Errata corrige?

In Charlie Hebdo dicembre 2022

Tempo addietro in una conversazione amichevole mi è stato riproposto il tema, anzi l’assunto che, Uno non è libero di dire quel che gli pare non può insultare ciò che per altri è sacro e intoccabile e magari solo perché è francese o occidentale e si sente migliore e si sa che quelli(dai terroristi islamici su fino ai pederasti in turbante dell’Afganistan e Iran) non son spiritosi e patapìm e patapum il discorso è appunto cascato su Charlie Hebdo (rivista peraltro poco divertente cui il Vernacoliere di Livorno fa una benché truce ma migliore concorrenza, perché invece molto spiritosa e supportata benissimo dall’uso straniante del vernacolo appunto li’ornese. Peraltro il Papato ebbe un fustigatore eccezionale nel noto Pasquino*).

Ora io direi questo per concludere subito la questione oggetto del conversare. È vero che in Francia ognuno si sente libero di dire quel che gli pare di chicche e ssia ( Totò); è vero per storia, per cultura – alla Francia il termine si attaglia, guarda che cosa ha prodotto in tutti i campi dalle arti alla moda all’icché te tu vvoi – è vero perché questa libertà di espressione, per quanto fastidiosa possa a volte apparire è una conquista collettiva, che riguarda la Francia (non l’Italia per esempio ma sì la Spagna che dopo tanta dittatura guai a chi tenta di zittire qualcuno): è un bene tutelato in quel paese. (Non in Pakistan dove mi sembra l’altra settimana una folla ha linciato (sic) non so quale offensore del corano).


Ma intervenire a mano armata adducendo le ragioni avverse alla libertà in voga altrove e in una superstizione sfavorevole alla critica è giuridicamente sbalestrato. Nessuno fuori dal proprio ranch può far valere altrove le sue paranoie, leggi, manie. Non con le armi. Non c’è rapporto di causa/effetto tra il dire e l’assassinare. Tra l’offesa supposta o immaginata e la reazione. Se ammazzi tua figlia in Bangladesh perché si veste all’occidentale e frequenta un occidentale posso solo indignarmi da qui, ma se l’ammazzi a Parma ti pesco e condanno a trent’anni. Vale la mia legge non la tua. Non è protezionismo leghista è l’assodato giuridico del diritto razionale che vale dove vive; si chiama territorialità del diritto: art. 6 del codice penale italiano.

A questo proposito voglio continuare con una storiella che mi riguarda. Ero in terza elementare e un bel pomeriggio di primavera, di quelli che persino a Milano sembravano belli, me ne stavo a giocare, presso la vascona delle ninfee ai giardini Guastalla, con il mio amico Federico. Giocando giocando vedemmo che a noi si avvicinava un bambino (Giusti, per la cronaca e tale che più tardi verrà conosciuto come Giustisbagliato). Era uno scalmanato, non so che volesse da noi ma lo ignorammo, però ricordo che sussurrai al mio amico, Quello è un cretino. In men che non si dica usano dire nelle fiabe, mi ritrovai spalmato nella ghiaia, sotto il cretino a cavalcioni che mi stringeva le mani alla gola e stringeva stringeva altro che ( anche i bambini sono assassini se vogliono). Il mio amico Federico tempestava di pugni il Giusti ma a salvarmi fu l’intervento provvidenziale di una mamma che con la forza di un adulto mi levò di dosso lo strangolatore e lo cacciò strillandogliene di ogni. Anni di poi ritrovai il Giusti con casco contundente arruolato nella cosca che fu l’MS o movimento studentesco. Avrà 70 anni adesso, è nonno chissà e gli auguro di stare in salute e in pace.

