Copio qui l’incipit del fondo di Luca Sofri in Wittgenstein da Il Post di oggi.
I due uomini più potenti del mondo si stanno prendendo a pesci in faccia, pubblicamente, da imbecilli quali sono: e se mi sta leggendo qualcuno di quelli che ritengono che il “successo” dell’uno o dell’altro contraddica la definizione di imbecille – lo so, ci sono – beh, sto scrivendo proprio per dimostrare il contrario. Anche se basterebbe quello che è successo nelle ultime 24 ore: l’intelligenza è quella cosa che ti fa evitare figure da cretino in pubblico o ti fa evitare di fare cose che ti danneggeranno o ti fa evitare di fare cose che danneggeranno le persone che vuoi tutelare. Se quello che fai invece ottiene tutte e tre queste cose, la tua intelligenza è fortemente messa in dubbio, per usare un eufemismo. Hai voglia a inventare razzi missile.
Quindi la mia tesi di partenza è che abbiamo costruito un mondo in cui le due persone più potenti (due uomini) sono degli imbecilli. E in cui la poca intelligenza non è più un limite per ottenere quel genere di “successo”: anzi, è probabilmente un fattore prezioso. Vale in generale per le classi dirigenti politiche ed economiche – come in questo caso – ma vale per la “qualità” di quasi tutto quello che ci circonda. Quello che chiamiamo il “populismo”, con molti abusi del termine, è in sostanza la tautologia per cui quello che viene premiato dalle maggioranze sia per definizione di qualità migliore. Tautologia falsa perché manca di un presupposto fondamentale: la capacità di giudizio delle maggioranze. Che, come sappiamo dai tempi di Barabba, devono essere fornite di informazioni e conoscenza per fare le scelte migliori (parlo in terza persona, ma le maggioranze siamo tutti noi, in un caso o nell’altro): quando invece, come è successo in questi decenni, un combinato disposto di propaganda interessata e innovazioni tecnologiche ci spinge nella direzione di una maggiore ignoranza, il contemporaneo accesso a maggiori poteri di scelta genera mostri, non “maggiore democrazia”.
Magari pensi che il Sofri non sempre è di agile lettura. Tuttavia ti invito a leggere per intero questo Wittgenstein di oggi dove il Sofri parte da premesse valide : che l’imbecillità è condizione per avere successo. Questo dato mi pare darwinianamente incontrovertibile. Sono i peggiori ad essere i meglio attrezzati a sopravvivere. Dicendo peggiori, se vuoi noi instauriamo un giudizio di tipo etico (chiamiamolo così anche se non sono sicuro che il termine sia azzeccato, passamelo per passabile please) su enti o soggetti che la natura non giudica, mette solo in mostra, prendi i virus e le carogne, guarda gli Alien del film : sono i tipi naturali di soggetti adatti alla sopravvivenza perché i più adatti a sbaragliare, anche da fermi. E questa mi pare un’evidenza difficile da contestare come tale. Dove il discorso di Sofri si perde un po’, volendo fare egli il sociologo tu dici, è là dove estende questa osservazione, chiamiamola di nuovo darwiniana, all’ambito della domanda e dell’offerta. Lì mi pare deragli. In realtà si va all’Esselunga ( ma anche no, perché è cara) perché il fruttarolo di quartiere è una gioielleria e pochissimi possono permettersi li zucchini a 12 euro ( io per esempio ho rinunciato ma da ‘mo a favorire il piccolo commercio ed ewiva ewiva il Lidl (so deutsch und schwer) e l’Iperal) . Per le ciliegie il discorso è altro, non si possono comprare e punto ; e questo punto si insinua un dato spaventoso. Dicendo che l’essere imbecilli è condizione di successo, si viene a dire che è l’imbecille a essere scelto ma non dalla natura, dall’elettorato per esempio. Quello che Sofri chiama mercato. Il discorso si sposta con agilità al fare la spesa. Tu gira gira per i ranghi del super e vedi la gente che compra per quantità : pacchi di fanta, pacchi di mineralacqua anche quando dall’acquedotto sgorga chiara e fresca ; confezioni di kinder bueno ; chili di macinata di manzo ; chili di buitoni ; verdura e frutta senza cognizione delle stagioni e dei meridiani. Io dico sempre che un giro al super è visitare il girone dei suicidi. È inferibile che con lo stesso criterio, ovvero assenza o rinuncia al/di-, tutto venga scelto dal pubblico democraticamente al peggio. Libri, chi li legge, abiti, musica vabbè ( guarda il successo di Taylor Swift) e adesso udite-udito si fa strada l’intelligenza artificiale a visitare le masse e gratificarle con una collana di perle che loro non sta al collo. Ecco che qui all’autocommiserarsi dicendo di sé che tutti siamo massa, bè no, non ci sto. Ho qualche pretesa di cercare di circondarmi dei meglio mobili di famiglia anche a costo di non fare una gran bella figura tra quelli. Alla presenza di Saramgo mi inchino e taccio. Scrivo a te perché mi sento migliorato dalla tua presenza in ascolto e dalla tue osservazioni quando arrivano. La dialettica aiuta, il confronto pure, anche quando attua una sottrazione. Vabbè. Ci ho messo una vita a educare il mio gusto, là dove le masse no, se ne fottono. Quanti hai sentito dire che eh gli italiani siamo tutti artisti tutti leonardodavinci mica i francesi, rispondimi tu quanti. Qui si deduce che alle masse piace essere tali. Cioè merce di inganno. E qui si introduce si introduce lestamente, invece della calunnia il sospetto che tutte le politiche, tutti gli sforzi politici, da una parte siano serviti ma a nulla o a poco. E che al contrario, siano stati artati strumenti di diseducazione, con l’inganno, travestiti che ballano. In sintesi, prendi il PCI ; il risultato di parlare per anni e anni alle masse, non educandole, ma instillando in loro il concetto che erano perfette così che loro era il sol dell’avvenire… eccolo qui il risultato : Pichetto Frattin. E non è un paradosso. Amen
P.s. In anni orribili, Paolo Grassi osò affermare che i sindacati cercavano l’eguaglianza ossia il livellamento al basso. E disse tutto, lui socialista di sempre, lui che leggeva Brecht in tedesco, sotto le bombe tedesche.
