«Ciò rattristava la corte, la città e il paese, e rincresceva anche a Dio, perché era appunto fatto con lo scopo di rincrescergli, sebbene, d'altro lato, Dio non potesse obiettare contro tanta astinenza e penitenza. A Dio ella concedeva questa contraddizione » Thomas Mann-L'Eletto
Tutti i racconti dell’ElzeMìro si trovano in ordine cronologico alle categorie L’ElzeMìro e Spazi nel menu de Gli amanti dei libri, direttrice Barbara Bottazzi
Quello che ti può succedere in uno stato autoritario è che uomini in borghese e mascherati ti fermino per la strada e che tu sparisca in un van nero, quindi almeno per un po’, dai radar. Al pubblico verrà fornita la storia migliore, la che il pubblico vuole sentirsi dire, che eri un terrorista o forse no ma che hai detto scritto o chissà solo letto in pasticceria cose che davano fastidio al governo o che il governo ritiene contrarie a sé stesso e tali da farlo contrariare.
In uno stato autoritario succede che lo stato pretenda giurisdizione su di te – lo so che già lo pensò-disse-scrisse Foucault, biopolitica, ma cabe destacar – proprio come corpo agente e pensante e che ti sottragga il diritto di persona a decidere per te, per la tua vita e per la tua morte. Al pubblico, che è il più zelante e filisteo difensore dello stato autoritario, al pubblico che è il grande aguzzino, il pasdaran, direi con la Arendt che è l’elemento statutario dello stato autoritario, a quel pubblico verrà fornita la versione diotelàdata-guaisetelatocchi, la vita e la morte, tutto pertinente alla divina amministrazione nonché alla biologia reazionaria, ché la persona non è persona né biologica, né giuridica, né politica perché la politica, che il pubblico confonde con i politici, è l’uffa.
In uno stato autoritario succede poi che se per caso un tribunale ti riconosce reo di un qualche reato ah bè allora per te comincia il calvario della prigione, che è in sé tortura e che lo SA non riconosce tale anzi in galera e buttare la chiave, ma che si raddoppia se per caso hai idea di che cosa sia la prigione di uno SA : in pratica il buco di un latrina con quattro pareti di cemento intorno, farcito da una folla di dannati ridotti a deiezioni dello SA.
In uno SA succede che i libri vengano espunti dalle biblioteche, in uno SA succede che un blogger salutista non si limiti a ricette per frullati vitaminici ma che diventi ministro della salute e solo perché è vicino di casa dell’autocrate. Autocrate, che al soglio di sé medesimo arriva beninteso in grazia del pubblico, della audience dei cui teatri di posa è il divo.
Succede tutto questo, un po’ meno un po’ peggio ancora. Con paesi come quello non dovremmo collaborare in nessun modo. Dovremmo mollare gli ormeggi specie da noi stessi. Riconoscerci infami. Questo se avessimo un po’ di midollo e anche di ossa, e non chele di parassiti, come ci è stato ricordato siamo, buoni per il Flit in quanto europei ; cioè in quanto nipoti di Kafka. Succede tutto, un giorno dopo l’altro tra dotte analisi e dibattiti televisivi, con gradi modulati di sadismo, efferatezza e statistica, succede con il plauso o l’indifferenza del pubblico o, più che con l’indifferenza, con la rassegnazione di molti tra noi, al lamento come questo ché il più delle volte si sa mica che fare. Dovunque immanente, soprannaturale quanto è presente, v’è una nerocchialuta, feroce, catafratta, sbirraglia. Proprio sbirraglia, i cui piedi dice Florinda Bolkan al commissario Volonté in Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto puzzano di caserma. Tutto nel mondo non è la burla di Falstaff ma la Kaserne di cui il termine compound è l’upgrade. Vedi sopra.
Qui registro l’appello di Avaaz cui ho risposto con una piccola donazione ulteriore, visto che pare sia anche questa organizzazione spontaneista il prossimo bersaglio, dopo i titolari di green cards e gli universitari, dei fumi funesti delle palle del toro di bronzo in cima alla tower la famosa quella della merda che quando che la monta in scanno o che la spuzza o che la fa danno, e fumiga caro mio, accipicchia se fumiga, tutto un aerosol.