A mio avviso la questione che sorge non è dunque circa il limite tra opinione e offesa. Ma tra opinione e reazione all’opinione. Ho detto, tu non puoi esportare i tuoi sentimenti fuori dal tuo ambito (p.es.tu associazione provita cattolica non puoi chiedere la punizione di due pifferi che si sono baciati sul palco di sanremo, santo ma non scemo), né puoi pretendere di esportare la tua bassa asticella dell’offesa. Rivendicare un diritto universale alla vendetta per lo scritto. Che il tuo sentimento sia riconosciuto se non come sentimento. Ma se sei permaloso come un calabrese, in sintesi, impara bello, mi diceva la mia mamma quando da bimbo m’impermalivo per un nonnulla, impara a tagliarti la parte offesa. Non la testa altrui. La mia mamma, in conclusione, essendo nata nella libertà di Francia, non lesinò mai a nessuno le sue strigliate verbali. Riusciva a essere feroce benché pedagogica. La vita peraltro, non solo la mia mamma, dovrebbe insegnare a incassare, the slings and arrows of outrageous fortune (le frecce e i colpi dell’avversa fortuna) recita Amleto.
E a proposito di asticelle e Amleti ti propongo una sintesi da un pezzo del Guardian di oggi circa la “censura” sui librini di Roald Dahl :

If we start down the path of trying to correct for perceived slights instead of allowing readers to receive and react to books as written, we risk distorting the work of great authors and clouding the essential lens that literature offers on society. (Se iniziamo a cercare di correggere le offese percepite invece di permettere ai lettori di ricevere i libri e reagire ai libri come scritti, rischiamo di distorcere il lavoro di grandi autori e di offuscare l’obiettivo essenziale che la letteratura offre alla società.)

Il pezzo integrale eccolo qui:

https://www.theguardian.com/books/2023/feb/20/roald-dahl-books-rewrites-criticism-language-altered?utm_term=63f2fe557357979ceee3b5f3651ecf50&utm_campaign=GuardianTodayUK&utm_source=esp&utm_medium=Email&CMP=GTUK_email

*Da Wikipedia alla voce Pasquino:

(omissis) Presto si diffuse il costume di appendere nottetempo al collo della statua fogli contenenti le cosiddette “pasquinate”, satire in versi, dirette a pungere i personaggi pubblici più importanti. Ogni mattina le guardie rimuovevano i fogli, ma ciò avveniva sempre dopo che erano stati letti dalla gente. In breve tempo la statua di Pasquino divenne fonte di preoccupazione, e parallelamente di irritazione, per i potenti presi di mira dalle pasquinate, primi fra tutti i papi.

Diversi furono i tentativi di eliminarla e il primo fu il forestiero Adriano VI (ultimo papa “straniero” prima di Giovanni Paolo II), durante il suo breve e controverso pontificato (15221523), che tentò di disfarsene, ordinando di gettarla nel Tevere. Fu distolto quasi in extremis dai cardinali della Curia, che intravidero il pericolo e la possibile portata di un simile “attacco” alla congenita inclinazione alla satira del popolo romano. Anche Sisto V (15851590) e Clemente VIII (15921605) tentarono invano di eliminare la scomoda statua.

Quando altri, successivamente, la fecero vigilare notte e giorno da guardie, le pasquinate apparvero infatti ancora più numerose ai piedi di altre statue: l’idea era stata di Benedetto XIII (1724-1730), che emanò anche un editto che garantiva la pena di morte, la confisca e l’infamia a chi si fosse reso colpevole di pasquinate. In realtà già nel 1566, sotto Pio V, Niccolò Franco era stato accusato di essere l’autore delle pasquinate e per questo condannato a morte e giustiziato sulla forca. Le pasquinate però non tacciono, e ai versi propagandistici si sostituiscono invettive moraleggianti, soprattutto nei confronti di un dilagante nepotismo e di una certa “prostituzione di lusso”.

Verso dopo verso, Pasquino era di fatto asceso ad un rango di specialissimo antagonista della figura papale, simboleggiando il popolo di Roma che punteggiava coi suoi commenti gli eccessi di un sistema col quale conviveva con sorniona sufficienza. Pasquino segnalava che, per la sua particolare storia, Roma sapeva valutare anche figure che assommavano in sé il massimo potere religioso ed il massimo potere di governo, riuscendo a scorgerne le eventuali umane modestie, a rimarcarne velleità e malefatte. Come tale, era fisiologicamente un punctum dolens dei vescovi di Roma, ma pure come tale la sua “produzione” si estinse con la fine del potere temporale, con la breccia di Porta Pia, che metteva il popolo romano di fronte a nuovi tipi di sovrano, a nuovi tipi di stato. Si è detto che Pasquino sia stato “distratto” dalla contemporanea messa in circolazione dei sonetti del Belli, che col suo spirito mostravano più di qualche apparentamento e che nel medesimo senso proseguivano la sua opera; in ogni caso la statua, priva del suo antico bersaglio, smise di essere teatro di un evento periodico e da allora fogli appesi se ne videro solo saltuariamente, avendo di mira tipicamente il nuovo governo unitario della città eterna. Per esempio, nel 1938, in occasione dei preparativi per la visita di Hitler a Roma, Pasquino riemerse dal lunghissimo silenzio per notare la vuota pomposità degli allestimenti edilizi e scenografici, che avevano messo la città sottosopra per mesi:

