Leggo con uno sconcerto magari degno di miglior causa che un gruppo nutrito tra saltinmanchi e italici dottor della lor sorte, si è fatto scrivere da qualche negro governativo un comunicato cui loro poi, essi stessi hanno dimenato in calce le loro scondinzolanti firme di approvazione. E giù sì sì a più non posso in vista della grande acquiescenza del 4 dicembre. I nomi sono preclari, alcuni di tale deludente vigliaccheria, altri di tanta sopravvaluta pochezza che non facciamo nomi per non sporcare la tastiera e i circuiti di questo povero Mac d’annata, e non di razza dannata. Chi vuole se li pappi al link in calce. Ora ci vuole poco ad essere in malafede, essere doppi e tripli è l’arte di Rigoletto che crede di sfottere ed è fottuto, indi chiagne, dunque che si fotta. Pietà per quel vinto non ne ho mai provata. In parole auliche Rigoletto è cortigiano non minore di uno stronzo di cortigiano e non minore vigliacco di Don Abbondio, epìtomi entrambi dell’itala santa, navigatrice e poetica temperie. Verdi e Manzoni, che la sapevano lunga, serve firme non ne apposero mai, nemmeno una. Ricordiamo che solo quindici professori universitari nel 1931 rifiutarono di giurare fedeltà al Truce[1]. Chi firmò invece, per assentarsi dalla propria dignità ebbe allora la giustificazione di tenere famiglia, di vedere lontano le magnifiche sorti e progressive, bref di essergli richiesta apertis verbis la certificazione di servaggio al Truceluce dallo stesso partito comunista, sempre attento al bel sole che sorgi dell’avvenire.[2] Questi multipli sangennari no, sono servi volontari del rignanese. Avantardìti non richiesti. Scapigliati calvi.
Disons donc que, si toutes les choses auxquelles l’homme se fait et se façonne lui deviennent naturelles, cependant celui-là seul reste dans sa nature qui ne s’habitue qu’aux choses simples et non altérées: ainsi la première raison de la servitude volontaire, c’est l’habitude; comme il arrive aux plus braves courtauds qui d’abord mordent leur frein et puis après s’en jouent; qui, regimbent naguère sous la selle, se présentent maintenant d’eux-mêmes, sous le brillant harnais, et, tout fiers, se rengorgent et se pavanent sous l’armure qui les couvre. Ils disent qu’ils ont toujours été sujets, que leurs pères ont ainsi vécu. Ils pensent qu’ils sont tenus d’endurer le mors, se le persuadent par des exemples et consolident eux-mêmes, par la durée, la possession de ceux qui les tyrannisent. Mais les années donnent-elles le droit de mal faire? Et l’injure prolongée n’est-elle pas une plus grande injure? [3]
Poveri rigoletti, finiscano in etti, inetti bigotti e bigoletti [4]
A proposito del referendum, mi sbalordisco ogni giorno di più come persone di cultura – intendo professionisti o comunque dotate almeno di una laurea – attribuiscano acriticamente contenuti di pensiero ai termini che emergono dal chiacchiericcio mediatico, a sua volta riflesso di una sorta di grammelot politichese-istituzionale: blablablablablablabla……..CRESCITA….blablablablablablabla……CAMBIAMENTO….blablablablablabla…. NUOVO….. blablablablablablablablabla…… GIOVANE…..blablablablablablablablablablabla…..POPULISMO…. blablablablablablablablabla …..MERCATI…….. blablablablablablablablablabla ……. INVESTIMENTI……. e, sulla base di una confusa e inesprimibile attribuzione di senso a detti termini votano Sì. Per non parlare di quelli che affermano che il nostro imbonitore ha fatto molte cose, e condivido, sicuramente un “casino di cose” come tirar fuori dal cappello il ponte sullo stretto…. Certo che dire no è faticoso, così come per la maggior parte delle persone lo è anche nei confronti di figli bambini ai quali è molto più facile dire sì….Quanto al servaggio degli uomini e delle donne di spettacolo (come sono maschilista, ho nominato gli uomini prima delle donne), cosa devo dire. Ci sono i