Una cosa attira l’altra e le due dame passeggiano per comprare e per passeggiare, perché questo è il loro lavoro. Esse passeggiano e si dondolano a tempo con le belle borsine piene dei loro desideri acquisiti, arrancano sotto il peso dei loro importanti deretani, deretani in seduta plenaria, e intanto regolano il mondo come dev’essere da oggi a domani per l’eternità. Non ci arriveranno, lo sanno ma se ne dimenticano e sincronizzano il mondo su una loro idea di senza tempo, parziale e ottuagenaria.
Così risulta che preferisce il sussidio invece di cercarsi un lavoro qualunque, dice la più pesante e più bassa di statura delle due alla compare; chi dovrebbe cercarsi un lavoro qualunque non si sa, ma si intuisce dalla declinazione spregiativa di sussidio, lavoro e qualunque, essere qualcuno che a Madame dovrebbe fare il piacere di cercarselo quel lavoro qualunque, un lavoro senza storia dunque e senz’altra motivazione che non sia quella di smetterla di minacciare il paesaggio di Madame il cui lavoro di comprare e passeggiare non dovrebbe essere sciupato da persone che non si cercano un lavoro qualunque, alle quattro del pomeriggio. Se poi spaccasse una vetrina, questo qualcuno e qualunque, madame non ci si potrebbe specchiare più e forse perderebbe il senso dell’orientamento e dell’identità e della sua eternità. Sarebbe un peccato non potersi specchiare a ottant’anni nella stessa vetrina, in carrozzina. Spinta da qualcuno che ha trovato un lavoro qualunque.
Madame promène son cul sur les remparts de Varsovie/Madame promène son coeur sur les ringards de sa folie…Tandis que moi tous les soirs/Je suis vestiaire à l’Alcazar
Jacques Brel_Les remparts de Varsovie_1977