ABC No Rio, by Dan Witz
Non lo so e non voglio sapere. Con questa battuta Clint Eastwood termina il suo film Un mondo perfetto.
A questo punto di mondiale perfezione, non so e non lo voglio sapere dove porterà il confronto tra due squadre di calcianti decisamente opposte: non tanto direi il pur vero tra la delle democrazie liberali e la delle tirannidi – incarnata queste seconda ultima dalla migliore, la pettinata, cotonata neosovietica e slinguazzata da ogni tipo di neostalinista pacifista, professore di filosofia e talkshower purché la pace sia la giumenta donzella che si lascia montare dal mugikagoni – quanto piuttosto tra la squadra dei ladri e quella degli assassini: ma non lo so e… Chi giochi tra questi è chiaro, tranne appunto ai neostalinisti e ai professori di filosofia di tutto il mondo unitevi; chi, tra gli altri calciatori, giochi invece nella prima squadra, mi pare la People’s Republic of China il cui attendismo mi sembra particolare assai: stare a vedere fino a che punto sia possibile continuare a fare affari con il missile a fior di labbra; missile che, mi pare sempre, sia appuntato tanto ai labbretti sì belli demoliberali quanto al visetto d’oro di quella tirannide funkypitalista che è la repubblica cincinpop. Adunque mi aspetto che a questa guerra paranoica si sbrighino a porre fine i mandarini di Pechino ( magari teleguidati dalla CIA: oh joystick) facendo fuori Putin e tutti suoi boiardi a cominciare da quel Kirikiribìn col suo barbisìn. Poi comprare il Cremlino, l’Hermitage e far di Santa Kosaloro con tutte le cupole un museo di dildo cirillici o godemichés dostoieski, in omaggio alla kultura locale. Via via tutti, il mondo non si può permettere di impedire floridi traffici e commerci e affari, di stare sulla graticola bellica che è tutto quello che a Putin è piaciuto costruire in Russia: si sa ( si sapeva una volta) che il tirannosauro ha bisogno della guerra ( anche in andropausa deve mostrare erezioni da piazza Bianca e Rossa e Blu): la Coca e il Macdonald’s mica valgono abbastanza alle masse. Le masse e le messe, la regola non l’eccezione, vogliono slurp di cotechino e bistecche al sangue, altrui va sans dire. La Cina e il mondo di qua necessitano di una via alla seta, si dovesse farla passare dal Marocco, via Australia, Argentina, Canarie. Insomma nutro grandi speranze nei killer delle triadi. Citti Citti bang bang
Alla fine mi decisi, alzai la cornetta e lo contattai:
– Ingegnere, dice che conviene radere al suolo l’abitazione per ricostruirla oppure potremmo tentare di restaurarla?
– Ragioniere, in amicizia le confido questo: buttiamo giù tutto e ricostruiamo dalle fondamenta, così possiamo anche aumentare la cubatura edificabile.
Quella conversazione non fu dirimente, per me.
Tornai a letto con il dubbio che quella flotta di escavatori nella sua azienda non fosse altro che una scusa per agire in quel modo.
Che il business del movimento terra fosse affare dov’era infiltrata la malavita.
Poi mi fermai un istante e pensai, tra me:
– Non è che si tratta della mie solite suggestioni?
Insomma, parliamoci chiaro: quello che so fare davvero bene è nient’altro che vendere mangimi per un’azienda di Colleferro gestita dal padre di mia moglie.
Dovrò pur fidarmi, no?
Non voglio di certo diventare come quello zimbello del paese! Come si chiamava, quel pittore di Via Caetani…quello che, all’alba di una Domenica di Maggio, disse a tutti che la politica era finita, che sarebbe stata sostituita da amministratori senza bandiera, che non ci sarebbero più stati intrallazzi al palazzo. Un cambiamento per il bene di tutti, avrebbe detto.
Ma chi avrebbe deciso cosa potesse definirsi giusto? Boh! Questo non lo disse.
A quel tipo gli tirarono pure un mattone perchè la smettesse.
Ok, saranno state pure le 6 del mattino ma finire così, come un demente…
Le 03:20…farò la stessa fine se non la smetto di pensare a certe stronzate!
Così me ne tornai a dormire.
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Caro amico, apprezzo questo modo inusuale di commentare. Più che di commento si tratta peraltro di una finestra spalancata su altro, ovvero di interlocuzione sospesa, di cui lodo la struttura puntuale e la corsa stringata al finale, ad evitare qualche tentazione di sviluppo ossia di arzigogolo. È un po’ come il walzer in Re minore di Shostakovich, bello così in 3:30. Ogni nota in più un troppo. Grazie.
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