Oh che bel re-woke

Ne il Post ho letto con vera curiosità questo sciocco (?)articolo : https://www.ilpost.it/2024/01/20/storia-tossica-della-letteratura-italiana/?homepagePosition=9. Non dico altro ; forse sbagliando ho pensato di scrivere alle due autrici qualcosa di altrettanto sciocco ma che mi ha divertito molto scrivere. Come Palazzeschi… E lasciatemi divertire.

Lettera semiseria a Lorena Pieri e Michela Violante.(→)

Gentili signore, sono nato e vissuto in una famiglia di anarchici, di quelli  in giacca e cravatta che non esistono più, tutti Spagna, Bakunin, Cafiero, Malatesta, Orwell e Catalogna. Dei miei e del loro circolo di splendidi amici, intellettuali, combattenti, legion d’onore, ricordo  bene la francofilia e come e quanto affrontassero la letteratura italiana da sciocchi e spesso da snob, facendo fuori ogni volta questi per catechisti, Manzoni, Dante ; quelli per nevrotici, Leopardi, altri per  fascisti, D’Annunzio ovviamente, borghesi, tutti a principiare dal Moravia, di cui non apprezzavano ovviamente il suo essere caro ai comunisti.  Quando sarebbe bastato dire che era modesto. La lettura ideologica sconfinava : viva Zola e Balzac, abbasso Gide e Proust . Più che circoli intellettuali quelli dei miei erano plotoni di esecuzione.

Lo stesso fate voi oh garbate signore. Ma senza la giustificazione di essere nate e vissute in un paese sciocco, truce, violento e di pessimo gusto, la cui dittatura i miei maggiori avevano combattuto rischiando il collo – mio padre due volte schivò la crocifissione al palo del telegrafo di Quasimodo  – nell’illusione di un certo qual sol dell’avvenire e con una solida preparazione politica. Siete figlie a dir tanto della democrazia cristiana ( per non citare i cashmerini del Cavaliere)  e da lì nelle vostre tiepide case ( Primo Levi, Se questo è un uomo eh sì che non è se questo è un uomƏ + lgbt+qaklpz) gozzovigliate con le interiora di alcuni grandi o grandi piccoli cui è probabile non riuscireste ad allacciare le stringhe o imitare un sonetto – non lo so non vi ho lette e non vi leggerò, ho un’età nemica del tempo perso –. Ciò, donne o uomini che siate o vi percepiate (tranquille io amo e coltivo il mio côté Guermantes, di lei of course della duchessa).

Gl’è che sfoggiando una coda di paglia senza vergogna rivelate per moto contrario il vostro wokismo. Sciocco senz’altro e senza l’attenuante snobbish che allietò la mia infanzia. Su Verdi, su Puccini mettette poi il carico da undici di stoltezze da registi di avanguardia, di quelli che scoprono che Macbeth è un guappo neviorchese e che Don Carlo viaggia non per le Fiandre ma per la Russia degli Zar. Questo davvero non lo si può perdonare. Non è tuttavia colpa vostra ma della redazione de Il Post che vi ha dato credito e per ciò stesso assunto al cielo delle pietre di paragone. Ascoltatela la Pietra, per diletto, ascoltate La serva padrona e non per fare le femmes savantes che interpretano. Non siete i soggetti supposti sapere, di Lacan. E fate la figura di madame Verdurin
Salutarvi cordialmente sarebbe uno spreco di cordialità, direbbe forse Lady Violet Crowley in Downton Abbey, ma avete il privilegio di appartenere a una casta che a gomitate sta diventando dominante egemone. E se ne frega.

P.E.G. D’Ascola

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About dascola

P. E. G. D’Ascola Ha insegnato per 35 anni recitazione al Conservatorio di Milano. Ha scritto e adattato moltissimi lavori per la scena e per la radio e opere con musica allestite al Conservatorio di Milano: Le rovine di Violetta, Idillio d’amore tra pastori, riscrittura quet’ultima della Beggar’s opera di John Gay, Auto sacramental e Il Circo delle fanciulle. Suoi due volumi di racconti, Bambino Arturo e I 25 racconti della signorina Conti, e i romanzi Cecchelin e Cyrano e Assedio ed Esilio, editato anche in spagnolo da Orizzonte atlantico. Sue anche due recenti sillogi liriche Funerali atipici e Ostensioni. Da molti anni scrive nella sezione L’ElzeMìro-Spazi della rivista Gli amanti dei libri, diretta da Barbara Bottazzi, sezione nella quale da ultimo è apparsa la raccolta Dopomezzanotte ed è in corso di comparizione oggi, Mille+Infinito
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4 Responses to Oh che bel re-woke

  1. azsumusic's avatar azsumusic says:

    Alla cultura woke preferisco la cucina al wok. Tanto vanno di moda entrambe, una vale l’altra. Spero di essere stato abbastanza irrispettoso verso le misandriche. Diversamente, posso continuare: ho qui pronto un repertorio degno della loro spasticità.

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    • dascola's avatar dascola says:

      Anch’io uso da tempo su tempo il wok. Sai per le verdure ingombranti, metti la scaròla. Sì, uno per l’altro, mi pare, se il wok può essere comodo strumento contundente contro i miserabili del woke è pur vero che il woke stesso è il malleus maleficarum di quegli indemoniati di oggi come degli indemoniati di ieri che mandavano al rogo poveretti, libri e gatti. Senza distinzione di sesso allora, oggi invece con predilezioni misandriche. SI torna a Giordano Bruno. Oh che bel castello marcondirodirondello.

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  2. Paolo Prato's avatar Paolo Prato says:

    Ho letto lo scritto di Pieri & Violante. Che mi si è confermato quello del mio sospetto, ovvero un esercizio limpidamente ispirato dal diffuso pensiero del “diciamolo, perché va detto”. E quindi diciamolo tantoanzitantìssimo fingendo di poter negare l’adattamento recettoriale e “Le più Celebri Campagne Pubblicitarie Fallite”, a volte persino per eccesso di successo, figuriamoci se non per deleteria pervasività. O neghiamo l’efficacia dei messaggi subliminali? Il punto è che l’evoluzione sociale non ha i suoi tempi, ma i nostri e qui casca, letteralmente, l’asino. Una comandante pilota, oggi, viene accolta in cabina con cordiale indifferenza, ma tra chi si è testé imbarcato corre sibilando il pensiero “speriamo che non sia mestruata”. Così è, a tutt’oggi, il mondo di cui l’Italia è quantità modesta. Capiàmolo, accelerando verso la decenza a piccoli, veloci passetti. Come quelli di H. Poirot, che le celluline grigie le sapeva usare.

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    • dascola's avatar dascola says:

      Che dire di più? Una storiella che certo ricorderai, di quel poveretto la cui moglie si dà al bel tempo e allora il poveretto non sapendo come fare, chiede all’amico consiglio. Questo siccome ha qualche lettura nel suo bagaglio, consiglia di cogliere la donna sul fatto e lì senza indugio dirle : Fedifraga, ti credevo Cornelia madre dei Gracchi e invece sei Messalina, ma non dico altro le parole mi si strozzano in gola. Perplesso il meschino cerca di memorizzare la lunga frase consapevole di non sapere se ce la farà a dire tanto ma ecco l’occasione. All’ennesimo appuntamento si presenta in totale ansia nell’alberghetto garçonniere, sale, trema, spalanca la porta, esita e grida: Fotografa, ti credevo cornacchia e invece sei di Messina ma non dico altro, STRONZA.

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