascoltano Vera ; e in questo caso consiglio  loro di farlo. Chi abbonata non è, potrebbe prendere in considerazione di abbonarsi. È la puntata di ieri di Amare Parole, podcast  della linguista Vera Gheno che seguo per motivi ovvi. Qui sotto, ho copiato il logo con il riassunto e la scaletta della puntata stessa. I link inseriti funzionano. È questo in ogni modo, un tentativo per fare un poco di propaganda al referendum che il governo  svaluta, invita a non frequentare e nasconde, appunto in un calderone di parole. Ascoltare per credere e diffondere. È un atto di Resistenza

Ep. 106 – Qualche spiegazione sui referendum dell’8 e del 9 giugno

di Vera Gheno
episode

L’8 e il 9 giugno potremo andare a votare per cinque quesiti referendari, quattro sul lavoro e uno sulla diminuzione degli anni necessari per chiedere la cittadinanza italiana. Analizziamoli insieme, giacché il testo dei quesiti non è facilissimo da capire. E poi, dato che il governo fa campagna per l’astensione, è proprio il caso di parlarne, e magari di recarci al seggio. La parola della settimana è sguerguenza.

Non è una novità che un governo inviti ad astenersi a un referendum, il Post
Guida ai referendum dell’8 e 9 giugno, il Post
– Roberta Covelli, Tutto quello che c’è da sapere sui quesiti sul lavoro per i referendum dell’8 e del 9 giugno
I quesiti sulla Gazzetta Ufficiale
Calvino e l’antilingua

A corollario e per comodità dei miei visitatori aggiungo il testo di Italo Calvino citato da Gheno. Alzi una mano chi a tutt’oggi non solo è alle prese con l’antilingua, e che non ha scoperto che c’è un’antilingua per ogni ambito : nella scuola, lo scolastichese – ah la meraviglia delle proposte al consiglio accademico – ; e via via, il sindacalese, su fino al ‘gnurantiàno, ovvero la lingua di chi, per ragioni antropologiche, tutte italiane io credo, non saprebbe scrivere all’amministratore di condominio una mail così concepita : gentile, per sua comodità, in allegato la ricevuta del bonifico a saldo delle spese condominiali di quest’anno xx/xx Cordialmente. Peppo Stornello. 

L’antilingua Il Giorno” | 3 febbraio 1965 Di Italo Calvino

Il brigadiere è davanti alla macchina da scrivere. L’interrogato, seduto davanti a lui, risponde alle domande un po’ balbettando, ma attento a dire tutto quel che ha da dire nel modo più preciso e senza una parola di troppo: “Stamattina presto andavo in cantina ad accendere la stufa e ho trovato tutti quei fiaschi di vino dietro la cassa del carbone. Ne ho preso uno per bermelo a cena. Non ne sapevo niente che la bottiglieria di sopra era stata scassinata”. Impassibile, il brigadiere batte veloce sui tasti la sua fedele trascrizione: «Il sottoscritto, essendosi recato nelle prime ore antimeridiane nei locali dello scantinato per eseguire l’avviamento dell’impianto termico, dichiara d’essere casualmente incorso nel rinvenimento di un quantitativo di prodotti vinicoli, situati in posizione retrostante al recipiente adibito al contenimento del combustibile, e di aver effettuato l’asportazione di uno dei detti articoli nell’intento di consumarlo durante il pasto pomeridiano, non essendo a conoscenza dell’avvenuta effrazione dell’esercizio soprastante». Ogni giorno, soprattutto da cent’anni a questa parte, per un processo ormai automatico, centinaia di migliaia di nostri concittadini traducono mentalmente con la velocità di macchine elettroniche la lingua italiana in un’antilingua inesistente. Avvocati e funzionari, gabinetti ministeriali e consigli d’amministrazione, redazioni di giornali e di telegiornali scrivono parlano pensano nell’antilingua. Caratteristica principale dell’antilingua è quella che definirei il «terrore semantico», cioè la fuga di fronte a ogni vocabolo che abbia di per se stesso un significato, come se «fiasco» «stufa» «carbone» fossero parole oscene, come se «andare» «trovare» «sapere» indicassero azioni turpi. Nell’antilingua i significati sono costantemente allontanati, relegati in fondo a una prospettiva di vocaboli che di per se stessi non vogliono dire niente o vogliono dire qualcosa di vago e sfuggente. Abbiamo una linea esilissima, composta da nomi legati da preposizioni, da una copula o da pochi verbi svuotati della loto forza, come ben dice Pietro Citati che di questo fenomeno ha dato un’efficace descrizione. Chi parla l’antilingua ha sempre paura di mostrare familiarità e interesse per le cose di cui parla, crede di dover sottintendere: «io parlo di queste cose per caso, ma la mia «funzione» è ben più in alto delle cose che dico e che faccio, la mia «funzione» è più in alto di tutto, anche di me stesso ». La motivazione psicologica dell’antilingua è la mancanza d’un vero rapporto con la vita, ossia in fondo l’odio per se stessi. La lingua invece vive solo d’un rapporto con la vita che diventa comunicazione, d’una pienezza esistenziale che diventa espressione. Perciò dove trionfa l’antilingua – l’italiano di chi non sa dire ho «fatto», ma deve dire «ho effettuato» – la lingua viene uccisa. (…)

