L’editore Orizzonte Atlantico (https://www.orizzonteatlantico.it) esce oggi con la traduzione spagnola e una riedizione, ovvero una nuova versione rivista e rivisitata del mio Assedio ed Esilio/Asedio y Exilio.(https://www.orizzonteatlantico.it/catalogo). Vado subito in libreria, mi diresti tu generoso fellowfollows, però, con tutta probabilità troveresti l’opposizione del libraio, Non so non conosco… vediamo – diteggia blasé la tastiera – Dascola hmm non trovo. Tu gli dici, se lo sai, che si scrive D’Ascola e lui, Pasquale uhun magistrato di cassazione ma no… Orizzonte Atlantico mah… proverò da un altro distributore però sa…, gioca la carta della tua ingenuità, la realtà è che lui ha visto il pericolo: è Orizzonte Atlantico tramite Belzebù/Amazon a distribuire; lui non ci guadagnerebbero nulla a ordinartelo né a comprare 5 copie per metterle in vetrina. Sarebbe esposizione di capitale come per il tuo fruttivendolo un cesto di papaya. Se vuoi legittimo atteggiamento. Ma qui è come la Coldiretti, ah ah, si acquista direttamente dall’editore Orizzonte Atlantico o da Belzebù/Amazon . Queste le notizie e punto.
Mi dilungo un pochinino su questa nuova edizione – la precedente di Aracne è fuori commercio ma ne troverai la traccia fantasma, sai che la rete nulla dimentica – .
A lungo discussa con il traduttore ed editore dr. Alberto Aséro, vista e rivista pensando che non diversamente dai Tre moschettieri si tratta di romanzo storico col difetto, rispetto ai TreMos, di rincorrere eventi taciuti in Italia, verworfen benché esaltati sotto il nome collettivo di Resistenza, la che va sempre bene: ma c’è qualcuno non a ricordare, a sapere che cosa fu il Patto d’acciaio, la legione Muti, chi fu Longo? Non saprei, a giudicare dal rinfocolarsi di fratellerie italiche e legaiole. Come ho sentito dire molto di recente, Uff sono cose talmente lontane, le storie italiane tra il ’19 e le bombe di piazza Fontana che l’Italiano sventato se n’è tenuto alla larga. Si è tenuto alla larga dal quotidiano del nostro regime madre. Ognuno scorda ciò che gli comoda.
Riscrivere, rivedere, lo sferruzzare del chiururgo è quanto di più gioioso ci possa essere; ci si sente liberare da un peso, il peso di una versione intesa ufficiale quando poi ci si accorge, si sa, che è quella di truppa a funzionare. Quando facevo il regista, provare e rifare, trovare e cambiare, tagliare, far funzionare era l’estasi, via via. Hermann Scherchen, – chi era costui – pare lanciasse le partiture di Wagner contro il muro in modo da farne crollare a terra la sostanza e svolare il di più in fogli da riciclo. Non so se la notizia è vera, mi fu raccontata alla Scala (teatro alla) quando ero lì nella mia funzione di truppa, da prima linea beninteso. Insomma è il teatro che mi ha imparato a non innamorarmi di nulla e che tutto è, rivedibile, sostituibile, impermanente, anche il tenore, anche la bella trovata. Via. Per un lettore dovrebbe essere una garanzia sapere che il processo di scrittura è fondato sul prendere le distanze, sul rivisitare i luoghi ritenuti di piacevole soggiorno per ripulirli dal fogliame superato più che secco – come le foglie vedi la metafora come prende il vento oh fellowfollows –. Giacometti, pulisci e rifai. L’arte è culinaria e non il contrario.
Alberto Aséro
Della versione spagnola sono non contento, di più. E per aver tenuto l’Aséro, da musicista, ritmo e melodia del testo – da immaginarsi letto ad alta voce – e per la riuscita complessiva dell’operazione che lo ha impegnato, da traduttore, in una defatigante corsa al tradimento, l’unico che funzioni tra i tanti modi per tradurre. Come per un attore adattarsi alla parte vuol dire perdere l’orientamento e lasciarsi attraversare, altri direbbe trafiggere, dalle parole – suono rima e ritmo – fino a non distinguere se sono proprie o di quell’altrui che passa per autore, così il dottor Alberto Aséro è saltato in palcoscenico e ha passato il testo italiano alla macchineria teatrale dello spagnolo, lingua che io adoro e che ho studiato abbastanza da apprezzarne i modi e i risvolti – ogni film di Almodóvar andrebbe visto in originale anche a non conoscerlo, solo per il sound of magic delle parole in bocca a Penelope Cruz – ché è lingua di echi e rimbalzi, di affinità elettive con l’arabo e che l’italiano sostituisce spesso con una sorta di hamming up, dicono gli angli, un gonfiare il petto quando basta respirare. Lo spagnolo recorta, ritaglia, pur essendo l’idioma di Góngora e di Zorrilla, ¡Don juan! ¡don Juan! yo lo imploro//de tu hidalga compasión//o arráncame el corazón//o ámame porque te adoro.
Ah certo occorre essere buoni attori dello spettacolo perché, scrisse Strehler, la storia del teatro, dopo Cehov Pirandello è (sia) soprattuto storia di spettacoli (in Intervista a me stesso – De Piante ’21). Gli spettacoli sono traduzioni. Tutti i testi sono intraducibili a meno che non ne sprizzi il bosone, l’imprevisto toccato con mano. La traduzione: un altro testo. La traduzione di Asero è un altro romanzo. Andrebbe letto insieme o dopo o anche prima dell’originale. Allora fellowfollows, se te tu sai l’ispanico, accattati il volume anche in questa lingua: poi se te tu vorrai proprio, leggilo in italiano.
Infine infine infine, ho da essere grato all’Aséro per avere adoperato a conti fatti quasi un anno di ripensamenti per questo lavoro, in modo, parole sue dell’Aséro, da ristrutturare lo spagnolo come se non fosse traduzione. In modo da perdersi. Tradire non tradurre. Punto. Concludo con le righe che un ignoto quanto lettore, tale Benda Giovanni, che ringrazio, mi scrisse:
Giunto con riprovevole e camaleontica velocità al congedo della vicenda, il mio peccato in origine fu non dedicarmi d’un sol fiato sull’intero scritto o di dedicare d’ogni pagina un giorno, come si dovrebbe fare per la poetica. Perchè in questo libro (Assedio ed Esilio n.d.r.) di poetica si parla, dove la metrica è predominante.
L’immagine di copertina è sempre di Desideria Guicciardini.