cosiddetti testimonial dei prodotti commerciali, e quindi ci sono anche quelli dei prodotti politici. Almeno i primi lo fanno per lucro (Swarovski, dopo una splendida analisi della III Sinfonia di Beethoven affermava che era la cosa più bella del mondo dopo il denaro), ma gli altri lo fanno solo per ossequio al ben pensare e per servilismo. D’altronde la parentesi romantica che attribuiva all’artista il ruolo di vate si è definitivamente chiusa e l’arte in generale è tornata nei suoi ranghi di orpello del potere costituito, almeno qui da noi. Un Ken Loach qui sarebbe impensabile, anche se da noi abbiamo avuto la grande stagione del neo-realismo, della satira e dell’impegno civile… E questo mi riconduce alla riflessione sulla “storiella” che mi hai inviato giorni fa. Tra le tante cose che mi desolato in questi “tempi bui”, e forse la più significativa, è proprio la perdita del ricordo, il colpevole oblio di quella storia che ha costruito la nostra identità. Evidentemente oggi il ricordo è un sentimento troppo delicato perché possa esercitare un ruolo nell’agone politico, riflesso a sua volta dell’imposizione delle “leggi” del mercato che travolgono la concretezza delle vite vissute, figuriamoci la proposta di valori “passatisti”, tranne che il linguaggio che li esprime non sia omologato al chiacchiericcio mediatico-marchettaro. In quarta di copertina del programma del concerto d’apertura della Filarmonica della Scala, cui sono stato invitato – I° Concerto per Pf e Orchestra di Beethoven e VII Sinfonia di Bruckner – spiccava a caratteri cubitali la scritta “Le emozioni vibrano all’unisono”, il cui responsabile pare sia Chailly. Meditate, gente, meditate…..
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Ti sono molto grato Leo per questo sostanzioso e riflessivo commento, sorta di parergon a quanto allegramente scritto da me, commento o riflessione che voglio augurarmi sia happy hour per quanti passando da questo blog in silenzio, magari vi trovano di che abbuffarsi. Aggiungere mi pare inopportuno. Un caro abbraccio P.
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Un Paese che non è capace di ferocia nei confronti di chi comanda. Almeno una volta. E non nel momento in cui è già cadavere -come avvenne nel 1945 con il Truce- ma quando il Male respira ancora. No, la società italiana non ne è mai stata capace. Inglesi, francesi, russi hanno ucciso almeno una volta i loro Padroni. Noi mai. È anche questo che ci rende servi.
Le ragioni del servaggio sono tante, alcune anche comprensibili. Ma mai comprensibili sono quando la servitù sta in bocca a chi ha soldi sufficienti per rimanere libero. Perché è anche il denaro che fa la libertà. Quando questi poveri rigoletti di registi, attori, cantanti e altro, che non avrebbero bisogno di servire, mettono il loro nome ai piedi di un rozzo delinquente politico, di un analfabeta in Costituzione e in ogni cosa, di un imbonitore massone che frequenta messe, quando accade questo, vuol dire che la servitù è irredimibile.
Abbiamo il dovere, Pasquale, di essere ancora più liberi noi, per tentare di compensare almeno un poco l’assenza di libertà di questi e altri cortigiani.
Vorrei essere la lama della ghigliottina se la ghigliottina servisse.
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Vorrei essere la lama della ghigliottina se la ghigliottina servisse
Questa la faccio mia, Alberto. Dopo vorrei tornare all’utero, di tutte di Allen è una delle migliori esternazioni che conosco.
Il resto è storia d’Italia, in succinto e in sintesi. Poi si può stare a pescare tra i fatti. Guarda, fu davvero mal congegnato e malfatto lo sbarco a Sapri dei trecento giovani e forti che sono morti, ma verissimo è che furono massacrati dal popolo che volevano salvare dall’oscurità. Grazie Alberto
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