By the way. Nella mia antologia delle medie, quindi sessantadue anni fa, lessi un raccontino che mi è rimasto impresso ; per quanto scarso, mi pare ad oggi emblematico; e ciascuno tra poco giudichi  di che cosa, come meglio crede. Il raccontino, forse estratto da un giornale, ah non so proprio ridire di chi fosse ; forse forse di Gaetano Afeltra. Fosse di chi fosse, nessuna ricerca però, mi ha mai permesso di rintracciarlo. Perciò lo riassumo : c’entra con l’antropologia.

Un giovane emigrato da qualche parte d’italia trova alloggio dalle parti di corso venezia a milano. Allora una stanza costava pochi baiocchi, oggi non solo non trovi una stanza ma se sì, trovi un miniappartamento di 16 metri quadrati a duemilacinquecento euro al mese. Bon, il giovine non ha una lira e lavora in un giornale, evidentemente come tirapiedi – aproposito di jobs act –. Sfruttamento passato per praticantato al, metti al corriere di informazione. A parte questo, il giovane poveraccio è in corrispondenza con un giovane inglese. Gli serve per impratichirsi nella lingua e credo soprattutto per sognare. Nel corso dello scambio epistolare, a un certo punto il giovane inglese invia una foto al giovane italiano : una foto di sé stesso, in un bella tenuta sportiva inglese, da estate, seduto in un bel giardino inglese davanti a una mansion fastosa che nella foto è segnata a penna con un succinto home. Chissà perché l’italiano si sente in dovere di contraccambiare l’invio con una analoga cartolina. Indossa dunque l’unico abito che possiede, un quattro stagioni da lavoro, giacca cravatta e cappello. Va ai vicini giardini di via Palestro e, da un fotografo ambulante, un tempo c’erano, si fa riprendere in posa gagliarda con lo sfondo dell’enorme palazzo del museo di storia naturale e una racchetta da tennis in mano, racchetta utilizzate si vedrà in modo inusuale. Non osa scrivere sulla fotografia home ma conta di fare una figura non inferiore a quella del suo pen pal. Pen pal che out of the blue, un bel giorno telegrafa dalla svizzera che sta arrivando a milano, e allora quale migliore occasione ecc ecc. Già, ma dove ricevere l’ospite e come, si domanda il giovane povero. Al museo è escluso. In casa, una stanza con il bagno collettivo nel corridoio, un lavandino, un ripiano di marmo, la racchetta da tennis appesa a un chiodo, e un comodino che in segreto custodisce un fornello a spirito e una pentola, ah, no, come, quando, se : impossibile. E allora. Allora il racconto finiva con l’agnitio : alle strette e senza alternative, il piccolo italiano invita nella sua stanza l’inglese, deve ammettere la realtà e il racconto finisce con una spaghettata colata dalla pentola sulla racchetta da tennis. È poco. Ma non tanto, poco.

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About dascola

P. E. G. D’Ascola Ha insegnato per 35 anni recitazione al Conservatorio di Milano. Ha scritto e adattato moltissimi lavori per la scena e per la radio e opere con musica allestite al Conservatorio di Milano: Le rovine di Violetta, Idillio d’amore tra pastori, riscrittura quet’ultima della Beggar’s opera di John Gay, Auto sacramental e Il Circo delle fanciulle. Suoi due volumi di racconti, Bambino Arturo e I 25 racconti della signorina Conti, e i romanzi Cecchelin e Cyrano e Assedio ed Esilio, editato anche in spagnolo da Orizzonte atlantico. Sue anche due recenti sillogi liriche Funerali atipici e Ostensioni. Da molti anni scrive nella sezione L’ElzeMìro-Spazi della rivista Gli amanti dei libri, diretta da Barbara Bottazzi, sezione nella quale da ultimo è apparsa la raccolta Dopomezzanotte ed è in corso di comparizione oggi, Mille+Infinito
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