Oh Mamma andiamo via, quel signore mi fa paura

Allora, l’unica domanda di cui conoscevo la risposta me la sono fatta e appunto ha vinto l’innominabile dalla cravatta rossa che gli penzola sulle balle.
Questa clip da Bananas di Woody Allen, a mio intendere esemplifica e sintetizza molto bene la situazione in de cuius. L’analisi la fa l’articolo del NYT che ti allego in link e che magari non è fonte di verità – di questa sono malsani portatori solo certi briganti – però mi pare l’articolo sia almeno un possibile mezzo interpretativo di cose su cui, lo sai l’ho scritto e riscritto qui, non sono in grado di dire perché non è il mio mestiere, e guarda guarda nemmeno una mia abilità quella di interpretare gli évènements in atto o attuati o in cucina. Qui al solito esprimo qualche dubbio, delle preoccupazioni e sostanziali perplessità feline. Sai quando i gatti guardano un che e fanno un gesto di fastidio – fastìdi in milanese vale di più secondo me – perché tu non capisci niente ma loro ehhh, caro mio dà retta, che loro sanno prima di te dove sta il tinto, il mariuolo, il malamente. Spiace se il tono qui non è di preciso quello dell’indifferente.
Ho visto giorni fa un quarto d’ora non di più della serie Alex Cross, serie che viene data per buona dalla rubrica settimanale del Post, Dicono che è bello, rubrica in cui Nicola Niello divaga, forse guarda poco quel che consiglia o prima di consigliare si snasa un cincinìno di protossido di azoto. Ma vabbè, insomma questo Cross dopo 13 minuti mi avea, anzi ci aveva seccato abbastanza : trattasi del consueto poliziotto, dell’inconsueto afroamericano, guai a dirlo negro o Vera Gheno, sai, la linguista mi si incazza, il consueto campionario di dirigenti fetenti e di saluti tribali tra afri …mannaja la santa vinedda ma non si stufano, mi domando, a fare pugno-carta-forbice ogni volta che si incontrano , non si accorgono di essere cliché viventi… non so… va bene lo stesso la seria è inconsistente, il personaggio inconsistente, tutto non sta in piedi ma sta in piedi una fotografia desolante e perciò stesso irritante del com’è, anzi cos’è l’america –attenzione ché in ogni film che vediamo, turco, svizzero o spagnolo, c’è una proiezione e una traduzione (iper)realistica del reale – e di quell’america uffa che palle, non se ne può più, anni di propaganda, hanno votato e ora cazzi loro. Alla fine ti rendi conto avvicinando mentalmente video delle folle in estasi e video di intrattenimento come Cross che non c’è differenza che l’America è un cliché, abitata da cliché di sé stessi. Gli italiani poveri cuori, non riescono ad esserlo, il cliché di mari, soli e mandolini. Per nostra fortuna siamo peggio ed esuliamo dai cliché, perché ormai la realtà è più forte della pubblicità. In conclusione, con Cross ho spezzato la catena di Amazon Prime e via su Netflix dove invece è in programma un bellissimo lavoro in otto x 30 minuti : inspira espira uccidi, Achtsam Morden in originale e più bellino, sta per : uccidere consapevole. Recitato benissimo, scrittura e congegno drammaturgico olimpico , un classico consapevole del delizioso, storico, Galgehumor tedesco, l’umorismo da forca. Chissà meglio di una madeleine.