Cari avaaziani, Questi ultimi mesi sono stati una tragedia dopo l’altra. Non c’è altro modo per dirlo.Avaaz si chiede, come probabilmente molti di voi: su cosa ci concentriamo in mezzo a tanto dolore e tante cose da affrontare?Ci siamo risposti in modo sorprendente: recuperiamo l’entusiasmo per ribellarci al fascismo, generare una nuova forza progressista e costruire un mondo in cui tutti possano prosperare. Ti piacerebbe che nel prossimo futuro la comunità di Avaaz si impegnasse in questo senso?Il parere di ognuno dei membri di Avaaz è fondamentale, e abbiamo bisogno anche del tuo contributo per fare la cosa giusta.Crediamo che sia il momento di una rivolta globale, fatta di persone determinate a non perdere di vista il nostro amore, i nostri figli, la nostra salute o quella del nostro pianeta. Persone che non si girano dall’altra parte davanti alla sofferenza. Che non si accontentano di false soluzioni o di politici che sono il male minore.Ci sono altre strade per il futuro, ma dovremo costruirle noi, insieme, perché i nostri politici non ne hanno intenzione. Ma per fortuna, abbiamo una comunità globale di milioni di persone preparate e determinate ad affrontare questa sfida. Che ne pensi? (Ci interessa davvero! Rispondi a questo breve sondaggio con i pulsanti Sì/No sopra e dicci il tuo parere).
Dal profondo del cuore, con speranza e incrollabile determinazione,Nell, Nana, Patri, Aloys e tutto il team di Avaaz
Finito di scrivere questo appunto, stamane mattina leggo che in Turchia, a partire da Istambul due milioni di manifestanti, dice il partito socialdemocratico, hanno inondato la città a protestare per l’arresto del candidato presidente e per gli arresti indiscriminati di manifestanti. Le proteste non sono solo a Istambul dove due milioni, anche fossero tali, su una popolazione di 15 milioni, per la sola Istambul bah dico non pochi in percentili, un po’ più del 13% mi pare, e se escludiamo dal censimento bambini e dementi, di sicuro un po’ di più; a Roma il 15 Marzo per l’Europa, e ipso facto quindi contro il fascismo di tutti i fratelli e cugini di campagna zie e nonne incluse, scésimo in piazza (del Popolo, pensa te) in 50mila. In termini di aventi diritto al voto, 47 milioni alle ultime europee quelle della vergogna, l’indice percentuale di manifestanti del 15 marzo è dunque del 4,5%. Spannometrico.
Mi sono incontrato con Microlìti di Alessandro Melchiorre.
Che cos’è la musica. Così ricordo l’incipit di un’antica storia della musica, quella di Franco Abbiati, Domanda proibita, scriveval’Abbiati, resa proibita dalla sua stessa formulazione.
C’è un paio di dati che mi apparentano alla lontana a Melchiorre compositore, il fatto che lui studiò e si diplomò in architettura al Poli di Milano. Avrei voluto anch’io, non fosse che sono stato un lampante discalcùlico. Melchiorre ha poi una doppia laurea lontana nel tempo allo stesso mio DAMS di Bologna : in cinema io (alla Laurea mi scontrai con Umberto Eco e non gli piacque), lui con il diabolico esegeta musicale, Luigi Rognoni. Lo stesso, tanto per un po’ di aneddotica in più, che a me, figurati al primo esame, un trenta e lode ; ma al secondo, al contrario di Hänsel non ritrovai nemmeno un sassolino, nemmeno unmicrolito – poi ci torno – nel tornado di domande con cui il Rognoni mi incalzava e cascai sulla richiesta di fischiargli l’attacco dell’Incompiuta.
Parlare di musica è come ballare di architettura. (che si possa fischiarne allora? n.d.r. ) La frase è un pò molto ad effetto e fu attribuita nel tempo a un sacco di personaggi della musica, non della musica pesante, Franck Zappa tra gli altri. Tuttavia, nella sua ingenuità, il motto rivela un utile inciampo : l’analisi formale di un brano come di un quadro come di un film si può fare, ed è l’unica possibilità di trattamento di un materia la cui traduzione in parole ècontrosenso. Per similitudine, un’anamnesi : quel foglio in cui si riassumono l’osservazione oggettiva del medico e ciò che il paziente denuncia o lamenta. Anamnesi e analisi sono compagne. Ma parlarne, d’arte, è arduo in realtà così come lo è di un paesaggio al tramonto. Salvo non si adottino accorgimenti di un dire che, almeno un po’, provi a essere letteratura, cioè trasfigurazione. Che da questo punto di vista risulta un’arte magari minore, aggrappata alla produzione di metafora e paradosso. Ma sai, dire qualsiasi cosa in qualunque in ambito è alla fine una forzatura, un meccanismo da conversazione e di conservazione dell’abitudine a non volersi tacere a ogni costo. Le opinioni piacciono e c’è chi non ne può fare a meno. Guardati intorno, le recensioni di qualunque cosa in rete, dal negozio di prodotti tipici all’hotel de charme a Matera è tutto un frullare di romantichelocation e interessante carta dei vini. E a chi interessi la carta dei vini non saprei dire altro che un sommelier. Analizzare qualsiasi prodotto d’arte è pertanto appannaggio esclusivo di chi ne conosce gli strumenti.