«Povera Roma mia de travertino
te sei vestita tutta de cartone
pe’ fatte rimira’ da ‘n imbianchino
venuto da padrone!»

About dascola

P.E.G. D’Ascola ha insegnato per 35 anni recitazione al Conservatorio di Milano. Ha scritto e adattato moltissimi lavori per la scena e per la radio e opere con musica allestite al Conservatorio di Milano: "Le rovine di Violetta", "Idillio d’amore tra pastori", riscrittura di "Beggar’s opera"di John Gay, "Auto sacramental" e "Il Circo delle fanciulle". Sue due raccolte di racconti, "Bambino Arturo e il suo vofabulario immaginario"" e "I 25 racconti della signorina Conti", i romanzi "Cecchelin e Cyrano" e "Assedio ed Esilio", tradotto questo anche in spagnolo da "Orizzonte atlantico". Nella rivista "Gli amanti dei libri" occupa da molti anni lo spazio quindicinale di racconti essenziali, "L’ElzeMìro".
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4 Responses to Errata corrige?

  1. azsumusic says:

    Giornali come TG: seriamente comici. Chissà che, a forza di aver le bocche tappate, non si siano siano detti: “mo sai che c’è? Ja faccio vedè io a sti stronzi. Passate subito dar servizio sur bombardamento ar novo film de Batman, poi ce sta er servizio sui barconi dei migranti e poi ‘namo ai saldi. Stamme a sentì, dev’esse tutto ner giro de diesci minuti. Fammolo bene sto schifo”. Me la immagino così, così che, da questa prospettiva, il Vernacoliere sembra satira da principianti. Così che la satira diventa involontaria.

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  2. Alessandro says:

    Carissimo, è tutto un gran pasticcio (per essere gentile). Tra “politicamente (s)corretto” e la fame di denari altrui (specie per alcune professioni, es i pennivendoli, che si trovano denunciati per un nonnulla) non sai più cosa dire e dove dirlo. Parli di intervento a mano armata, ma anche gli interventi in carta bollato sono “armi”.
    Non so se il famigerato slinguazzamento di sanremo sia veramente stato un atto di libertà (la tua libertà finisce dove inizia la mia) o di provocazione, non lo ho visto e non conosco il contesto in cui fu fatto.
    Ritengo che Italia esista molta libertà (conquistata, come ben sa, a caro prezzo) per fortuna, ma ritengo che spesso ci sia un “abuso” di tale prerogativa ti ripeto la frase sopra ricordata, non so di chi sia: la mia libertà finisce dove inizia la tua.

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    • dascola says:

