Oso, con un vago disagio, rendere nota una sciocchezzina che ho scritto per una org. palestinese, http://www.tamerinst.org, che ha chiesto a illustratori e scrittori nel mondo di mandare una cosetta, diciamo un regalino per i bambini di Gaza. Non sto a farla lunga; chi vuole apra la pagina dell’istituto in questione per saperne di più. Il raccontino qui di seguito, meno che tale, è stato scritto per loro in inglese, il mio arabo ha perso lo smalto specie quello per le unghie, ma non oso troppo e lo pubblico versato in italiano. Il titolo originale inglese è The short Penny Pencils. In italiano invece
Titta Matti
Eccoci qui ciao. Vi domanderete chi sono, bene, io sono un aggeggio per pensare ma devota alla scrittura. Mi chiamo Titta, alle corte, ma questo non vuol dire che io sia sempre corta, cognome bizzarro, Matti. Sono, dovrei forse dire siamo, ma insomma sì sono piuttosto vecchia, tanto, ma nessuna di noialtre parenti e affini sembra farci caso. Perché sono sempre di buona compagnia, acuta, soprattuto silenziosa, niente elettronica e niente energia, a parte quella per pensare. So lavorare duro invece, dovunque, in ogni modo, quando si vuole. State riposandovi un poco, è una domanda, ve la state prendendo comoda da qualche parte, altra domanda, dico nel vostro cortile, in cucina, in bagno, nella vostra cameretta, bon, sempre al vostro servizio, non sentireste mai la mia mancanza. Per non dire delle piccole lamette di cui ogni tanto ho bisogno, ma giusto per rifare un poco le punte al mio carattere o dei personaggi che interpreto. Sto quasi sempre in compagnia di un blocco per appunti, appunto, ma un singolo foglio di carta mi va bene lo stesso, singolo lui, singola io, mai sentito il bisogno di prendere marito. Questo benché io provenga da una famiglia piuttosto numerosa, tra zie, cugine, nipotine, sorelle, soprattutto sorelle, sparse un po’ dappertutto nel grande mondo, tutte donne. La maggior parte delle tipe come me sono ragazze un po’ rigide, pensierose, sempre vestite di nero ma tra noi una moltitudine ama i colori, che siano l’arancio delle arance dorate, il blu argenteo delle sardine tra le onde, o il verde tenero delle foglie a primavera, il color sabbia della sabbia o il bianco dei gabbiani. Cose così. Tra i compagni di matita non siamo noi quelle che sono meno matite di altri. Impeccabile nel mio abitino nero, sono io a suggerirvi le memorie più belle, i sogni e le speranze, i più arditi pensieri o, per farla breve, anche la lista della spesa. In ogni caso basta chiedere e io vi scrivo giù qualunque cosa vi passa per il capo. Saranno poi le mie sorelle a colori a fornire le sfumature indispensabili alla vostra immaginazione; che è un dono. Una specie di regalo che ognuno dovrebbe fare a sé stesso e tenerselo stretto per sempre. Senza dimenticare che nessun grande poeta o eccelso pittore, ha messo mai mano a eccelsi poemi e grandi quadri senza partire da una piccola linea nel vuoto.
non so, scrivere per l’infanzia richiede una scrittura di smisurata eleganza, e tu ce l’hai addosso l’eleganza del pensare e dell’essere, ma non è solo un dono, a me fanno paura le persone geniali
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Mmm, similissi cum similibussi. P.
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Che delizia Pas! Un abbraccio. Ho paura che quest’anno non ti vedo. Tere
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Tere tore tire tare ture, no, io sono in ferie a Lecco da ottobre scorso 2013 e non mi muovo. È il mio buen ritiro. Ma guarda che mi deve capitare; vi chiappo con l’infanzia.Grande successo di Titta. Strani giorni, cantava Battiato. Allora comprati Bambino Arturo prima che lo ritirino dal cosiddetto mercato. Sentite grazie e baci
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Chiedo scusa, ma c’era un refuso: 15 minuti di lettura a rotta di collo senza perdere nulla di questa chicca che ai miei occhi si è animata ed è diventata un film: grazie.
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Ma pensa. Prego. Inaspettata nota e tanto più gradita. Spero che altrettanto gradita sia a qualcuno, o almeno un pochino a Gaza. La versione originale in inglese è molto più rudimentale e semplice, priva del tutto di ipotassi; scritta secondo le regole british, soggetto, predicato, complementi, punto punto punto. Ma sono contento se sono riuscito a scrivere piccolo.
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Delizioso ed esatto questo racconto, caro Pasquale.
Dare voce agli oggetti non è mai facile, voce vera intendo e non proiezioni.
Una matita capace di pensare, comprensibilmente vanitosa ma anche consapevole dei propri limiti e funzione, nutrirebbe i pensieri che tu lei hai offerto.
Spero che i bambini di Gaza possano trarre un po’ di respiro da ciò che arriverà loro anche tramite il tuo racconto.
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Come il clinico critico offre i propri pensieri allo stimato collega e ne trae il conforto necessario alle proprie diagnosi, così attendo i tuoi commenti e ritrovo in essi indicazioni che mai mancano allo scopo. È un lavoro quello che mi concedi e te ne sono più grato di quanto tu possa immaginare. Dare voce vera e non proiezioni. Già.
E grazie per avere twittato. P.
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