Ogni scelta di strumenti è una scelta che costruisce uno stile. Il montaggio per attrazioni muta la percezione dell’immagine rispetto al piano sequenza. L’alessandrino quella della direzione e del tempo. La serie musicale non è scelta ideologica mi disse Giorgio Gaslini, ma di necessità stilistica. Poeticamente Antonio Machado in A Líster scrisse : Si mi pluma valiera tu pistola Lìster, contento moriría. In soldoni : la pinza non è un cacciavite.
Mi ripeto, e conto senza averle contate le volte che qui ho scritto : non faccio né sono capace di fare critica d’arte ; se mai sarei critico nella misura in cui ogni prodotto di un mestiere d’arte, a prescindere dal suo specifico ambito è, al suo farsi, perciò stesso critica. L’eserciziodi un’arte ti autorizza a esprimere opinioni basate su osservazioni nate dal gusto, dalla sensibilità, dall’esperienza estetica (hedonic complexity) dalla conoscenza di storia, stili, strumenti, di una tecnica, di una prassi esecutiva. Inoltre dal confronto con altri ambiti e soprattuto altre persone, colleghi migliori, colti e còlti nel loro meglio. Ho sempre detto e confermo che in concreto debbo la mia letteratura, ammesso e non concesso che lo sia, bè la devo al cinema, al teatro e alla musica, all’ascolto in triplice sintesi. E a grandi e piccoli maestri. Non escludere gli studenti.
C’è una cosa poi che ispira a dire di altro con gusto ed è il senso proprio del gusto. Di preciso come fronte a un’ottima pastasciutta ti viene da esclamare, cche bbuona. Voglio dire che l’unico giudizio incontrovertibile è il mi-piace/non-mi-piace. Come per gli spinaci tuttavia occorre allenamento prima di arrivare a trovarli gustosi. Lo stesso si può dire delle cucine aliene a quelle di casa nostra.
Il gusto per la musica, dalle origini ai giorni nostri, ha bisogno di tempo cioè di applicazione all’ascolto. Ricordo un mio allievo, dotato di intelligenza complessa, che, a una mostra di Bacon mi disse, C’è poco da fare, faccio fatica, sono ancora a Renoir. Tutto questo bla bla per dirti che qui si tratta diun lavoro musicale di Alessandro Melchiorre, di cui posso dire che è stato mio collega e viceversa e mio direttore al Conservatorio di Milano e non viceversa. Del suo Microliti posso dire e non è inutile che li ho ascoltati all’Auditorium di Milano. Una performance ottima ma non è questo che interessa.
Di Melchiorre, ovvero di molte sue opere c’è un particolare che a me pare brillare : l’affinità del musicista con la poesia. Quella vera, e non quella che si traduce in una immaginaria forma libera ossia in una prosa squinternata ed egòlala : la poesia come la musica non interpone un me tra te e quell’altro che non scrive bensì è scritto ;a dispetto della notazione in parole, la poesia a me pareuna delle forme dellamusica ; molto più simile alla danza, altra forma della musica, la poesia è gesto, altro dire per dire altro, persiana che sbatte al vento, la poesia ha a che fare immediato col tempo immediato : rinvenimento di tempo, non di senso, ritmo ; la poesia è insensata o altrimenti è su-bambini-che-cosa-vuol-dire, foto di gruppo con signora, or, a tale told by an idiot.(Shakespeare – Macbeth atto V). Di là da ogni motivo esteriore – l’incidente tema di Auschwitz in Celan, mi pare un caso-mai – Microliti di Melchiorre-Celan, è oro incenso e mirra per chiunque consista, abbia la consistenza diun neonato. Scrive Gottfried Benn in Il soffiatore di vetro (Adelphi pg. 122) : Solo l’artista viene a capo delle cose, lui solo ne decide. Tutti gli altri tipi umani tengono a mollo i problemi, per generazioni, per secoli finché ristagnano e imputridiscono finché i cervelli si trasformano e interviene la Natura.