Intanto un amico caro s’è preso la briga di mandarmi da Torino alle una dopo mezzanotte di domenica questa vignetta che di sicuro ha trovato in rete o che gli ha mandato qualcuno. Vige l’uso di distribuire vignette come santini consolatori : di un dramma in essere si fa il santino di preciso come si fa il santino di santa lucia con gl’occhi di fuori. Ammonisce, consola. E soprattutto tiene il focus on. Succedeva, ti ricordi, con Berlusconi e adesso tocca al campionario di governo italico : tutti santini. E del santino qui, guarda, il décor sì va benone ma non mi pare che i bel proverbio gli si attagli. Pur tuttavia…
pur tuttavia concludo: benché da piccino non leggessi un gran che i fumetti dell’Uomo mascherato, di quei fumetti ricordo lo stile pittorico esagerato, i volti dementi, tutto quello che poi nei film hanno travasato con esattezza barocca. Ora, più guardo le facce dell’esecutivo americano, perché è l’antropologia che conta, il suo campionario lombrosiano, mi permetto di dire, di capelli asfaltati, cotonati, in erezione permanente, di volti allucinati e di mascelloni e di ghiglie, come le chiamava Totò, di psicopatici alla direzione manicomi, più vedo Gotham City realizzata. Del resto la noiosa serie The Penguin va in onda su quest’onda. L’intenzione politica mi interessa poco, la si sa. Fascia o no, il termine fascista è riduttivo e ripeto, cazzi loro. Ma cazzi nostri se qui in Europa non si farà altro che leccare il culo sporco ( per mancanza di bidet) di coloro. Dopo faccetta nera, signora mia, lingua nera.
https://www.mymovies.it/film/2024/berlinguer-la-grande-ambizione/
Quando fu come fu fui iscritto al PCI. Agli sgoccioli, poco prima dell’annacquamento nello stagno di Pds e poi Pd. Mi iscrissi per sdegno, indignazione per quello che vedevo fare ogni giorno o quasi dai socialisti di Craxi in Rai dove lavoravo con qualche assiduità come indipendente. (ricordo la Peugeot 404 verde bottiglia parcheggiata senza ritegno nell’area riservata VVFF, auto di una bella figlia di primario socialista e che in Rai lavorava a fare non so che, nemmeno lei lo sapeva sono sicuro ma certo se ne vantava ; tutte le volte prendeva una sassata di multa ma nessuno le trainava via l’auto) In Rai si lavorava, a prescindere, a condizione di avere protezioni o non averne come me. L’indipendenza costava : io facevo quasi esclusivamente il lavoro sporco o forse no, quello da bella lavanderina. Mi iscrissi perché non era più il momento, il paese andava male – guarda un po’ – la Rai andava male, il PC non trainava e anzi Milano da bere e Giulietto Chiesa. Ricordo con piacere il momento in cui andando a firmare in amministrazione un contrattino ino ino, la capufficio, la Bianca, se non ricordo male il nome, un donnone di alcune metri, grandi occhiali da professoressa e capelli pettinati a torre di babele, la Bianca mi accolse con un grande sorriso, Ho saputo che sei con noi proprio adesso, posso abbracciarti. Ci abbracciammo e le spiegai alle corte che sì mi ero iscritto proprio-adesso-che e perché ; mi ascoltò a un passo dall’estasi d’amore. Poi dal partito me ne andai, non peraltro ma per cattivo carattere, fatico ad appartenere, perché stare in un’organizzazione che sia il circolo del ping pong o il partito degli indignati mi dà uggia e infatti credo nella mia vita di essere più che entrato, uscito. Tranne dalla CGIL cui tuttora… Allora comunque ero troppo signorino per apprezzare Berlinguer – tutto ‘sto popolo – amavo senza ragione i radicali, mi dichiaravo anarchico, pure… un mio collega, bravissimo, mi disse, ma come fai a non votare PCI, radicale (detto con fastidio) un intellettuale organico come te deve. Gli risposi scherzando che organico sì, non minerale. Ma non apprezzò. Insomma fino a quando non decisi di entrare nel PCI preferivo starne diciamo a sinistra ed essere critico, criticissimo, tra l’altro con il compromesso storico che allora mi sembrò una storica boiata. Poi capì, ma poi. Si capisce bene nel film Berlinguer-la grande ambizione la portata storica delle posizioni e dell’idea di Berlinguer e della sua classe dirigente. La portata la capì bene chi fece assassinare Moro troncando il processo che avrebbe portato il PCI nel governo. Non ne sono sicuro ma è probabile che avrebbe salvato un paese che invece fu affondato. Lo avrebbe ammodernato e spedito nel XXI secolo e in una orbita di civiltà che oggi… santo cielo… La Russa presidente della Camera e i compagni ai comizi di Salvini. Oggi meloni, domani fichi d’india.
