Ti dirò qui di cose che oltretutto e oltremodo non interessano nessuno. Parto da un’ossservazione. Stavo scrivendo alcune righe in merito quando un accidente di combinazione tra tastiera e mia propria inefficienza ha cancellato di colpo l’intero post, già scritto, già cotto e mangiato si diceva. Che sia un atto mancato? Non lo so. Con molta fatica ne riprendo il filo e lo riannodo. Da un po’ di tempo ho in uggia la lettura dei romanzi e analogamente soltanto l’idea mi annoia di rimettermi a mettere sotto le mani un romanzo che ho approntato a suo tempo, rivisto e corretto e lasciato lì, per noia. Mi trattiene sull’orlo di questo sentimento la stesura dei raccontini che compilo per Gli amanti dei libri. Hanno al mio animo la virtà, anzi il vizio della brevità e dell’oblivione ; come una rapida despedida guardandosi negli occhi di qua di là dal filtro di un finestrino. And then is seen no more. La poesia che mi scrive ha questa stessa ma più intensa virtù, è inutile. Inutile immaginarne la pubblicazione, inutile immaginarne il successo o anche solo un passaggio di mano in mano tra sconosciuti che afferrino la forma del sonetto. Pochi, pochissimi, meno che pochi amici, uno dei miei figli che mi fa con pazienza ed entusiasmo da editor, possono esserene i destinatari. E va bene così (con le parole). Canzonette, esprimere uteri è al contrario ciò che viene inteso poesia. E non che a volte Vasco Rossi non lo sia.
C’è qualche analogia in ambito musicale. Fuori dal circo della musica commerciale, e per commerciale intendo anche gli immensi Wiener Philharmoniker, c’è un pullulare di artisti come il mio amico Francesco Biraghi, chitarrista, che suonano e pubblicano cd, costano è facile quattro baiocchi, e altri, prendi Alessandro Melchiorre e Gabriele Manca, che scrivono scrivono bella musica e su commissione di questo o quel festival o di questa o quella formazione. And then is heard no more. È facile essere presi per snob quando si è nob.
Credo che l’arte, questa fatta di lunga applicazione e meditata scrittura, sia all’apogeo, caro mio, al suo ultimo pianerottolo : oltre c’è una ripida scaletta.
She should have died hereafter.
There would have been a time for such a word.
Tomorrow, and tomorrow, and tomorrow
Creeps in this petty pace from day to day
To the last syllable of recorded time.
And all our yesterdays have lighted fools
The way to dusty death. Out, out, brief candle.
Life’s but a walking shadow, a poor player
That struts and frets his hour upon the stage,
And then is heard no more. It is a tale
Told by an idiot, full of sound and fury,
Signifying nothing.
William Shakespeare – Macbeth, aV/s5

La pigrizia è la nuova religione: lo smartphone è la nuova Bibbia. Cambia il modo di comunicare, della cultura. Può elettrizzare o dare conati ma ora è così. Si può provare a tentare di cambiare le cose ma gli eroi si sa, finiscono sempre nello stesso imbuto. Un tasto da schiacciare e un video da vedere. Questa la nuova fatica del genere umano: fatica per chi fa il programmatore, cioè permettere gesti semplici per operazioni complesse. La TV agli albori dei media e il TUBO nell’avvenire degli stessi hanno vinto. Il video meglio se condito da una salsa al sense of humor, anche se si parla di fazismo. I film comici non vanno più come un tempo, a detta di Al e Fraz. Tik Tok si è preso pure quel mercato: uno cade e il pubblico ride. 5 secondi e il film è già finito, senza essere costato alcunchè. Insomma, se anche lo snob nob vuole arrivare, allora la corrente deve sfruttare. Fatta eccezione per le ricette di cucina, visto che per quelle vanno forte anche i blogs, per gli altri aspiranti comunicatori serve vendersi. Quindi la possibilità c’è: tutti video bloggers. Il mercato è bell’e saturo ma c’è sempre bisogno di qualche volto nuovo che incastri la casalinga per propinargli la sua teoria. Ve la immaginereste una pubblicità come una cinematografia fatta sempre dagli stessi attori? Ecco perché c’è spazio. Il passo si farà? Vedremo.
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