Il titolo in arabo qui sopra sta per La voce di Hind Rajab – Ṣawt al-Hind Rajab ed è un trucco birichino per attirare l’attenzione ; di arabo non so niente tranne scioukràm, tamàm, ialla, rispettivamente grazie, va bene e svelto. Traggo da Wikipedia :
Scritto e diretto da Kawthar ibn Haniyya La voce di Hind Rajab , è un film che racconta dell’omicidio di Hind Rajab, una bambina palestinese di cinque anni uccisa nel gennaio 2024 dall’esercito israeliano assieme a sei familiari e due paramedici della Mezzaluna rossa nel corso dell’invasione israeliana della striscia di Gaza, incorporando la vera registrazione della sua telefonata fatta agli operatori della Mezzaluna rossa che rese famoso il suo caso.
Utile a chi non sapesse o fosse sbarcato ieri da Marte con una Tesla, la breve citazione qui sopra è ricca di rimandi a palestinese esercito israeliano paramedici mezzaluna rossa invasione israeliana striscia di Gaza. Quanto a Kawthar ibn Haniyya, egualmente linkata, è una donna, e confido che il lettore terrestre e smaliziato, sia capace di una ricerca elementare.
Quanto al film inutile aggiungere falsi bordoni al fritto misto di osanna e di avrebbe dovuto. Non ha potuto. Un misterioso dèmone toccò la giuria di Venezia – dove by the way alla Fenice è stata nominata imitatrice artistica la fascistissima e fasciatissima e no further comment, Beatrice Venezi – così che il Leone d’oro dev’essere sciddricato dalle mano al suo presidente che l’ha assegnato al solito film americano ; che il film dorato sia stato dell’apprezzabile Jim Jarmush poco importa.
La voce di Hind Rajab è film composto ed è un esempio perfetto di film teatrale, tutto nei locali del centralino della Mezzaluna Rossa, unità di luogo, tutto nell’arco della giornata, unità di tempo, tutto centrato sullo stesso evento, unità di azione. Con ciò è un esempio perfetto di teatro epico brechtiano. Avrebbe potuto scriverlo Brecht in persona tanto è brechtiano e prego di ricordare che brechtiano per me è e resta un merito. Brechtiano come la Zona di interesse, tutto riferito il primo come quest’ultimo film a qualcosa che succede altrove, che si apprende solo all’espediente della voce fuori campo, anzi delle voci, si ascolta anche quella della madre della piccola Hind. È così brechtiano che arriva a montare sullo stesso piano temporale, le voci di adesso nella finzione drammaturgica, a quelle vere ma anteriori della famosa bimba. A mostrare contemporaneamente l’attore e il suo doppio reale nello schermo di un telefonino. Maestria, etica, poetica, estetica.
Mi piace sottolineare la recitazione straniata perfetta di tutto il gruppo di attori. Che cosa vuol dire straniato, cercherai nella memoria perché te lo sei dimenticato. Bene forse hai ancora presenti De Sica, Gassmann, Totò, Sordi e Mastroianni, forse ; se li hai presenti a posto, si tratta di quel tipo di (recita)azione, raccontata, riferita, mostrata. Il contrario di quel genere esaltato cui il cinema americano ti ha abituato, la recitazione identitaria, vissuta, emozionale ma di emozione autoriferita. L’emozione in cui l’attore sguazza. Nel film perfetto della signora Kawthar ibn Haniyya, gli attori non cercano l’emozione in sé stessi, trovano il modo di suscitare nello spettatore… un sentimento che interroga ; gli mostrano qualcosa in cui riflettersi per riflettere. Trasportarsi per stare saldo al proprio posto. Da qui l’essere il film un perfetto esempio di film politico. Non è intrattenimento. Non andarci se cerchi di raggiungere l’orgasmo da orrore, da lacrime e pianti, da bim bum bam. Non ce n’è.
La proiezione in prima ieri sera qui al cinema Nuovo Aquilone è cominciata con l’odore di fritto di qualcuno che invece del pop-corn si portò un pacchetto di pollo e patatine, credo ; pacchetto che ha zazzicato per un bel quarto d’ora alternando scricchiolii di carta stagnola a chomp chomp di mandibolazione e click di lattina, birra o coca ; non sono stato a orecchiare il ruttino. Sul nero finale, la sala già silenziosa è rimasta muta come al passaggio di una bara dolente, nessuno si è mosso dalle poltroncine. Nessuno ha applaudito, tossito, nessuno si è soffiato il naso, benché mi arrivasse odore di lacrimali da qualche settore. Un funerale composto. Come dev’essere.
Prima di chiudere mi piace citare il cast : Saja al-Kilani: Rana Hasan Faqih – Clara Khuri: Nisrin Jaris Qawwas – Muʿtazz Milhis: ʿUmar A. al-Qam – Amir Hulayhil: Mahdi M. al-Jamal Il produttore inglese James Wilson e la larga messe di encomiabili produttori esecutivi, tra i primi Brad Pitt, Dede Gardner, Jeremy Kleiner, Joaquin Phoenix, Rooney Mara, Jonathan Glazer, Alfonso Cuarón, a sottolineare che non tutti gli americani sono andati al funerale del fascista personale di Trump.
Nota a margine : sarebbe utile proiettare il film nella saletta privata di palazzo Chigi. Così per chiarire alla signora presidente chi sono e dove stanno davvero gli irresponsabili.
