L’amico Taschera, musico e navigatore ma non santo, uomo dalla vista lunga, di genio sin dal nome o, non saprei dire, forse a dispetto del nome stesso, Leonardo, mi autorizza a pubblicare questa notarella che mi ha inviato a conclusione di un breve scambio di vedute ma non del ramo del lago di Como che volge a mezzogiorno, bensì sulla vessante contingenza paesana. Con qualche differenza di opinione che non riporto per lasciargli libero lo spazio di ospite, di quanto mi ha scritto trovo acuta la percezione e acuto il sarcasmo con cui conclude. Forse qualcuno avrà piacere di leggerlo. Cordialità D’Ascola
Sono d’accordo con Di Maio quando dice che non si capisce l’urgenza di cambiare una legge elettorale che andava bene a Renzi e al PD prima del referendum e adesso non più, visto che il referendum è stato perso. Così come è sospetto che la sentenza della Consulta venga resa nota solo il 24 gennaio quando Mattarella, col suo potere di moral suasion, poteva benissimo far accelerare i tempi della sua pubblicazione. Stante quindi che ai livelli politici alti si vuole arrivare alla fine naturale della legislatura, contro il palese verdetto del voto popolare, rimane però l’oggettivo problema di una non chiara o quanto meno esplicita visione di governo da parte delle forze di opposizione, a prescindere comunque dai loro conflitti interni. Abbandonato il PD al suo destino segnato dall’insanabile conflitto tra maggioranza e minoranza – che ha un comportamento non dissimile da quello dall’adolescente che contesta l’autorità genitoriale ma non ha il coraggio di abbandonarne la funzione protettiva – abbiamo un continuo ondivagare dei rapporti tra Lega, Fratelli d’Italia, Ala, Forza Italia, che non si capisce dove possa condurre – al di là della mia insofferenza nei confronti di Salvini, Meloni, Verdini e Berlusconi, per quanto riconosca la fondatezza di alcune delle loro istanze. Guardo con interesse al M5S, che però non mi sembra abbia un programma di governo né un sicuro candidato premier. Anzi, a sentire Fico, il concetto di premier è superato, ed è necessario secondo lui pensare a una struttura di governo tipo rete, ma non si capisce in concreto cosa voglia dire. Direi quindi che, avatar o non avatar di Renzi, una pausa di sei/otto mesi libera da una competizione elettorale, di cui forse il paese è stanco e che avrebbe come unico scopo la conquista del potere senza un preciso programma di governo, darebbe il tempo alle forze politiche, maggioranza e opposizioni, di chiarirsi e, soprattutto, chiarirci le idee. Sono compiaciuto dell’evidente cupio dissolvi del PD di Renzi. Non solo infatti il buon Gentiloni è l’avatar del toscanaccio, ma tutta la compagine governativa; e se si voleva incoraggiare il fronte del no a consolidare la sua valenza politica in vista delle prossime elezioni non si poteva fare meglio. Suggerirei comunque a Gentiloni di integrare la sua formazione musicale – che, presumibilmente, è ferma all’educazione musicale di cui ha goduto alla Scuola Media – con la lettura di qualche trattatelo sulle prassi esecutive barocche. Nella trattatistica dell’epoca gli autori, dopo avere illustrato le regole delle varie prassi, concludono concordemente con l’affermare che l’ultima decisione – relativamente alla scelta esecutiva – deve essere dettata dal buon gusto, qualità che, evidentemente, manca al nostro, ma, debbo dire, anche al suo sponsor. D’altronde, manzonianamente parlando, Uno il gusto non se lo può dare. Leonardo Taschera
Esattamente!
(Replico non a caso con un avverbio che il mio indimenticabile e unico maestro Taschera utilizzava spesso).