Queste le considerazione che ho fatto guardando Berlinguer, il film di Andrea Segre. Per ridere mi sono detto, e adesso andiamo a iscriverci al piccì eh già, ma dov’è, gugghela l’indirizzo che non c’è ah bè sì bè. Con mia moglie e altri esseri di pari o vicina età, siamo usciti dalla proiezione in lacrime. Ognuno per i suoi motivi. Noi le nostre lacrime di sicuro da consapevoli dell’occasione perduta, del fatto che avremmo certo dovuto fare di più, non so come potendo, intanto capendo che Berlinguer offrì l’occasione e le idee.
Il film di Segre dunque viaggia su due piani complementari. Uno storico, documentario e critico. Può darsi che chi ne sa più di me trovi delle lacune al film : vecchi dirigenti di quel PCI di allora, qualche sopravvissuto. L’altra cinematografico. Allora Segre asso pigliatutto fa un film, inutile dilungarsi, scritto da dio, montato da dio, inquadrato da dio, dialogato da dio, recitato da tutti da dio (non lui quello in excelsis), un film che io dico perfetto, come che so, Le mani sulla città o Una vita difficile. Usa benissimo tra l’altro il materiale di repertorio, il Segre, con molta sagacia drammaturgica ; lo usa come Brecht voleva i suoi cartelli, didascalie ; spesso di pochi fotogrammi, ma inseriti alla perfezione nella tessitura. Chi c’era ricorda. Chi non c’era di sicuro si domanda. È così e così la vita deve andare avanti, dice Berlinguer in una scena. Andare a vedere.
Poscritto. Per l’Europa, anzi per il mondo si aggira non un fantasma ma una masnada di delinquenti. Si è visto a Valencia ieri, si vede in Germania, in Inghilterra e nemmeno dirlo in Francia….poi ci sono le orde dell’est e l’America che, non ho la sfera di cristallo ma mi pare ovvio che vinca Tramp e proprio per così com’è ; perché è così come plasmato dalla sua folla che ha sostituito qualsiasi ipotesi di popolo. Amen. Vorrei essermi sbagliato mercoledì, domani ascolterò la diretta de Il Post, con la stessa serenità di chi va a un’interrogazione sapendo poco e niente. Verrà bocciato salvo il caso voglia che gli sia posta un’unica domanda di cui conosce la risposta e il professore non indaghi oltre.
Lo sai bene, mi occupo di parole e le uso con la massima precisione possibile, senza per questo essere un parolaio ; amo quindi lessici e vocabolari, e dunque guarda qua cosa dice lo Zingarelli edizione 2025 :
si–ca–rio
sicario/siˈkarjo/
[dal lat. sicāriu(m) ‘assassino’, da sīca ‘pugnale’ ☼av. 1483]
☞Flessione☞Sinonimi
s. m. (f. -ia)
❖chi uccide o commette azioni delittuose per mandato altrui
Anche Francesco Costa stamane nella rassegna stampa quotidiana di Morning ( il Post n.d.r.) ha detto di quando il Papa straparla. Ma non credo che madame Santità (“finisce in à, ehggià è femmina”-Totò-Miseria e nobiltà) abbia straparlato quando per aria, e par avion, ha de fi ni to sicari i medici che praticano l’aborto. Non ha specificato chi sarebbero mandanti e mandati ma non ci vuole una fantasia esaltata per arrivarci. Come ognun sa le parole non sono vittime del caso, definiscono anche quando non sembra che lo vogliano fare. Anche quando fluttuano nella nuvola di accezioni e significanti del parlato. L’inconscio parla benissimo. La luna assomiglia alla luna e basta, dice Erodiade a Erode in Salomé di Wilde e quindi si escluda il qui pro quo con lo spagnolo materno, della Santità, il cui vocabolario della Real Academia Española non suscita dubbi o finezze
Del lat. sicarius
1. m. y f. Asesino, a salariado.
Allora fece bene il governo belga a convocare il Nunzio, non si escluda apostolico, e protestare per sentirsi dare del mandante e non le ha mandate a dire ( il governo italico tace e acconsenziente) Lo stesso pare abbiano fatto alcuni ordini dei medici italici e l’associazione dei ginecologi. Lo hanno fatto sondando il proprio inconscio cattolico e quindi alla protesta per l’insulto ( in fondo madame Santità ha dato loro degli stronzi) hanno premesso gli auspici di benedizioni e pateravegloria, anche a nome dunque dei tra di loro carbonari, protestanti, atei, mangiatonache e turbanti. Hanno sfoderato l’armamentario dei leccaculi. Propensione questa diffusissima e transrettale. Fossi una donna a un ginecologo preferirei un cinecologo. Che almeno per i cani avrebbe maggiore rispetto. E sempre.