Cari saluti

Non sempre nomen omen: c’è la lista degli insospettabili che ripudiano l’aver lavorato con Allen per via delle sue presunte vicende poi mai appurate e riferite alla “giovinezza”. Giovinezza per dire, avrà avuto 50 anni. E pensa ora con la faccenda della guerra chi si imbratta con il suddetto. Prima avrebbero dato le terga per lavorarci ora che schifo. Quindi il nome non fa la garanzia, tra due anni quello che dice mai potrebbe cambiare idea. Sai, uomini d’affari. Ora vorrei anche precisare che escludere un ebreo a prescindere è cosa vigliacca: allora via pure gli arabi in genere che non mi pare abbiano acumi di trasparenza e democrazia tantomeno combattano per fare un po’ di pulizia in quella feccia. Sennò si fa l’errore che si faceva nella seconda guerra, come con i russi i quali mi stanno tutto fuorchè simpatici, ne ho conosciuti, ho le prove, tutti uniformati dalla fabbrica Sovietica, ma se devono gareggiare li facciano lavorare. Perchè a fare i giusti che poi non sarebbe essere nel giusto ma nel partito preso, valutare il popolo ai danni del singolo può portare all’errore del caso particolare che conferma la regola ma che deve essere tutelato. Oppure rinunciamo a tutti i celebri compositori russi del secolo scorso. Dicevo, allora perchè non facciamo fuori tutti quelli che hanno dello sporco sotto al letto? Non perchè allora ne rimangono pochi, così pochi che le gare hanno già il podio assegnato. I cinema tre film in tutto.
LikeLike
Ohibò, non capisco come sei riuscito a fiutare un prossimo post sul tema la responsabilità dell’arte, ma tant’è arriverà. Qui si è stati a un film ottimo, politico evidentemente ma, si badi, forse ho scordato di dirlo, che illustra soltanto un caso diciamo per così dire di omissione di soccorso a seguito di strage stradale con triplice omicidio finale. Sia la prima che l’ultimo commessi dall’esercito di Israele. In ciò c’è la condanna ma sia chiaro che chiunque può affermare che non si tratti di pulizia etnica ma di derattizzazione, come a volte i nazi chiamavano le loro operazioni. Ciò detto, ripeto che parlare di questo film coincide con un tacito invito a vederlo. Poi uno ci va e si annoia a suo piacimento : trattandosi di una variante intensa, specifica, molto densa delle Voix humaine di Cocteau, e col morto. Quanto alla tua nota, Azsomusic, non commento perché per l’appunto mi riservo di dritto di pubblicare sul tema tra un po’. Anticipo che non sono d’accordo e non si tratta di non suonare Ciaikosky o la musica tedesca come in Inghilterra dopo la WW2 o Wagner, come in Israele. Nessuno sano di mente imputerebbe a un morto relazioni con Putin o Netagnau. Ma immaginare una neutralità dell’artista e dell’arte, nel suo tempo, no, non esiste.L’ho sempre affermato e sempre dimostrato. Pirandello chiese la tessera del PNF a Mussolini, e fu fascista, per comodo? Perché? Non lo so.(Un saggio Pirandello fascista, esiste e me ne sono sempre disinteressato) Oggi boicottarlo sarebbe stolto ma ricordarlo e dirlo, no. Il contrario fu Toscanini che se ne andò dall’Italia. Attenzione però a quel che si dice. Alle parole che si usano. Boicottare Israele dico io, da un sacco di tempo, è doveroso, non boicottare gli ebrei. Israele è un nonsense e un’appropriazione indebita. Fu ottenuta con la violenza e difesa con la violenza. Da entrambe le fazioni in gioco. Questa è storia ridotta all’osso. Chi difende Israele è vittima, di un caso di presbiopia razziale e razzista, suprematista, del genere, “ahó che bbravi ‘st’ebbrei che gn’hanno portato li vigneti de Rotschild, e vinificato ni’ deserto mentre guarda quell’arabi dde merda, fosse per loro, il ciuccio e l’aratro a chiodo e poi porelli dopo tutto quello che gn’hanno fatto”. Discorsi che ho sentito fare in passato e nel presente a giustificare un supposto diritto, divino sine qua non, a prendersi la terra che volevano come compensazione dei torti e delle cattiverie subite, quasi sempre, si noti tranne a Varsvia durante la guerra, senza muovere un dito per difendersi. Quindi dopo avere subito tanto esisterebbe un diritto alla vendetta, in parte retroattiva in parte attiva. Della prima i palestinesi non sono responsabili, della seconda sì nella misura in cui le loro sciocche e criminali reazioni sono tuttavia il frutto di una continua condotta vessatoria da parte di Israele, che adesso si sta vendicando nella misura di uno a tremila se il rapporto non è mutatao. Si dice, ” eh ma i palestinesi non vogliono Israle”. Esatto, non lo vogliono. Con che diritto è da discutere ( c’èramo prima noi prima voi, prima i romani o i cartaginesi, i veneziani o i montenegrini, l’Austria o la Lombardia, Alto Adige o Sud Tirolo – i praticelli dei bovi sono miei miei miei grida esasperato Lomov in “Una domanda di matrimonio” di Cechov – )ed è per questo che la soluzione salomonica dei due stati sarebbe stata la migliore. Soluzione cui Israele è evidente che sta tagliando la testa. Il resto nella prossima puntata.
Grato per l’attenzione
LikeLike