A Milano-Auditorium, Melchiorre proiettò i testi, sul filo del rasoio del loro significato, perdendoli e ritrovandoli nel significante, in quanto significante musicale, musica insomma ma in bilico, in equilibrismo ; perché la proiezione era in qualche modo l’apparizione di quadri, ovvero percorso dentro una galleria di testi, parlo dell’originale tedesco, da vedere, da guardare. Accanto a me mia moglie mi disse, Non so il tedesco ma le traduzioni di fianco mi danno fastidio ; e io le risposi Infischiatene, guarda le figure. (Apocalypsis cum figuris di Albrecht Dürer, guardatelo) Visto che lei è illustratrice di mestiere, mi capì al volo. Io le ho sentite e ascoltate queste proiezioni come quadri di Bacon, tra l’altro più o meno coevo. Non sbagliando, Melchiorre scelse di proiettare anche singole parole, o cellule della parola. parole=immagini=idee. Questo è ; questo è quello di cui posso scrivere da non musicista. Nella tessitura quello che conta è il tessuto. Io credo che la musica, al pari diun software che si inserisce nel sistema operativo, o chissà forse meglio come un vaccino a Rna messaggero,lìsi innesta e lavora e produce qualche memoria, qualche associazione, qualche eco, qualche nuova combinazione neuronale. E non si sa cos’è. Mettere in musica i versi non è lo scopo di Melchiorre. In Microlitinon c’è poesia per musica. E dunque niente musica per versi. La musica di Melchiorre è la colonna sonora di un film di immagini retro-proiettate, musica in forma di fantasma nei versi. Il metterli musica vuol dire farne scoprire il suono e il tempo. E un’altra consistenza?
Poi. Melchiorre è anche architetto, se preferisci un architetto d’altro tipo, e questo lo avvicina e di molto a mio avviso, all’ineludibilità, al destino se vuoi, della forma, alla composizione in senso proprio – la tela di Penenlope che di continuo appare e scompare – all’aggregazione della materia sonora come se si trattasse di elementi di quella che peraltro si chiama composizione architettonica : guarda al Borromini di Sant’Ivo alla Sapienza in corso Rinascimento aRoma, per farti un’immagine, di quello che le parole trovano difficile da concludere. Ma dov’è la forma del vaso è una nota interrogazione Zen cui si risponde : nel vuoto che contiene.
Microlìti, ossia sassolini, mi fa pensare, mi ha fatto pensare, ma pensare non è il temine che conviene, li associo alla fiaba, dai che la sai, quella di Hänsel und Gretel che ritrovano la strada sotto la luna in grazia dei sassolini che il Giovannino ha seminato sul percorso. Quando dai un titolo, o usi una certa parola o, in musica una certa soluzione di tecnica, cioè scegli uno strumento, non sai perché lo fai, almeno non subito, la mente creativa è molto più rapida nell’afferrare la pinza giusta e utile di quanto la coscienza riesca a fare con i mille ostacoli che frappone tra sé e la comprensione, con-prendere, dunque accogliere, nutrirsi, ritrovare nel saputo, macinare.
E per tentarti con una risposta alla domanda proibita qui del principio, eccoti una citazione dal proprio Melchiorre, Musica come qualcosa che solo coi suoni si può dire. Da Testo e suono – Libreria musicale italiana – 2023.
Va bene ti lascio qui con una bio del Melchiorre e un link al suo canale Ytbe per ascoltare
Alessandro Melchiorre, compositore formatosi a Milano, Freiburg im Br. e Paris è tra i protagonisti della musica contemporanea italiana ; è stato professore e poi Direttore del Conservatorio di Musica di Milano. Tra le sue opere, da ricordare Fables that Times invents (Het Nieuw Ensemble), Schwelle (Echo Ensemble), Secondo Quartetto (Arditti Quartet), Le città invisibili, su testi di Del Giudice(EIC-IRCAM); Atlante occidentalee Unreported inbound Palermo (prima Rai-Radio3 per il Prix Italia poi Teatro Comunale di Bologna); Mine-haha (da Wedekind-Ottavia Piccolo per la RSI); Il Maestro di Go da Kawabata, (commissione Arena di Verona). Tra gli ultimi lavori Lontanando, Inventario e Dal buio, per grande orchestra. Nel 2024 scrive Microlìti, spirato alla vita e all’opera di Paul Celan, per due voci e orchestra.
Tutti i racconti dell’ElzeMìro si trovano in ordine cronologico alle categorie L’ElzeMìro e Spazi nel menu de Gli amanti dei libri, direttrice Barbara Bottazzi
Nessuno è il mio nome; padre e madre e tutti gli altri compagni mi chiamano Nessuno». Così dissi: ed egli mi rispose con animo spietato: «Per ultimo, dopo i suoi compagni, io mangerò Nessuno, e tutti gli altri prima; questo sarà il mio dono ospitale».
S’ha a precisare che di persona personalmente non mi piace appartenere, ovvero, non ne sono capace. Uno dei pochi sistemi di persone in cui mi trovai bene fu nell’esercito ; benché italiano, e nei limiti del mio 107°btg Genio pionieri – Remanzacco di Udine, era composto in qualche misura da eccentrici ufficiali con Repubblica e l’Espresso sotto il braccio al mattino. Dei militi inclusi meglio non parlare, una masnada di bulli. Ma con gli ufficiali ci intendemmo e allons. Poi per il resto il PCI non mi ha tenuto e nessun altro, e nella girotonda dei teatranti mi comportai come abate di un convento di cui fossi solitario fratterello con pochi, forse otto. Con mia moglie mah, il nostro non è un gruppo è una duplice intesa. Mi pare.
