Pezzi di merda indignatevi

Chiaro avevano il canto quei poeti greci,/ l’inquieta, l’oracolo Cassandra, i comici./Oggi l’abito è di Aronne e di Mosè,/dirsi e contraddirsi circa un sì, circa un perché                                                                                                                                                                                                            Zenone Psèudolo-Àsole-TS 1999

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Rudolf Schlichter – Ritratto di Ernst Jünger

Reiten, reiten, reiten, durch den Tag, durch die Nacht, durch den Tag. Reiten, reiten, reiten. Und der Mut ist so müde geworden und die Sehnsucht so groß1                                                    Rainer Maria Rilke – Die Weise von Liebe und Tod des Cornets Christoph Rilke

Mumble mumble mumble, preciso che da giovinotto fui chiamato Sogno-di-un-valzer dal mio maestro di teatro per conclamate e coccolate attitudini alla ricerca di temporaneità perdute; e Chiodo per il rigore dal vago profumo prussiano nel fare. Il ’68 rigurgitava se medesimo e io portavo cravatte, e mica abàsta, papillons, la giacchetta, farfallone amoroso certo ma insomma così mi piacevo. Epoca di zoccoli, detestavo lo zoccolìo specie dei quadrumani. Oggi  lamento il fatto che sia raro rinvenire una trattoria, una semplice trattoria, e un avventore che sappia usare le posate; che la forchetta non va impugnata come vanga a perpendicolo su un cibo zolla che il coltello solca; che non si mangia col cappello in testa e per di più da baseball; che in generale sarebbe bene avere chiaro dentro di sé un soffermarsi, un abito stirato, una sintassi. 1914. Dopo 50 anni di pace che sembrava avere posto fine alle guerre feudali, L’Europeo, che a quelle tribali dava sfogo nei continenti intorno, neri, gialli, écru, dopo tutto questo ben-ti-sta la civiltà, di sapersi annodare il papillon, ballare il valzer, anche musette, usare la forchetta, l’Europeo pensò bene di far fuori tutto questo in un fritto misto paramount di cicce e di educazione. Nelle tempeste d’acciaio, Ernst Jünger. 

In una sorta di diretta Fesse-bouc, da un professore Acciàri sull’orlo dell’apoplessia, ho appresso giorni fa di essere un pezzo di merda. Si cerchi in Il (mis)fatto quotidiano. Poco prima del referendum del 4 dicembre, dal cassero della signora Leopolda un altro professur, il Ricopiàti fu più comprensivo e clinico; a chi minacciasse di non far proprio il consenso alla politica del cavalier Rignano, a noi urbi et orbi, egli schiuma della propria pipa appioppò poroppò poropò una diagnosi di nullenza, di telemachìa, di figlianza ripudiata del padre egemone, talamon de’ talamoni. L’Acciari scaccino della cattolicissima Vita&Salute, Milano San Verzelio, ci caccia, almeno così a me pare, dal limbo clinico al girone ultimo, appresso al Satanaleppe, bolgia dei merdaioli. Ma il punto non è questo. Nel 1939, centimigliaia di repubblicani spagnoli, torme in fuga dalle baionette franchiste, al varcare il confine francese furono presi e internati in campi di concentramento; mica comodi, topi e scabbia. Qualcuni poi finirono a Mauthausen. Nel 1944 con due condanne a morte sul coppino, mio padre, che dell’essere espulso fece mestiere della sua vita, finché dalla vita stessa fu espulso, tentò la fuga in Svizzera, fu preso dagli Jäger, rifocillato, ricondotto alla rete di confine sopra Tirano e tanti saluti a sòreta. Nell’un caso come nel secondo non c’era da dubitare della condizione del fuggiasco. Né dell’asprezza degli stati. Tutti si difendono, chacun à son goût. Oggi chi come me non frigna parole per i migranti e reduci di non si sa bene dove, da non si sa che cosa, ma il Manifesto dice da guerre e miseria, sai la scoperta, ebbene secondo l’acciaiuolo, colui che di ciò non s’indigni è un pezzo di merda. Chi non ha conati di lacrime per un morto in mare idem né, inferisco, buon cristiano del piddi.com. Buffo, i preti minacciano lo sciopero indignato della fame, E dopo aver mangiato, mangiato e bene bevuto, ma cacciare un tallero o provvedere nix. Bene l’assunto è chiaro e lo condivido, da anarchico non sono né pidicolo né buon cristiano, infatti né pontifico, né insegno all’università cattolica, anche per assenza dei prerequisiti minimi, il battesimo e l’attitudine mosaica a far cabbala circa un vietato entrare; non mi sdilinquisco, non mi spiego il traffico continuo di umani, benché lontano mi pare dai toni biblici cantati del signor Salvini, che un giorno spiegherà come mai non si dà almeno da mangiare e da lavarsi a 100 e rotti e tuttavia si tollerano frotte di stanziali sfaccendati, per esempio alla stazione di Milano; a Lugano non si vedono, ma si sa lo Svizzero che fa; non mi spiego da parte di chi si esprima tutta questa manna di bontà, Bibbia e moschetto, e con soldi da dove, e vascelli d’ogni tonnellaggio, costosi e ricchi d’equipaggio che a colpo sicuro vanno a raccattare ora qui ora là una schiuma umana, che nessuno vuole in Europa tranne il barbariccia di Secondigliano. Qui s’è perseguita una nazione indifferente alla società che la costituisce, uno stato eticattolico a prescindere. Per gli urbi e gli orbi. Dunque sono un pezzo di merda. Mi han già dato del fascista; per i piddi.com, oggi come ieri, lo è chiunque non si adegui alla tiritera dello Stato sono me; l’ultima sentirla, Vergogna vergogna, come in Cimarosa-Bertati, Matrimonio segreto atto primo ma poco divertente assa’. Messi all’indice e al medio gli urbi et orbi. Pezzi di merda; mi sembra peraltro sì, una definizione decisa e terrigna, ultimativa, non ideologica però, da trani, da balera, generica a suo modo, da conflitto automobilistico. Fascista mi pare se non altro, più solida, molto europea, mercato comune, carbone e acciaio e Mediobanca, migliore tutto sommato, Repubblica nel culo. Certo nazista mi piacerebbe di più. Più che altro per la divisa di Hugo Boss. Attendo conferme, chioso… 