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Davo per scontato – e lo scodinzolamento di Renzi nei confronti di Confindustria, Alta finanza & Company (era sui quotidiani di tiratura nazionale la notizia della cena del nostro a casa di Francesco Micheli a Milano) ne è un significativo segnale – che da tempo il PD e la sinistra non solo italiana (vedi Clinton e Blair) abbiano abbracciato il pensiero unico neo-liberista e quindi abbandonato la loro storica base sociale. Ed è altrettanto significativo che alcune istanze di quella che una volta era la “sinistra” siano state fatte proprie da alcune componenti di quella che fino a poco tempo fa era designata come “destra”, componenti che vengono sbrigativamente liquidate col termine di “populismo” il cui significato si dà per ovviamente sottinteso. Ecco perché ho posto l’accento sul processo di dilaniamento interno del PD: è l’unica cosa che gli resta da fare
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Mi rallegra che la presenza di un’altra vox di là dalla mia, abbia riscosso un piccolo successo di stima. Nei miei sogni c’è l’immagine di un blog che non sia solo l’ostensione del mio ma anche dell’altrui. Bref che diventi una pagina di concentus. Non so se sarà così ma mi piacerebbe. Quanto a ciò che scrive e descrive Leonardo, mi sento solo di aggiungere che il collasso, del Pedé e di tutto un sistema, è ciò che noi uomini di buona volontà ci aspettiamo e auspichiamo e che con mezzi inefficaci ma tignosi cerchiamo di realizzare. Dunque incrociamo le dita perché, tra tutti, politici e notai, industriali e giornalisti, la classe dominante egemone insomma non ne faccia una giusta, mettendo in atto qualunque scempiaggine a ancora più gravi e tante. Il paese ha bisogno di una catastrofe, limitata ma tale da far tirare fuori le unghie agli italiani. Un po’ come la catastrofe interna americana che tutti ci auguriamo riesca a provocare Trump dalla Casa Bianca e tale da fargli rivoltare contro il paese che sta già ingannando alla grande. A meno che, come spesso succede ai duci, non sia costretto a scatenarla fuori dall’America, una catastrofe, per farsi bello. Voglio dire che è abbastanza ripugnante, come uomo dico, da cercare conforti e assensi in modi brutali, per sembrare appetitoso. Concludo invitando Leonardo e Marina, a considerare questo spazio una bottega del caffè. Ovvero una casa da tè, Leonardo. Vi abbraccio. P.
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Caro Pasquale, ti ringrazio per avere condiviso le interessanti considerazioni di quello che sarei onorato di poter chiamare un comune amico, per quanto le mie frequentazioni personali con lui siano state – purtroppo – ridottissime. Poiché conosco te assai meglio di quanto conosca lui, credo di poter anche immaginare in che cosa le tue opinioni differiscano dalle sue, in quanto le suppongo ispirate da più acuto e pessimistico cinismo (peraltro da me condiviso, come ben sai). Al di là dell’apprezzamento per il sottile sarcasmo della conclusione e della citazione di manzoniana memoria (ma anche quella originale sul coraggio calzava benissimo con le circostanze, specie riferita alla “sinistra” – ahahahah – del PD), l’unica chiosa che mi sento di fare è alla frase sull’abbandono del PD stesso al suo destino segnato dall’insanabile conflitto tra maggioranza e minoranza. Io esprimerei piuttosto l’opinione che il destino del PD è segnato dall’irrimediabile scollamento, o piuttosto – ormai – una faglia Di Sant’Andrea. da quella che dovrebbe essere, e non è più da gran tempo, la sua base sociale storica. Senza scomodare (per ora) Karl Marx, penso sia fuori da ogni dubbio che quando un partito che dovrebbe essere “di sinistra” abbandona la lotta al privilegio, la difesa delle fasce economicamente più deboli, l’opposizione allo strapotere e alla logica del profitto che decide della vita e della morte di singoli individui o intere popolazioni, è già un morto che cammina. Che vada in putrefazione è solo questione di tempo. Triste che al posto del cadavere rimanga – a ora – soltanto il vuoto.
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