Osservo che è una Nissan bianca, il fatto che sia Nissan e non Toyota o Bmw e che sia bianca e non color squalo o color burqa è indifferente, ma sul bianco del cofano si nota lo stemma della fabbrica, il suo logo come dicono le persone che sanno vivere dove vivono. L’auto è grande una specie di Suv più piccolo, più in formato giapponese si direbbe, ma insomma ha grandi ruote e un aspetto massiccio da peso medio. Mi pare che sia un o una Suv dal disegno e dalla faccia dell’autista, che, come la carrozzeria, è di genere femminile e ringhiosa. Perlomeno questa è l’impressione che ricavo, oltre il parabrezza, dalla mascella prognata, altrimenti detta volitiva, lo sguardo dissimulato sotto una fessura delle palpebre. Tanto l’auto quanto l’autista, trasportate dalla medesima furia, sono arrivate in velocità su da uno sterrato campagnolo e bloccate di colpo, con un sussulto delle sospensioni e del rachide cervicale della guidatora, allo Stop che sfocia sulla comunale asfaltata, un segmento quasi retto, i cui estremi a e b sono Montagnana e La Romita e che collega una serie discreta di piccole località su una cresta collinosa tra la valle della Pesa e del Virginio. La macchina ha disteso dietro di sé una coda di polvere gonfia e roteante dopo una corsa in terza o in seconda, lungo lo sterrato che in più punti, lo conosco, ha buche profonde scavate da innumerevoli piogge, ma si potrebbe credere da meteoriti, e mantenute da un contenzioso tra due comuni su a chi spetterebbe, i condizionali condizionano, il compito di asfaltare il percorso. Strada inadatta a correre come tutte le strade che, si sa, stanno di solito ferme, anzi di solito sono apprezzate per questo loro carattere irremovibile. La donna, la Nissan, il motore, sono corsi su saltando sulle buche, sulla ghiaia dove in velocità le ruote possono rotolare a vuoto, per arrivare a uno stop. È un’auto da battaglia e di una battaglia deve avere conquistato la quota, lo stop ma, del resto, penserà forse la donna, perché mai mi sono presa un Suv se poi non corro su uno sterrato, Io, sono arrivata allo stop, Io, davanti una serie di concorrenti immaginari, Io, ho morso il freno con il mio sandalo destro, c’è la quasi certezza che la donna abbia ai piedi dei sandali siamo in agosto e che nessuno glieli slacci, Io calpesto l’acceleratore nello stesso modo, Io, schizzerò in avanti sull’asfalto a velocità ancora più alta. Esegue.
Il giornale, che tengo stretto insieme con un sacchetto di olive e di prezzemolo tra le dita della mano sinistra, strilla di miliardi bruciati in Borsa, dal verbo borseggiare, italiano per carpire a piccoli sorsi da cui poi o la borsa o la vita, tempio dove i miliardi in realtà non sono cremati ma transustanziano in nulla per alcuni e in oro per altri; e delle lacrime di uno che in Italia piange, sangue dice, ma non amaro. Ecco tutto.
pad, io non sono nata per scintillare ma se qualche scintilla mi sfiora ne sono felice! lo dice una che si tormenta sul come discorrere di giobbe e di abramo e finisce con lo starsene zitta.
Grazie per le tue pagine, ne leggero` una alla volta, chissa` che giobbe non ne approfitti.
giuliana
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P.S. regola l’orologio Pasquale! qui al paesello sono le 21,54, nel tuo blog le 19,54
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Fatto! 🙂
CIAUZ!
amy fan(cazzista!!!!ihihihi!!)
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“c’è la quasi certezza che la donna abbia ai piedi dei sandali siamo in agosto e che nessuno glieli slacci”…..mito Pasquale! che descrizione magistrale :).
e ciao! leggo che sei in vacanza anche te, bene bene! occhio allora alle gnocche sui suv che ti spalmano sullo sterrato -;))!!
ciaoooo, a rileggerci e buon proseguimento
anna
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