Casco rosa

 

mostri

L’uomo pallido da Il Labirinto del Fauno di Guillermo del Toro

Almeno tale da apparirmi logica adesso, c’è solo una motivazione che riesco a intravedere nel gesto della presente e soi disante amministrazione americana, ed è quella di voler scatenare la giusta reazione palestinese nella speranza che sia il più violenta possibile in modo da giustificare, già che siamo lì in Siria, l’intervento americano, anche sotto traccia; per far fuori tutti i palestinesi possibili, operazione non andata a buon segno a Sabra e Chatila nel settembra 1982; o almeno spaventarli a morte e che se ne stiano di là da un muro che è la tendenza immobiliare di questi anni neri. Qualunque altra interpretazione mi pare porti a un diagnosi di imbecillità di cui l’arroganza costituisce il nocciolo antico. Naturalmente non ho né la competenza né la storia di esperti e mi scuso con loro per volermi impicciare di cose più grandi di me; sono un monello infatti che guarda ciò che vede, delle signore che si spogliano, dal misero osservatorio di un buco nel tramezzo della cabina ai bagni Sirena; si intravedono dettagli limitati ma piccanti e sostanziali.

Divergo un poco. Poco tempo fa e a motivo del mio lavoro mi è capitato di essere presentato a una giovane artista israeliana. Ci scambiano due parole, con cautela perché temo il folle nazionalismo di molti israeliani, il loro credere in ciò che credono, la loro acefalia baciabibbie quanto quella del loro mandante alla Casa Bianca, ma conversando apprendo che la signora è emigrata in Italia, emigrata sì,  stabilita, in pratica convertita a questo pasticcio in forma di stivale, con bambine che vanno in un asilo italiano, ah questa poi niente scuola de propaganda fide, e marito, prossimo all’abilitazione italiana in medicina. Mi stupisco un poco ma allo stupore subentra, per voce della signora, la certezza che la famigliola israeliana è venuta via da Israele, Perché vivere lì è impossibile. Mi freno di nuovo, il nazionalismo ha mille facce e temo che il termine impossibile nasconda la consueta avemaria di tutti i piccoli borghesi sulla sicurezza; perché ci bombardano, perché nemmeno l’esercito di dio e il dio degli eserciti dà garanzie e nemmeno i muri, i pestaggi, la tortura sempre di dio, gli incarceramenti preventivi e senza accusa. E invece no, A voi sembrerà molto strano ma Israele è un paese bigotto e impossibile, tale che qualsiasi altro è meglio, terribile e con dirigenti tanto terribili – non traduco la signora parla italiano come me, chissà non sia di origine – che persino i vostri che vi fanno orrore sono  meglio. Dovunque ma non in Israele è la conclusione del discorso, Viviamo a ***, in provincia stiamo bene. No comment.

Questo epìlogo più che apòlogo mi pare riveli un sintomo imponente ma isolato, non so se e non credo un malessere collettivo come quello che porta molti italiani giovani o meno ad andarsene da qui, e fanno bene, dall’Italia verso un Europa che peraltro resta la signorinella pallida dolce dirimpettaia del quinto piano, l’ultimo che le concedono i piani quinquennali dello stato più canaglia di tutti tanto che dovrebbe espellersi da solo da se stesso, l’unione americana. Arroccata com’è in una comunità codarda e cerchiobottìsta, che riconosce tutti a parole ma se ne impipa di tutto, dei fatti e dei misfatti ignorante come l’ottantenne in carrozzina del Gattopardo, quest’Evrupa frigida ha le sue caramelle di legno da succhiare è vero, ma non intende, lo volesse, lo capisse, che avrebbe tutto da guadagnare a guarirsi la propria voluttà di suddita isterica.

Sicché il grande terrorista, detto dal suo poco abile parrucchiere casco rosaª, disonore di quanti sono crepati nella seconda guerra mondiale per trarci dagli impicci delle nostre dittature, od orco transgender cui augurare di passare da Dallas e restarci per tutti week-end futuri  è pochino, rispetto alle sue colpe in essere e in fieri, insomma il soggetto in oggetto giocando giocando con le bombe a mano di babbo natale ne ha gettata una in piazza a Gerusalemme e non è ancora scoppiata; come gli ordigni neri dei cartoni animati è lì che frizza e fumiga. Attendere.

ª parodia del più celebre titolo Casque d’or di  Jacques Becker con Simone Signoret – https://www.youtube.com/watch?v=L4B613YiWGs

Carlo Buti –  https://www.youtube.com/watch?v=Bn-yTtV8GHA

About dascola

P.E.G. D’Ascola ha insegnato per 35 anni recitazione al Conservatorio di Milano. Ha scritto e adattato moltissimi lavori per la scena e per la radio e opere con musica allestite al Conservatorio di Milano: "Le rovine di Violetta", "Idillio d’amore tra pastori", riscrittura di "Beggar’s opera"di John Gay, "Auto sacramental" e "Il Circo delle fanciulle". Sue due raccolte di racconti, "Bambino Arturo e il suo vofabulario immaginario"" e "I 25 racconti della signorina Conti", i romanzi "Cecchelin e Cyrano" e "Assedio ed Esilio", tradotto questo anche in spagnolo da "Orizzonte atlantico". Nella rivista "Gli amanti dei libri" occupa da molti anni lo spazio quindicinale di racconti essenziali, "L’ElzeMìro".
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6 Responses to Casco rosa

  1. Biuso says:

    Una testimonianza preziosa quella che hai riportato, caro Pasquale. Di una donna e una famiglia intelligenti, le quali hanno saputo vedere il razzismo e l’autoritarismo sionisti e, una volta visto, se ne sono liberati.

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  2. engleberth@libero.it says:

    CASCO ROSA è stupendo

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  3. engleberth@libero.it says:

    I absolutely agree !

    >

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    • dascola says:

      Ah bene Engleberth, son contento così perchè, sai, la concordia dell’intelligente mi solleva del dubbio, che sempre mi turba, di scrivere bischerate o, per meglio dire, di non essere all’altezza di ciò che scrivo. Amen e arrivederci.Baci

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