Corpi e carni

Chiedo perdono per le eventuali e volonterose sciocchezze del discorso che segue. Ogni tanto mi capita di essere emotivo nel leggere le statistiche e mi viene in mente qualcuno che ho sentito parlare; una psicoanalista, anziana, intelligente; molto brillante; una donna, giuliana kantzà. Diceva, il ricordo è sommario e mi scuso con la signora, che il nazismo ha stabilito per sempre e in modo inequivocabile il superamento del confine tra corpo e carne. Il corpo è un’integrità, anche nel dolore, la carne si può mostrare, denudare, trattare, macellare a piacere; la pornografia non vede corpi ma, di solito, parti di un discorso senza attinenza l’una con l’altra; un pene, una vulva, uno scroto, più scroti, clitoridi, meati assortiti. Il nazismo ha aperto la finestra ed è entrata una folata pornografica di membri. Ma che dire degli auto da fè; della tortura in genere. C’è una fissazione, non so se si possa dire psicotica per quanto bella e minacciosa suoni la parola chissà, un’ossessione per la parte senza attinenza con il tutto, il corpo. Una negazione della sintassi in altro modo. Del resto la tortura, l’internamento, hanno lo scopo precipuo di privare del corpo, dell’integrità, la macelleria del maiale insegna. Noi carnivori lo vediamo in fondo e non molto in fondo sub specie lonzae aut lombatinae aut braciolae. Lo scempio del cadavere, che è un’abitudine umana, indica mi pare questo desiderio, di spezzare, smembrare. Un tempo si faceva buon uso dello squartamento. I nazisti hanno sistematizzato la cosa e occorre prenderne atto o, direbbe qualcuno, rendere loro il merito di aver fatto chiarezza se non clinica, fenomenologica nel campo del campo. Certo ma la strada era stata tracciata nel tempo.

Il senso del discorso era questo, voglio dire così come l’ho capito io che ho aggiunto qualche riflessione in più. La verità dello stesso è verificabile sì e no. Si resta mi pare nell’ambito delle opinioni o degli atti poetici. O delle interpretazioni. Butto un occhio, non per sapere, ma per trovare conferma, sui nomi e sulle modalità con cui da ultimo sono state uccise o aggredite delle donne. La società per bene trova confortante pensare di essere diversa, di non essere assassina e gode nell’indire le giornate per dire  stop a qualcosa, alle guerre piuttosto che al consumo indiscriminato di lampadine. Non conosco le statistiche contrarie. Quante donne bruciano vivo il proprio convivente, non lo so. Sospetto però che possa non avvenire. Sospetto che esista una specifica voluttà, de sade dopotutto fu un maschio, nel far fuori o anche semplicemente infierire senza uccidere, o uccidere e infierire, violentare in una parola, una donna. Che dire però dei bambini, persino in culla, che dire dei giovani usati da sempre dagli anziani come strumenti di guerra. 2500 giovani marinai che affogano mentre l’anziano ammiraglio dal bel volto nipponico osserva con serenità zen. Sto citando uno dei tanti episodi della seconda guerra mondiale. C’è un gusto per la morte che sorprende per l’oggetto prescelto pare. Ricorda le ordalie che i topi o i criceti fanno dei propri cuccioli. Di quali significati sono carichi i corpi delle donne per farne sistematico bersaglio non so. Non conosco la risposta. La domanda fa rabbrividire.

About dascola

P.E.G. D’Ascola ha insegnato per 35 anni recitazione al Conservatorio di Milano. Ha scritto e adattato moltissimi lavori per la scena e per la radio e opere con musica allestite al Conservatorio di Milano: "Le rovine di Violetta", "Idillio d’amore tra pastori", riscrittura di "Beggar’s opera"di John Gay, "Auto sacramental" e "Il Circo delle fanciulle". Sue due raccolte di racconti, "Bambino Arturo e il suo vofabulario immaginario"" e "I 25 racconti della signorina Conti", i romanzi "Cecchelin e Cyrano" e "Assedio ed Esilio", tradotto questo anche in spagnolo da "Orizzonte atlantico". Nella rivista "Gli amanti dei libri" occupa da molti anni lo spazio quindicinale di racconti essenziali, "L’ElzeMìro".
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