Il teorema di Čatak

Gottfried Benn-Statische Gedichte
 
Entwicklungsfremdheit
ist die Tiefe des Weisen,
Kinder und Kindeskinder
beunruhigen ihn nicht,
dringen nicht in ihn ein.

Richtungen vertreten,
Handeln,
Zu- und Abreisen
ist das Zeichen einer Welt,
die nicht klar sieht.
Vor meinem Fenster
– sagt der Weise-
liegt ein Tal,
darin sammeln sich die Schatten,
zwei Pappeln säumen einen Weg,
du weißt – wohin.

Perspektivismus
ist ein anderes Wort für seine Statik:
Linien anlegen,
sie weiterführen,
nach Rankengesetz –
Ranken sprühen -,
auch Schwärme, Krähen,
auswerfen in Winterrot von Frühhimmeln,

dann sinken lassen –
du weißt – für wen.*

Lo dico per evitare che tu ti impelaghi in questo discorso che mi costringe a rendere pubblica qualche abilità di oneiromànte. Dirò il meno possibile ma non si può dire poco dell’ottimo film che è Das Lehrerzimmer , come lo leggi si dice. La sala professori cui la virtuosa distribuzione di Andrea Occhipinti – Lucky Red non impone uno strafalcione italiano, ma se mai il titolo internazionale The teachers’ lounge, filmo tedesco di autore turco visto che Ilker Čatak sa proprio di Istambul.

Allora dicevo, oneiromanzìa o interpretazione dei sogni. A una ragione sensibile mi pare che il film abbia un carattere shakespeariano. Da tragedia. Un film politico non direi proprio, a mio avviso la politica non esiste, ovvero non esiste più in quanto tentativo di imbrigliare l’antropologia ovvero la patologia (si guardi la bagarre repubblicana durante lo speech di Biden al Congresso americano dell’altro ieri); patologia di un mondo denso di conflitto, basato sul conflitto e che il livello di conflitto, dopo averlo innalzato a sistema, alza via via senza che possa intervenire una catarsi. Chi, come me, ha vissuto 35 anni nella scuola persino come genitore, e che quindi ha partecipato a consigli di classe, di scuola, di dipartimento, di istituto, a incontri genitori/professori a elezioni di rappresentanti e direttori, malevolente e di malavoglia, dato il mio pessimo carattere ovvero poco incline alla mediazione tra cretini e pensanti, ha dovuto tuttavia misurarsi con l’antropologia. Questo il teatro, il setting se preferisci, nel quale si mette in scena un teorema geometrico, molto più che una storia shakespeariana, di intrigo e sospetto. Fin dalle prime immagini il parlato si confonde in una sticomitìa ( battuta e risposta rapida) dove tutti levano la voce su tutti, dove l’attesa che l’altro parli è superflua tanto prevale il gusto, la necessità di prevalere, di as-se-rire, di riportare a sé, solo a sé, il dire. Il doppiaggio in italiano ha fatto quello che ha potuto e se le voci sono sempre tutte troppo a fuoco con troppo poco ambiente, alla fine la versione italiana non disgarba dato che è evidente la difficoltà di fonici e direttori di doppiaggio nel versionare il film in italiano. Film che non procede per tesi antitesi sintesi narrative ma per blocchi, a grandi campiture si direbbe in critica d’arte. L’immagine in 4/3 che di suo, ai giorni nostri procura una qualche angustia claustrofobica allo spettatore panavision, è scandita come Mondrian scandiva le sue tele, con in più il gusto esatto delle diagonali, delle ipotenuse, dell’isoscele, delle linee tirate ; le stesse cantate da Gottfried Benn in Statische Gedichte-Poesia statica : Linien anlegen – Ranken sprühen/ tirare linee, proiettare filari. Nel film nessuno cammina, ma fende lo spazio e il tempo scenico, tira linee e filari, e non a caso il film presenta una professoressa di matematica e geometria appunto, l’ottima Leonie Benesch, il suo antagonista, Oscar, il bambino Leonard Stettnisch ; non a caso comincia con la dimostrazione di un’ipotesi – è 1 maggiore o uguale a 0, 99 periodico – ; non a caso termina icasticamente con al soluzione spietata del cubo di Rubik da parte del piccolo grande protagonista, il reietto Oscar. Un genio, uno stratega, uno spietato giocatore alla perle di vetro ( → Hermann Hesse- Il gioco delle perle di vetro). Oscar risolve il cubo e lo riconsegna alla maestra che glielo ha proposto al principio. Nel finale la polizia lo preleva dall’aula dove si è trincerato sollevandolo con tutto il suo seggiolino di legno : ecco un’arsi, una elevazione, un’assunzione olimpica del piccolo protagonista : che ha vinto probabilmente. Usque tandem, fino a quando, scrisse Cicerone. Con un colpo d’ala, Čatak, regista evidentemente musicale – il tempo del film è dato da certi unruhige Tõne, inquietanti, di musica elettronica – con un colpo d’ala da Kubrick, questo Čatak chiude la pellicola con Sogno di una notte di mezza estate di Mendelsohn e chiude proprio a nero dopo i titoli di coda. Un’intuizione, niente marketing.

