Je suis sûr qu’il en sait plus qu’il dit et même sur ce qui va se passer… Le silence animal c’est quelqu’un. Dal malcapitato sulla terra Céline al suo gatto Bébert.*
L’umano ha un intelligenza che sfiora, varca e si addentra con gusto nei territori della stupidità. E ogni stupidezza si presenta con la sua maschera migliore, crudeltà appagata da sé medesima… E mi presento; sono un’anima passibile di candida e, nonostante sia candidato certo al decesso, nonostante defechi e urini, nonostante dei santi non mi appartengano né odore né stinchi né altri accessori anatomici e abbia praticato specie nel passato qualche po’ della sessualità assegnatami volente o nolente dalla natura naturans (cfr. Enc.Treccani), nei limiti del possibile primate anch’io con tutto quel che ne consegue, sempre nei limiti del possibile non sono né violento né depravato, cioè un essere umano. Capisco peraltro chi mangia i morti convinto che faccia bene alla salute riempirsi di cadaverina, per quanto cotta, ma non si convinca egli che una superiorità fantasmatica o una diversità immaginaria estranea al resto del mondo gli affibbi il diritto di farlo e nel più sconveniente dei modi possibili. Non capisco, né giustifico né assolvo chi, convinto di potersi e doversi impossessare d’altri con la morte, dell’altro prima fa cavia, vittima e olocausto, prodotto industriale della propria naturale crudeltà. È vero che l’Iliade è piena di assassinii e che Omero, il nostro non vedente personale come direbbe il bipede standard, tagliatore di teste che addolcisce i termini delle proprie fallàcie, che Omero dunque ne racconta di crudi e di cotti, ma attenzione si tratta di uomo contro uomo, un contro l’altro armato, e di non meno feroce donna nel caso di figlie, spose e sorelle di Troia.
Come si vedrà nel filmato e come del resto si dovrebbe sapere i nazi hanno fatto scuola. Il metodo è uguale, non simile, uguale; il gusto del far soffrire o l’indifferenza, mascherata di scienza, colpevole nell’infliggere il male più ancora del dolore, è il medesimo. Il divario sta nell’impavida convinzione con cui i nazi, e altri per carità, non diamo loro meriti particolari se non al loro metodo, i nazi si sono accaniti on their own, anzi su conigli prediletti da Dio. I prediletti dalla forca di ieri torturano nell’oggi del resto, dall’alpi alle piramidi dal Manzanarre al Reno** e grazie alla premura dello stesso ciclopico personaggio, uguali metodiche si applicano a chicchessia. Non so dunque come dormano quei macellai che vedrete, che dovete vedere perché la tenerezza di coratella non giustifica lo sguardo volto altrove. Cioè sulle ben intingolate coratelle altrui. Non so come dorma o peggio con che faccia s’imparrocchi, oh ci andrà oh sicuro che ci andrà la signora sonderkommando di sé stessa, che ogni mattino chiappa per le orecchie poveri morti e li seppellisce nel congelatore; le pelli serviranno per guanti, you bet; si racomanda di surgelare prima della decomposizione. Non lo so ma tutti sappiamo che il cristianesimo è il derivato principale di un discreto macello finito con inaspettata happy end per il macellato. Non lo so ripeto e voglio credere alla schizofrenia di chi vive nell’inferno che ha creato e poi tutte le feste al tempio (Giuseppe Verdi -Rigoletto- A1). È storia nota quanto la querelle irrisolvibile tra vegetariani e carnivori. Tra cacciatori e cacciagione. Del resto ottimi padri d’industria sono orrendi padri di famiglia e spesso tutt’e due e anche di più. Il piccolo padre con i baffi sorrideva e macellava. Non lo so, non so nulla se non l’orrore. Questo mi è chiaro fin dalla più tenera età, quando noi bimbi privilegiati da Immaginazione si credeva a Babbo Natale, alle renne e all’anima degli orsacchiotti di pezza. Poi il buio di una trincea, fischietto e tutti fuori, rataratatatatrratatta. La vita è un bond, James. Amen
Iliade, libro VI 53-60
… ἀλλ’ Ἀγαμέμνων
ἀντίος ἦλθε θέων, καὶ ὁμοκλήσας ἔπος ηὔδα·
ὦ πέπον ὦ Μενέλαε, τί ἢ δὲ σὺ κήδεαι οὕτως
ἀνδρῶν; ἦ σοὶ ἄριστα πεποίηται κατὰ οἶκον
πρὸς Τρώων; τῶν μή τις ὑπεκφύγοι αἰπὺν ὄλεθρον
χεῖράς θ’ ἡμετέρας, μηδ’ ὅν τινα γαστέρι μήτηρ
κοῦρον ἐόντα φέροι, μηδ’ ὃς φύγοι, ἀλλ’ ἅμα πάντες
Ἰλίου ἐξαπολοίατ’ ἀκήδεστοι καὶ ἄφαντοι.
… Quando Agamennone/sopravvenne correndo e diceva parole gridando:/oh scemo d’un Menelào, che perdi tempo con questi?/belle cose t’han fatto in casa i Troiani!/non uno deve sfuggire alla morte/alle nostre mani nemmeno, se maschio,/quello che ancora in pancia ha sua madre,/sterminiamoli tutti ché d’Ilio/neanche il nome ci resti.
La versione, piuttosto libera, è per gentile concessione del vecchio Toni Comello che me la regalò da vivo, quando di notte traduceva e traduceva e traduceva dal greco su infiniti foglietti di carta…
… le monde des grecs, le monde tragique, soucis tous les jours et toutes les nuits. L.F.Céline-Nord
“… dolore che intesse anche l’esistenza dell’Homo sapiens”
Grazie a te Alberto per questo accorato commento e per la riflessione ulteriore che, secondo me, dovrebbe indurre a coltivare con poca spesa in noi un sentimento pànico di simiglianza e compassione. Anche per gli umani ben inteso. Ma non sempre. Ave atque vale
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Grazie per questa riflessione, caro Pasquale, che accomuna gli sterminatori di altri animali ai totalitarismi del Novecento e a ogni altro male.
La violenza insensata, avida e sadica contro altre specie credo che sia una delle ragioni più profonde del dolore che intesse anche l’esistenza dell’Homo sapiens.
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Ah, te tu dichi..
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Babbo natale é un grande perché con te ha una pazienza grande come la Groenlandia.
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