Memo 2 giugno: fare la festa alla Repubblica. I come to bury Ceasar not to praise him

Publico [vc. dotta, lat. publicāre, da pūblicus ‘pubblico’sec. XIII] qui, d’accatto e per conoscenza, il mio commento al bellissimo post, tra i molti che scrive il collega Biuso, oggi in http://www.biuso.eu/2013/06/02/loppio.

Contributo, povero questo, al non volersene star zitta della politica che, alienata di polis, è letta non eletta. E confinata. Forse dovrebbe sconfinare. Riflettendoci, pare che la maggior parte di noi viva in una striscia di gaza mentale. Ecco il testo.

Caro e doloroso Biuso, al solito, colpito e affondato il bersaglio. Mi permetto di allegarmi come prefica al coro. Da vent’anni, la miglior cosa sarebbe andarsene a Lanzarote o anche meno, dove con meno si vive lo stesso, bene por supuesto. Ma non siamo del tutto liberi, dipendiamo proprio da questa un tempo gentile Repubblica, che almeno a noi dà il pane e forse una pensione, per quanto sappia di sale. Ovvero, sono troppo vecchio per andare a intraprendere più che l’attività di custode di ville svizzere su qualche isola portoghese o spagnola, in fondo c’è il servizio sanitario nazionale anche lì, migliore puo darsi. Peraltro A mis soledades voy/de mis soledades vengo, porque por andar conmigo/me bastan mis pensamientos. Qui si vive sotto ricatto in uno stato che è pontificio e pontifecale anzi, ai dì d’incoeu, un pontifecaloma; solo il trattamento chirurgico gioverebbe. Il supposto popolo italiano è il popolo del papa re. A loro gusta l’auto da fè. Nel mio istituto l’opinione che dissente è un reato di lesa maestà che viene punito dalla maestà stessa di colleghi che si assumono in cielo da sè e con il silenzio assenso e le pacche sulle spalle di chi invece dovrebbe sollevare sedie e scrivanie. Gl’è, caro Biuso, che l’italico, proprio a partire dai giornalieri giornalai, è fascio. Ne converrai. Il fascismo è un archetipo mitico che a volte si rivela in un modo a volte in un altro e con diverse divise, piviali, mitrie, icone, pennacchi, orbaci o doppi petti. Sotto, tra le dita dei piedi, si annidano i funghi. Sa di caserma l’Italia, ricordiamo tutti Florinda Bolkan in Indagine su un cittadino. Quale sia il mito è difficile a dirsi, potrebbe essere quello di Abramo e Isacco, non so, non è un mito greco di sicuro, perchè in Italia anche i miti sono sottratti alla loro potenza immaginale, politeista. Adeguato all’idea di continuum unicum che è dei poteri sovrumani. Del resto l’idea di res publica fu liquidata in Italia già da quei Cesari che avevano capito come si governa. I come to praise Ceasar not to bury him. Ma credo ci sia un perchè, ogni italiano, in realtà si sente un padreterno. E tra padreterni si sentono tutti eguali, benchè più eguali di tutti. Oggi è la festa delle Repubblica. Ne parlerà il Papa?
Con molta stima Pasquale

About dascola

P.E.G. D’Ascola ha insegnato per 35 anni recitazione al Conservatorio di Milano. Ha scritto e adattato moltissimi lavori per la scena e per la radio e opere con musica allestite al Conservatorio di Milano: "Le rovine di Violetta", "Idillio d’amore tra pastori", riscrittura di "Beggar’s opera"di John Gay, "Auto sacramental" e "Il Circo delle fanciulle". Sue due raccolte di racconti, "Bambino Arturo e il suo vofabulario immaginario"" e "I 25 racconti della signorina Conti", i romanzi "Cecchelin e Cyrano" e "Assedio ed Esilio", tradotto questo anche in spagnolo da "Orizzonte atlantico". Nella rivista "Gli amanti dei libri" occupa da molti anni lo spazio quindicinale di racconti essenziali, "L’ElzeMìro".
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2 Responses to Memo 2 giugno: fare la festa alla Repubblica. I come to bury Ceasar not to praise him

  1. marinella says:

    …e meno male che oltre a provvedere al vettovagliamento trovi il tempo di scrivere due righe…bacione! Marinella

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