Non voglio entrare nel merito delle ineffabili e fascistissime levate di ingegno di questo fascistissimo governo di bifolchi e teppisti e quindi mi limito a citare un grande :
Per come la vedo io uno che non sa capire la differenza tra stuprare e ammazzare la gente e masticare la gomma in classe è messo molto peggio di me. Cormac McCarthy – Non è un paese per vecchi –Einaudi, 2005, pag 159
Amen ( che non si dica)
Racconto un eSIpodio tratto da un qualche telegiornale ai tempi del cosiddetto default della Grecia e degli scontri nelle piazze tra polizie catafratte ; ai tempi mi venne da osservare che sì i paesi vanno al fallimento, le polizie no. Ma ‘sticazzi. Ebbene del video di una folla che si scaglia contro i cancelli chiusi del Parlamento, catturai in un vidìri e svidìri i fotogrammi di uno studente che galoppava alla carica brandendo alto nel cielo il proprio cellulare ; gli scappava di mano ; lo studente si fermava, tornava indietro di pochi passi, si chinava tra le gambe in corsa, recuperava il cellulare e poi via di nuovo all’assalto. Azsumusic lo avrai incontrato tra i commenti se li leggi. Se non li leggi peggio per te perché spesso mi sembrano più densi o, per essere più precisi, più intriganti e conclusivi dei posts originali ( di conclusivo peraltro qui no c’è mai nulla). Sull’ultimo, Azsumusic ha scritto un commento che qui riporto per intero, senza correzioni per non fargli torto, e cui io ho già replicato col raccontino qui sopra. Azsumusic :
«Nessuno racconta più l’epoca in cui si vive, l’oggi. Vedi i film, si intestardiscono su eventi remoti ma per quanto interessanti sono censura. Altro che dopoguerra, dove il neorealismo era denuncia. Oggi per cosa si strilla? Ci si lamenta per quello che problema non è o, se lo è, è di nicchia. Prendi la storia di 70 anni fa, fanne un inno da centro sociale e fa credere alle masse di essere ora come allora. Fa niente se poi le cose non stanno proprio così, intanto ti ho rifilato il mio giornaletto oltranzista. Così mica mi si può di non aver fatto politica col cinema. Lo disse Volontè: il cinema è sempre politico. I critici che dicono l’opposto mentono. Quindi, nel 2024, la politica del film in effetti c’è ma non serve. Non serve a nessuno perchè non serve nessuno. Si tratta il sepolto senza diritto di replica. Per cui, scordiamoci la commedia all’italiana, amici miei. I tempi sono cambiati: alle nuove generazioni sta bene avere due quattrini e spenderli in viaggietti trogloditi e cene pacchiane. Guardali, i mona: vanno a Cipro, fanno overdose quotidiana di sushi, lo stesso di cui si fanno pure a Milano, ma non sanno che in Giappone quel piatto è tipico dei giorni di festa. Giappominchia, li chiamano. Queste nuove leve vivono solo di quel che gli rifila il consumismo del presente, prima con la tv e ora con l’internet. Umberto E. lo disse: il Web, più che la tv, è utile per i colti ma è la rovina degli stolti Un fatto generazionale: i Z e forse pure i Millennials stanno troppo bene. Con i genitori imborghesiti, aspettano di ereditare la casa della nonnetta per evitare di risparmiare. Poi si stupiscono se la vecchia lascia tutto alla filippina, dopo che sono andati a trovare la madre della loro madre tre volte in vent’anni. Insomma, cosa può denunciare uno che sta bene? Il cane del vicino che abbaia? Quando questi giovani saranno abbastanza vetusti e non avranno forze per alzare pacchi, arrancando tra malattie, sanità privata e sussidi indecenti, si sveglieranno. Si sveglieranno quando staranno per addormentarsi per sempre, devastati dal rimorso di non aver fatto abbastanza per i genitori, tutti presi dalle loro vite disastrate tra divorzi, tradimenti e figli ribelli. Ma quel che conta è l’odierno e quello gli basta. Si bastano. Il cinema è solo la loro conseguenza.»