Ti racconto allora questo racconto che qualcuno mi fece molto tempo fa : c’è un convegno di analisti, psico ; con già un certo chissenefrega nell’aria, perché a un evento si arriva, per educazione, in tempo per far accomodare tutti e far cominciare in orario, questo è, a pochi minuti dall’inizio dell’evento beh, solo una persona in sala, solo una in prima fila. Passa un minuto passano due e varcano la soglia della sala due psic, è importante ricordare che si tratta di psic. Al vedere la sala deserta, l’una delle due esclama, Non c’è nessuno. Dalla prima fila arriva la replica, non stizzita, analitica, didattica, E io chi sono. Fine.
Una certa attenzione alle parole, come tali, raggiunge i motivi del parlare inconsapevole – per non dire inconscio –per farlo conscio ; parlare, che ha a che fare con la ragione simbolica dello stesso. Dicendo non c’è nessuno, quelle due psic de facto cancellarono, per ragioni che solo la loro psiche sapeva, la presenza dell’altra persona, villane o disattente che fossero, boh, ma converrai che una battuta felice sarebbe stata p.es. uh va’che folla oppure, svelta vedo cinquanta posti liberi là davanti. Altre considerazioni non sono capace di farne, aggiungo per essermi stato detto anche questo : le parole sono pensiero dell’azione, azione e conseguenze dell’azione. Non è il mio mestiere l’anàtomo-patologo, ma ce ne sarebbe da sferruzzare. Invece ascolta : di recente, come anche qui si sa, me ne sono andato da Wapp. L’ho scritto il perché e il percome e la fermezza di questo gesto mi si conferma a ogni girone dei giorni, direi ad ogni ora, fronte al merdaio che ogni giorno, ogni ora la confederazione russo-americana pushes-to-flushes nei corridoi e nei vialetti delle cancellerie del mondo in libertà vigilata, di preciso come i nazis di Adolf alla vigilia della guerra, la mondiale numero due. L’ho scritto e l’ho fatto e il risultato mi è garbato non poco. Tra quanti erano i miei corrispondenti, nel catalogo Mondoconvenienze di dugento e passa miei contatti, sai quanti allora han dato riscontro all’avviso, già detto : otto. Quando ero in wapp non c’era momento che non mi arrivasse un massaggio inutile. Adesso zero. Non credere, la cosa mi procura una sotterranea, e mica tanto, soddisfazione. Il mio messaggio di ragioni è stato ignorato. Come per dire ¿che-cazzo-dici-di-che-Ci lamenti-ma-cchi-sei-che-te-ne-vai? Ah, Nessuno, appunto. E io persisto e consisto su breve legno, insomma in barchetta a remi, verso i lidi di Caronte. Tanti saluti a soreta.
Tutti i racconti dell’ElzeMìro si trovano in ordine cronologico alle categorie L’ElzeMìro e Spazi nel menu de Gli amanti dei libri, direttrice Barbara Bottazzi
Per interesse diciamo professionale ho sempre seguito quel pateracchio che è la notte degli Oscar ( seguo Venezia, Cannes, Berlino e soprattuto per tignosità personale i Goya) i discorsi di convenienza di questa o quell’attore in difesa di questa o quella causa civile. Sentiti a palate i discorsi confezionati per non scandalizzare nessuno e anzi pettinare le pudende in fremito economico dell’assett di produttori, paparazzi, stilisti, vabbè tutto il carrozzone delle plusvalenze. Invece ieri sera no. Perché ho in uggia da un po’ l’America ovvero gli americani. Per cui no. Anche se ieri qualcuno ha levato la vocina tempestata di strass per dire che cattivo Tramp, non ho guardato, e me ne fotto bellamente dei premi, tanti i film sono sempre quelli, cioè sempre peggiori, e gli attori sempre più patinati e inutili all’arte. Il dubbio è che tutto la manifestazione, ma da anni, sia un ersatz informatico se non fosse che non c’è nessuna intelligenza, nemmeno artificiale nel premio Oscar. Vabbè lasciamo perdere. Interessante sarebbe stato se nessuno fosse andato alla sarabanda dell’Oscar, nessuno né in platea né sul palco, né annunziatori, né annunziati , ¿oscar? non lo prendo, ‘ntuculo. Nessuno, nessuno, nemmeno in mutande, nemmeno in bicicletta, proprio deserto che muore, gli operatori con la cecàgna dietro la camera per assenza di pubblico da riprendere, gli speackers a non commentare una beata fava. Poi pirataggio dell’emissione internazionale ( che è una delle forme dell’imperialismo) grazie a qualcuno che avesse infornato nella consolle di regia una chiavetta con immagini delle devastazioni degli incendi. Invece no. Sorrisi e canzoni tv. Quindi rinnovo qui l’invito: si boicotti la Merica con ogni mezzo individuale a disposizione. Insisto nel dire : uscite da Wapp, Instagram, Facebook. Fare danni al portafoglio. Magnati magnerete meno tutti : tremàte sì tremàte/ le streghe son tornate/ e adesso so’ incazzate.