Eine Wirklichkeit ist nicht vonnöten,/ja es gibt gar nicht, wenn ein Mann/ aus dem Urmotiv von Flairs und Flöten/seine Existenz beweisen kann/(…)Als ihm graute, schuf er einen Fetisch,/als er litt, entstand die Pietà,/ als er spielte, malte er den Teetisch,/doch es war kein Tee zum Trinken da.2…  

…e dunque con Totò concludo, https://www.youtube.com/watch?v=bJ7u9laQmuc

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                               1 Le canzone d’amore e di morte dell’alfiere Cristoforo Rilke. Galoppa galoppa galoppa, di giorno, di notte, di giorno, galoppa galoppa galoppa. E il coraggio è un così stanco peso e la nostalgia così grande. 

2 Una realtà non è necessaria/e che ci sia poi macché, quando un Ognuno/dal tema antico di flauti ed aria/riesca a mostrare d’esserci, Qualcuno…che dal terrore, costruì un feticcio/dal dolore, una Pietà/ e allegramente, un tavolo da tè posticcio/però pel Bere non c’era alcun Tè, oplà. Gottfried Benn – Wirklichkeit – in Destillationen 1953

About dascola

P.E.G. D’Ascola ha insegnato per 35 anni recitazione al Conservatorio di Milano. Ha scritto e adattato moltissimi lavori per la scena e per la radio e opere con musica allestite al Conservatorio di Milano: "Le rovine di Violetta", "Idillio d’amore tra pastori", riscrittura di "Beggar’s opera"di John Gay, "Auto sacramental" e "Il Circo delle fanciulle". Sue due raccolte di racconti, "Bambino Arturo e il suo vofabulario immaginario"" e "I 25 racconti della signorina Conti", i romanzi "Cecchelin e Cyrano" e "Assedio ed Esilio", tradotto questo anche in spagnolo da "Orizzonte atlantico". Nella rivista "Gli amanti dei libri" occupa da molti anni lo spazio quindicinale di racconti essenziali, "L’ElzeMìro".
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2 Responses to Pezzi di merda indignatevi

  1. Biuso says:

    Splendido testo, Pasquale. Hai ragione: meglio essere materia terragna anche se un poco schifosa piuttosto che sensibili anime belle, pronte tuttavia alla ferocia. Ancora una volta Nietzsche ci aveva avvertiti: guardatevi soprattutto dai buoni, dai loro sentimenti, dalla scarsa ma strisciante intelligenza che sempre li accompagna.

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    • dascola says:

      Mi pare Alberto caro che appunto il nostro abbai delineato bene l’orizzonte del buono, strisciante, che nulla sa ma lo sa bene. In fondo donna Prassede. Dell’anima bella non direi che è “pronta” alla ferocia ma che è feroce in quanto anima bella. L’immaginarsi tale esclude che possa comprendere il contrario. Dunque lo esercita. TI pare? Grazie del commento confortevole.

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