Non ho mai avuto simpatia per gli egiziani. Intendo quelli vecchi, là, fuori di mano**, ad aspettare il limo del Nilo e a tirar su megaliti grazie a una moltitudine asservita al ghiribizzo di geometri con l’istinto e il potere di Speer***. Non dissimili, coloro, da quei geometri cui fu dato il potere, per esempio in Italia, di tirare su casette in stile distributore di benzina e fino al primo piano, con tapparelle crick crock, cemento a vista e alluminii anodizzati là dove per secoli si era costruito con il legno e il granito e a misura di Pitz. Non ho mai avuto simpatia per gli egiziani e, fin dalla più tenera età, a sentirne cantare le lodi di gran civiltà mi sono sempre stizzito e volontariamente zittito; non sta bene incrinare il coperchio al vaso di Pandora del turismo. Civiltà di morti in vita, sì certo, civiltà fondata con grande anticipo sul cristianesimo, su un mitologèma cadaverico. Civiltà dunque plasmata dai fondatori e dai propagandisti del mito stesso. Una casta di preti possenti come stivali delle sette leghe. No, mi dispiace per gli egittologhi e per l’ufficio del pittoresco egiziaco, ma quei loro dèi d’Egitto di basalto mi fan paura quanto una vecchia strega in burqa, anche e soprattutto se non posso vedere che cosa c’è sotto. In generale non apprezzo la morte, tranne in casi rari, quella di persone pericolose e odiose per esempio e mi dispiace per Gesù, unico fra gli dèi ad essere raffigurato sempre morto -dunque Nietzsche aveva ragione- almeno da dopo il medioevo che lo mostrava invece impassibile e iconico anche lassù attaccato alla sua croce. Sono andato con grande curiosità dunque a visitare il sito archeologico delle incisioni rupestri di Grosio in Valtellina. Sono recenti, in termini cosmici. Tra i 6.000 e i 4.000 anni fa i più antichi, i più moderni risalenti all’età del ferro che, nel Nord d’Europa, si situa intorno all’VIII secolo antechristo. Cioè coevi primitivi, poco più poco meno, dei nostri egiziani piramidòfori. Ma al contrario di costoro, lassù in Valtellina niente piramidi. E per un bel po’ niente preti, i quali si rivalsero più tardi, installandosi a dominar le valli dall’alto di chiese fastose quanto incombenti e disseminate come se da esse o per esse venissero su il grano e le patate. E la gente giù in ginocchio. Su un pietrone simile al dorso di una balena enorme, centinaia di semplici incisioni fatte a bulino o scalpello non da schiavi ma da uomini liberi di fare i loro disegnini nella roccia, di farsi testimoni e attori della loro umanità bambina. Le incisioni sono identiche a quanto ricordo dei disegni infantili: uno stecchino per in su, due stecchini per in giù con altri due ancora congiunti a squadra, e due stecchini aperti per aria. Al centro un buco per simulare una testa e il tutto simboleggia, e che sia simbolo è evidente dalla mancanza che definisce il simbolo, mancano muscoli, torniture, e lo stecchino non può rivaleggiare con uno scheletro in buona forma; si capisce insomma che gli otto tratti scolpiti significano un bipede umano, mentre altri messi di profilo indicano esseri umani forse in ginocchio. Guerrieri e fedeli dicono le guide che si attengono con buona probabilità alla divisione fondamentale dell’umanità in servi e padroni. Chi lo sa. Non so perché il tratto infantile dei segni mi ha risvegliato il paragone con i signori potenti del Nilo, tutti finiti a far sabbia del loro fiume dopo avere signoreggiato per millenni sui loro profili occhiuti e tettuti. E mi ha ispirato un’istintiva simpatia per quei piccoli montanari adattati all’impero delle Alpi, vere dominatrici esse, con i loro ghiacciai, le foreste, i ricchi torrenti e i campi dove era facile coltivare qualcosa senza disturbare nessuno con conquiste, dove vivere in armonia con esse non fu mai facile ma possibile. L’evoluzione ha tempi differenti per luoghi e modi differenti, lo si sa. Anzi fa il suo tempo dove le pare. Vivano i graffitari, abbasso die Tausendjährigen Reiche***
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Geniale, semplicemente.
Un autentico Grazie.
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Pensa che tutta questa genialità è profusa a riposo, immagina quando sono in servizio. Ah aha.
Grazie a te. Abbracci. P.
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Ho dunque scoperto, mio caro amico, un’ulteriore affinità tra di noi: la scarsa simpatia per gli Egizi, per il loro culto del morire, per la loro arte gelida, per il loro troppo lungo durare che ne rende difficoltosa la comprensione. Anche a loro confronto ‘i Greci risplendono più che mai’ (Nietzsche, Frammenti postumi 1884, 26[43]).
In questo tuo testo è incastonata una frase antropologicamente esatta e che più di interi trattati spiega che cosa il cristianesimo sia: “E mi dispiace per Gesù, unico fra gli dèi ad essere raffigurato sempre morto”.
Ho riso. Di un riso intellettuale e partecipe.
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i Greci risplendono più che mai
E più mi passa il tempo e più me ne rendo conto.
Quanto alla frase antropologicamente esatta, amico caro, mi è uscita dall’osservazione ultima dopo tante e tante, in Toscana, della nostra immensa pittura.E allora a ridere ci rimettevi la pelle. Tu che hai orecchie per intendere…
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Nel condividere pienamente lo spirito che muove le tue credenze antiche, (Compresa quella bella madia fine 800)… ti rammento che oggi la chiusura dell’Istituto è alle 18.00 anzichè alle 18.30. Quindi devi sbrigarti se non vuoi perdere alle 18.30 la minestrina col semolino. Inviato dal mio dispositivo Samsung
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Bimbo bicchero, anzi no, bucchero. Abbracci
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