Qui allego un bell’articolo de El Paìs di oggi e invito al l’Okboomer di Michele Serra nel Post di oggi oppure a seguire su Repubblica, chi la legge, le info sulla manifestazione europeista del 15 Marzo p.v.
Creamos mitos porque funcionan y, sobre todo, porque la realidad siempre decepciona. Durante mucho tiempo, parte de la identidad nacional de EE UU descansó sobre una narrativa que pivotaba entre lo mesiánico y lo onírico. El gran sueño americano tradujo a palabras seculares la escatología judeocristiana, y la tierra prometida dejó de interpretarse como una Jerusalén celeste para arraigarse en el nuevo país naciente. El destino manifiesto de aquella nación, que ganaba terreno a golpe de metros de ferrocarril, postes eléctricos y casas de armazón de globo, acabó por sustanciarse en el siglo XX con Normandía como el gran hito legitimador. Nos convencieron los cromados de los cadillacs,la voz de Aretha Franklin, la seductora actitud de Kennedy o la abrumadora épica del cementerio de Arlington. Los chicos sonreían en las canchas de vóley de Santa Mónica, y las estudiantes felices balanceaban sus carpetas en los campus de la Ivy League. Hubo un tiempo en el que todos quisimos ser americanos y sucumbimos a su poder blando, gracias a las salas de cine o por culpa de las novelas de Norman Mailer.
Lo peor de todo es que una parte del sueño fue real. Pero así ocurre la mayoría de las veces: las mentiras se ocultan tras una cuota de verdad para hacerse verosímiles. La Pax Americana albergó contradicciones. El heroísmo de los jóvenes que murieron en Omaha para salvar a un continente lejano convivió con la lluvia de fósforo arrojada sobre Dresde o con el lanzamiento de dos bombas atómicas que exterminaron a miles de inocentes en Japón. Estados Unidos ha sido un país incapaz de desterrar de una vez por todas la violencia letal de su Administración, y la pena de muerte o experiencias como Guantánamo siguen demostrando que el gran decorado democrático ocultaba una tramoya oscura y terrible.
Podemos fabular con el festival de Woodstock y con su hedónica —y desnortada— propuesta vital, pero no debemos olvidar que Jimi Hendrix nació en un país que segregó a los negros hasta 1965. El relato original de los padres fundadores es fascinante, pero ni Jefferson fue un héroe inmaculado ni podemos obviar que detrás de tantas masacres en centros escolares se encuentra también la Segunda Enmienda a la Constitución.
El afán de novedades nos obliga a interpretar que los designios de Trump habrán de inaugurar un tiempo diabólicamente nuevo. Pero no seamos ingenuos. Tendemos a confiar en cosas que nunca han existido, y el mundo que se acaba nunca fue tan perfecto como quisimos contarnos.
Guarda questo nemmeno è un post ma un invito a leggere il pezzo qui in chiusura e letto stamane alle sette su Artribune che è divenuta l’unica lettura tollerabile, specie al risveglio. Un fac- simile di questo che leggi l’ho mandato a Nicola Ghittoni del Post che ieri nella rassegna stampa di Morning accennò alla questione dell’eccesso di segnale nella comunicazione (ay la puta palabra). E poi l’ho mandato a Vera Gheno che cura il bel settimanale Amare parole – noterai il calembour – ; eccesso e cesso : chiunque faccia arte sa però – dovrèbbe sapere – sa bene che l’eccesso genera confusione, ‘scolta la musica di Berlioz, troppe note, troppi strumenti, troppo ; o il verso immortale del Foscolo de, I sepolcri ( uno dei tanti a dire troppo, ascolta Gadda come lo sfotte in Il guerriero, l’amazzone, lo spirito della poesia nel verso immortale del Foscolo). Dunque leggerai qui nell’articolo tirate in ballo le belle menti del bel pensiero ; ma appunto, persino un pittore manierista conosceva l’arte di mettere da parte.