Credo che Azsumusic abbia fatto centro. L’arte contemporanea, nello specifico il cinema certo, che è un’arte a metà presa com’è tra gli opposti estremismi del collettivismo di mercato e dell’egotismo autorale, intende arte qualsiasi indugiare e indulgere sul nulla ; che intende riflessione ( anzi come dicono certi critici cattolici , l’interrogarsi che dopo secoli di ipse dixit è cool). Cerco di spiegarmi e resto, visto il precedente post, sul tema guerra, grande. Monicelli ai suoi tempi de La grande guerra sono sicuro che aveva in mente solo due cose, mettere insieme due attori agli angoli opposti e raccontare una storia che sfottesse la retorica risorgimentale. Una goliardata intelligente. Questo sì ; la riflessione spettava come spetta sempre al pubblico, se vuole, e che allora premiò il film per i ben recitanti attori (allora si usava recitare) e non per i primi piani con cui, se Monicelli fosse stato un fesso, avrebbe voluto far intendere che stava riflettendo, lui, su qualche tema grandioso. Monicelli non ha mai preteso di essere Tolstoj ( che nella sua opera se mai si riflettava) e per questo motivo sostanziale, nei limiti della sua arte riuscì a ritagliarsi un ruolo nell’arte. La grande guerra si può intendere come un Guerra e Pace in tono minore, ma non per questo in tono stonato come è Il campo di battaglia de cuius. E con ciò chiudo lo svoglimento del tema non andate a vederlo il film di Amelio. Ma per non disgustarvi di uno che qualche film buono ha combinato.
Azsumusic articola bene il suo pensiero in campo estetico che è il campo in cui anch’io sguazzo con altri boomers, da un bel pezzo. In sintesi postillo : che oggi non si racconta nulla perché non si ha nulla da perdere, ché non si vuole perdere nulla, se non si ha già perso tutto. Il discorso non so quanto pertenga all’ambito di questo paese, che dall’antica grandezza è cascato e non in piedi ma nessuno glielo sta dicendo ; anzi vi ci si premia come antidoto all’arte. Insomma oggi letteratura o cinema è premi strega o premi speciali delle giurie, e soprattutto sorrisi e red carpets ovvero faccio la rivoluzione nel mio monolocale ma domani non voglio perdere il mio cellulare bensì cambiarlo. Insomma siamo tutti SUVvizzeri, tutti a posto con i pranzi della domenica e con la celebre battuta di Orson Welles nel film di Red The third man ( Il terzo uomo) : « Italy for thirty years under the Borgias, they had warfare, terror, murder, and bloodshed, but they produced Michelangelo, Leonardo da Vinci, and the Renaissance. In Switzerland, they had brotherly love, they had five hundred years of democracy and peace, and what did that produce? The cuckoo clock ». Un tempo mi pare che arte fosse sinonimo di perdizione, non nel senso di sregolatezza come hanno inteso i salotti ottocento, ma di sparire per regola, annientarsi addirittura, pensa a Schumann, Nietzsche e persino a Bach che a scrivere fughe perse la vista, e a tutto vantaggio dell’opera, la cui fama non era in nessun caso un obbiettivo, ma un accidente, pensa a Poe e, al contrario a Jack London, ma pensa anche a Lovecraft. E infine agli anonimi costruttori di cattedrali.
In un libro pastiche, Il mattino. dei maghi (Jacques Bergier e Louis Pauwels-Mondadori, 1974 ) lessi nel mio cenozoico personale una frase che mi è rimasta impressa e che suona circa così : non si guadagna nulla se non si perde qualcosa. Scritta da un ingegnere (Bergier) questa frase ha un senso concreto. Pensa all’entropia ma pensa a Caravaggio o Céline. Non si guadagna se non ci si condanna a non esserci, a scomparire, ad andarsene ; guarda a Salinger o McCarthy. Meglio di tutto è non apparire proprio. Allora dal buio capita ai più fortunati e dotati di rivelarsi. Capita. Ma non è detto.