      Gentile Alessandro che mi parla direttamente e mi dà del Lei, fatto che mi rincuora sull’esistenza di una certa buona educazione passata. Quanto passato sono io. Innanzitutto tengo a ringraziarla per essersi iscritto a questo blog e poi davvero per questi due primi commenti graziosi e interlocutori. Dialettici per dirla fina. Guardi, ogni volta che scrivo su temi che esulano dal mio specifico mi rendo conto di fare dell’opinionismo senza averne alcuna autorità. I miei interventi si possono prendere pertanto come aforismi il cui statuto li giustifica per tali. Nulla vieta che si possano intendere come fregnacce e non lo dico as finshing for compliments ma perché so che ogni cosa può apparire nello stesso tempo geniale o scempia. Mi accontento nello scrivere di essere onesto. E quando possibile documentato. Quando e quanto. Non ho gli strumenti di indagine di un giornalista e i miei punti di vista sono dettati da letture. Questi si chiamano limiti oggettivi. In somma delle somme: lei cita un noto motto di Voltaire – ecco homo – che allo stesso tempo è appunto genialata e luogo comune. Il punto mi pare stia nell’essere questi motti non buoni per tutte le stagioni, benché in apparenza lo siano. Andrebbe intesa la variabilità e la relatività di ogni assunto. È il mio punto di vista; di argomentarne i pilastri posso tentare e ho tentato, che poi i pilastri stiano in piedi dipende da quanto uno sia disposto ad assumerne la razionalità e parziale veridicità. Sempre parziale perché non esiste, a mio avviso, una verità ma dei Veri, o meglio degli Autentici. A rendere fragile ogni mia esposizione è ulteriormente che io procedo da letterato per associazioni, intuizioni… tendo come tale a costruire realtà. Ho il metodo di non avere metodo. Un po’ come, ricorderà, Nietzsche, con la differenza che egli era uomo superstudiato e super…umano appunto. Le sue considerazioni furono il frutto di una granitica preparazione accademica. La mia supposta cultura invece – molti me ne parlano persino con ammirazione ma francamente io so, come quel greco, di non saper o di sapere poco e spesso male – è fatta di letteratura, cinema… arte in generale e metto insieme pezzi di quelle realtà architettate con sprazzi di realtà osservata non escludo male. Lei ricorderà in “Taxi Driver” la scena e il celebrato monologo improvvisato, Are you talking to me, in cui il nostro si rivolge aggressivamente al vuoto della sua stanzetta. E ricorderà ne “Gli Intoccabili” sempre il De Niro che insulta l’investigatore Costner con il noto, you’re nothing nothing just chat and badge ( cito a memoria ma glielo lascio in inglese per evitare fraintesi). Posso anche citare il mio adorato Totò che alla fine di una lunga scena in cui descrive l’aggressione subita da un tale che lo picchia apostrofandolo,”Pasquale io ti debbo sfondare il cranio”, alla osservazione della spalla che gli chiede perché mai non abbia reagito, Totò risponde beato, Ma cche me frega e mie, che sso’ Pasquale io?
      Alla fine di ogni discorso credo fermamente nella libertà suprema che è di espressione, credo fermamente che chiunque possa dire qualunque cosa, specie per scritto e in sede letteraria. Credo che ci sia un limite a questo ma credo che nessuno possa stabilirlo, ope legis, in modo assoluto. Guardi si potrebbe dire che c’è un limite al dire fatto di stile e di buona educazione ma tutto dipende dall’intenzione e dall’intonazione e dal livello, ripeto, di permalosità del lettore, se parliamo di libri. In ogni caso non esiste che si trapianti la suscettibilità o si finisce per impedire qualunque detto o fatto in nome del rispetto ( ma che debbo fare con uno che non rispetta il mio diritto a parlare?) Dire di uno che è negro con la faccia feroce è diverso dal dire, il mio moroso è un negro. L’equivoco non si manifesta in spagnolo: non esiste altra parola per definire un negro se non il titolo del colore negro. Sa che cosa rispose Paola Borboni a “Brutta vecchia” di Renato Rascel, rispose, Sì ora sono vecchia e brutta ma sono stata giovane e bella, tu alto mai. In conclusione ogni tipo di intervento sulle parole è censura e a nulla valgono le arrampicate sui vetri insaponati dei censori che cambiano o vogliono cambiare le parole dicendo che però, “Noi no mica è censura cerchiamo di valutare le diverse sensibilità”. FILISTEI. P.s. sapesse quante volte mi sono sentito dire che scrivo “cagate” incomprensibili. Mi ha dato, mi dà fastidio? Sì certo, ma non ho ammazzato l’autore di questa monotona sentenza. Tuttalpiù al bisogno posso replicare con qualche veemenza; ricordo la reazione fantasiosa e colorita di un autista argentino a uno sgarbo automobilistico; al pirata della strada disse, “Que te vayas a jugar con los abortos de las muñecas de la puta que te parió”. Infine infine infine non posso non ricordare Bertolt Brecht che al congresso degli scrittori di Parigi nel 1937 circa il destino della cultura ( dei libri) disse, “Si comincia col bruciare i libri e si finisce con bruciare le persone”. Cosa che avvenne. L’aspetto sempre su questo canale. Stia bene.

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