È un film di massa critica che esplode nelle teste e nei cervelli. Siamo pronti, ad oggi e mi pare evidente, per altri Hitler, a una burocrazia della morte, a una giovinezza hitleriana con tanta libertà da bruciare e miti scambiati per verità ( con altra geniale intuizione citata nel film con una iscrizione, propaganda, latina) a una giovinezza che come nel film Cabaret …den morgigen Tag ist mein – il domani mi appartiene, canta. E chi canta, l’adorabile canzoncina in quel film… un bambinetto in divisa. Se guardi alle notizie del giorno e se appunto hai ascoltato il discorso, accorato e seccato, di Joe Biden alla Congresso, almeno la domanda te la fai : ci risiamo. Non metto punti interrogativi.

*Estraneità al Disegno
è l’ottica del Saggio,
Bimbi e Bimbi-dei-bimbi
non lo mettono in allarme,
non gli entrano nel cuore.

Tra correnti destreggiarsi,
immedesimarsi,
Per dove e da dove partire
è il Segno di un Mondo,
che chiaro non ci vede.
Fuor dalla mia Finestra
– dice il Saggio –
si allunga una Valle,
là vi si adunano le Ombre,
due Pioppi orlano una Strada,
tu sai – per dove.

Prospettivismo
è un’altra Parola adatta alla sua Statica:
tirare Linee,
prolungarle
in filari normati –
proiettare filari –,
Anche Sciami, Cornacchie,
spandere nel rosso invernale di un cielo precoce,

lasciare poi che tutto affondi –

tu sai – per chi.

About dascola

P.E.G. D’Ascola ha insegnato per 35 anni recitazione al Conservatorio di Milano. Ha scritto e adattato moltissimi lavori per la scena e per la radio e opere con musica allestite al Conservatorio di Milano: "Le rovine di Violetta", "Idillio d’amore tra pastori", riscrittura di "Beggar’s opera"di John Gay, "Auto sacramental" e "Il Circo delle fanciulle". Sue due raccolte di racconti, "Bambino Arturo e il suo vofabulario immaginario"" e "I 25 racconti della signorina Conti", i romanzi "Cecchelin e Cyrano" e "Assedio ed Esilio", tradotto questo anche in spagnolo da "Orizzonte atlantico". Nella rivista "Gli amanti dei libri" occupa da molti anni lo spazio quindicinale di racconti essenziali, "L’ElzeMìro".
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1 Response to Il teorema di Čatak

  1. azsumusic says:

    Essendo il sottoscritto persona guardona oltre che guardinga, dubitando della cinquina autoritaria pronunciata da Mr. Oscar from L.A., dopo essermi sciroppato paese per paese praticamente tutti i trailer dei film proposti dall’intero globo al Jet set USA, quando giunto quasi alla fine dell’elenco, rigorosamente disposto in ordine alfabetico, a seconda della nazione di appartenenza, non intravedevo ancora nulla di davvero interessante, ecco che si presenta in modo devastante “Glorious Ashes“, detto anche “Tro tàn ruc ro“, diretto da Bui Thac Chuyên.

    Qui parliamo di un lungometraggio alla Kurosawa, trionfante in patria, menzionato tra le nomination come miglior film nel Festival Internazionale del Cinema di Tokyo e candidato per il Vietnam agli americani.

    Candidato ma escluso: che tra quei due paesi ci sia un qualche genere di screzio? E se si, perché?

    Da vederselo per intero, senza indugiare.

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