Tuttavia tuttavai…
da anni e da solo dico che Facebook è un Fessbuc ( braaava meravigliooosa divinaaa siamo tutti con te sarebbe bello se oltre i corpi si vedessero le animèè ) li miei pupilli ci sguazzavano in queste minchiate pubbliche, in pratica costituivano un formicaio di operaie dalle antenne sincronizzate ; oggi non so ma temo che qualche altra cazzata li agglutini in un altro favo di rincoglioniti. Me, come sai, in fb non ci sto, non m’inquadro in instagrammi, non in X e da prima, da quando si chiamava Twitter, et à la fin de l’envoi ho tagliato i ponti con wapp; e l’ho spiegato in un’ a-lettera ai miei corrispondenti cui, su trecento invii, hanno dato risontro in 8. Ganzo n’è vvero? Ma perché, domando a vuoto, perché un giornalismo efficace rinuncia all’efficacia di chiamarsi fuori da queste trappole per topi. Perché avvilisce la propria intelligenza, la propria capacità critica – un po’ come quegli intelligenti che credono, oh sì dai facciamo qualcosa insieme dopo la messa, e allora c’è da dubitare che intelligenti siano, anzi –. E in nome di che cosa, è la domanda, della libera informazione che è lo stesso goal di Zucckerberg, Trump e adesso anche Bezos, il fondatore di Avaaz. A mio avviso, e non ho intenzione di cambiarlo, dire social è sparare ad alzo zero su una folla indifessa di fessbouks : caproni fessi. I cannoni del Bava Beccaris sono oggi informaticci. Trovo che ai dì nostri fatali c’è bisogno, ma molto bisogno di rivolta ( le idee di rivolta non sono mai morte, cantò Piero Pietrangeli in paleo-socialese, cazzate però però… ascoltala ti farà ridere e magari vibrare, perché oggi se non c’hai il vibe ah caro mio sei fregato). Sì ma sai, hai ragione ma sei solo tu da solo a rivoltarti, bisognerebbe che… bisognerebbe che sti cazzi, il risorgimento è stato fatto dai 300 di Sapri (e sono morti, sì, e allora) e dai 100o di Marsala, da qualcuno che si è rivoltato, personalmente, dai tiremm innanz dell’Amatore Sciesa, e alla fine dai Peppini Impastati, dai Pii la Torre (ah signora mia comunisti così non se ne fanno più) ; e sull’efficacia della rivolta personale lo sapeva bene Bixio che a Bronte fece terra bruciata prima che i quattro straccioni di un paesino infiammassero un bel paesone.
Ah, sempre a proposito e per stringere, verrà il momento in cui si ammetterà che l’AI è cheap or cheep. Che è una truffa, un raggiro, un ricatto e un attentato all’intelligenza, come la religione del resto, in cui si è subito tramutata – viviamo al ritmo dei cori di credo in divo padre, caro Recalcati, a prescindere dal divo e dal padre – però è economica, basta cambiare le vocali. Sai come cantava un proverbio milanese : un bel nigutìn d’or faa sü in de la carta d’argént che, tradotto nel più feroce siciliano canta : nuddu ammiscatu cu’ nnenti – nessuno mescolato a niente . Tanti cari saluti.
Tuo P.S. ( chi scrive è post scriptum, me in particolare)
Per non lasciare nulla di intentato copio e incollo qui le ultime due delle sei stanze della, brutta, canzone del Pietrangeli (Contessa-1966, capiscisti?)
Se il vento fischiava ora fischia più forte le idee di rivolta non sono mai morte se c’è chi lo afferma non state a sentire è uno che vuole soltanto tradire se c’è chi lo afferma sputategli addosso la bandiera rossa gettato ha in un fosso.
Voi gente per bene che pace cercate la pace per far quello che voi volete ma se questo è il prezzo vogliamo la guerra vogliamo vedervi finir sotto terra ma se questo è il prezzo l’abbiamo pagato nessuno più al mondo deve essere sfruttato.
Tutti i racconti dell’ElzeMìro si trovano in ordine cronologico alle categorie L’ElzeMìro e Spazi nel menu de Gli amanti dei libri, direttrice Barbara Bottazzi
Non ho idea se o no l’abbia in mente ma caldeggio presso lo zerbinetto gentil di Tramp, dr. Vance (que se lea Vanche como la concha de la muñeca de la puta que lo parió), di istituire un premio all’impudenza. Per estrema impudenza potrebbe attribuirsene il primo, degli allori, per la prima stagione. Monaco 25, la vendetta è poi il titolo del film che si potrà imbastire a breve. Cerco di sfuggire all’idea diffusa, ossia puah ‘sti mericani tutti cobòis che manco sanno dov’è Barcellona e qual’è la capitale della Svizzera. Allora al quesito sul tipo di persone che si sono impadroniti della Merica, e sul fatto che sia un ben riuscito colpo di stato, tale ai mie occhi la presa di potere del biondino stinto, come tutti i golpe subdoli, mica quelli belli sanguinari latini a partire da quel di Franco, no no, qui tutto secondo le regole, folle imbesuite e plaudicanti, elezioni nemmeno truccate, il poppolo è un trucco di suo e stravince, parlamenti clap clap, Anschluss, io mi assumo tutta la responsabilità etica storica politica e casa bianca con diritto di prelazione su una casetta in canadà, al quesito dunque la risposta è già data : dei delinquenti, assassini come solo in Europa ai tempi. Delinquenti che non agiscono, qui sta il busillo, per ignoranza : dire dell’Europa che è un posto dove si sta perdendo la libertà d’espressione guarda che nemmeno Mussolino, il brigante in ghette, avrebbe forse osato dirlo.
Allora deduco che c’è un piano carogna inteso a far terra bruciata qui da noi dove peraltro c’è esperienza, a resuscitare lo scontro con la Russia e poi via, a coltellate e vincere vinceremo scaraventando milioni di dollari in una guerra, perché sarà guerra ci scommetto ; altro che commerciale, tutti ci guadagnano da sempre nei conflitti a pentoloni bollenti, la stanno cucinando e per ora sono al taglio delle cipolle e alla preparazione del pentolone. L’Europa dormitat, sonnecchiante Omera, ov’era, Opera : l’impudenza premiata vance. E la voce democratica qui al solito irride, quando lo fa, si preoccupa nel migliore dei casi quando bisognerebbe tagliare i ponti con gli Stai Uniti prima di essersene sommersi. È scritto nelle parole e nei fatti. E tutto sommato non mi preoccupo perché in fondo un’ecatombe è auspicabile, come disse giustamente Papini della guerra, la prima immaginati mondiale, che è un’operazione malthusiana al problema del sovraffollamento. Irrisolto quello dello smaltimento dei cadaveri. Vedremo ma non ci sarò a dovermene occupare. Mi spiace per i figli. Credo che o si trasformeranno in partigiani o carogne tagliagole a loro volta. O in entrambi.
A questo proposito, non avendo più l’età per partigianare, buttare bombe a mano ai summit (by the way ricorre il 19 p.v. Yekatit 12, il quasi centenario dell’attentato al Graziani nel summit di Addis Abeba : per rappresaglia pei loro sette morti gli italiani assassinarono 19.000 abissini, ay gli tagliani brava gente, oh Montanelli) lanciare razzi su un ballo alla cassa bianca, niente, fuori commercio sono. Inetto e inutile anche a scrivere pamphlet tranne qui dove conto quanto, no meno del due di picche. E dunque solo soletto giorni fa ho intrapreso un modestissimo boicotaggio antiamericano, prima all’Iperal niente noci della California ( peraltro di qualità e gusto inferiori alle nostre, alle di Grenoble) poi, come ritorsione alle belle levate di scudi da shampista eya eya di Tramp dello Zuckerberg ( Zuccherindelcolle) che, anche lui, ha proclamato la necessità di ripristinare la libertà di parola, bla bla, e basta con i moderatori e basta con le attenzioni ai negri, ai froci, a quelle puttane delle donne e Q, insomma me mi sono preso la briga di boicottargli Whatsapp e ho chiuso il mio account. Poi ne ho aperto uno con Signal. Punto. A latere però, ti racconto questo che, dopo avere avvisato gli urbi et gl’orbi del mio gesto prima con una mail neutra 😑, poi con un invito in Signal chi volesse 😌 poi co’na mail circostanziata sui motivi politici quanto inutili della mia decisione 🧐 bè, sai che è successo, che dei duecento avvisati mi hanno dato riscontro in otto 8️⃣ – perché manca Lancillotto – gli altri gnanca un plissè. Ciò mi ha suscitato dubbi e ubbìe interpretative. ButI’ve been actuallyghosted. Capisco, per carità, che nulla è dovuto, che tra gli urbi ci siano degli orbi appunto, dei malaticci, degli occupati dai santissimi cazzi loro o a preparare il minestrone, a dare lo straccio e stirare le lenzuola, lo immagino e lo capisco perché figurati stamane appunto, dopo la toilette, mica niente, preparata ed è già cotta la minestra ( buona : pak choi, cavolo nero, ceci, verza, un’ombra di concentrato di pomodoro e cipolla) passata aspirapolvere, dato lo straccio, tirati a lucido i vetri dei velux – è il mio quotidiano, tu ci creda o no – capisco che ognuno sta solo sul cuor della terra ed è subito happy hour, lo capisco… mi domando perciò dove trovo il tempo da buttare a indignarmi. E a scrivere, oh Elze…mio