Francisco Goya – Modo de volar n°13 in Los disparates /Gli spropositi(1815-1824)
Ho l’impressione di anziano e di persona per natura portata a vederla lunga, cioè il peggio che si trasforma in pessimo, ho l’impressione dico che occorra cominciare ad avere paura. Siamo ad un passo dalle elezioni e, se siamo nelle condizioni anche climatiche in cui il paese si trova, mi pare che una parte di responsabilità sia da addebitare a molti di noi, un noi nebbioso di intellettuali senza palazzi, con un passato che ci onora e un pedigree che oggi è più sinistro che di sinistra; con un termine desueto ma efficace, di sfigati alieni al potere e per lo più con uno stipendio ridicolo, che oggi è però il nostro lusso. Per anni, questi noi abbiamo pensato, con buone ragioni, non solo che occorresse votare ma, ogni volta, che occorresse far argine contro questo o quello, fermare Craxi, fermare la DC, il PCI, fermare il maniaco di Arcore quando non era ancora un morto vivente e infettivo. Ragioni ben ragionate ci spiegarono ogni volta che non c’erano da rincorrere passioni e simpatie ma solo e soltanto voti politici da mettere in atto; sempre per salvare il salvabile o, con troppe pretese, per tenere a galla una nave senza nocchiero; ogni volta persino con un velo di assurda speranza in un cambiamento del paese che, dopo i consueti lunghi conteggi di voti che caratterizzano la nostra macchina paleoborbonica, si ritrovava di preciso nelle mani di chi temevamo; gli idem e di male in male, di peggio in peggio. Questo è un esame di realtà, una diagnosi e una prognosi. Oggi mi pare acclarato che ci troviamo in un’orribile contingenza, fronte a una peste nera, più fascista del fascismo di Rosalyn Trump, di Susan Putinpitù e delle Polocche di tutte le Poltavie, perché endemico più che epidemico; se verrà lasciata dilagare, e così sarà, sarà così spaventosa, così grave che non pochi di noi saranno fisicamente spazzati via da uno stato etico amorale e guidato dal solo giudizio di portafoglio personale in ogni atto. Uno stato di SUV, Nutelle e capi-fabbricato. L’assenza di equilibratori democratici, di una convinta democrazia, come in altri, mondi verrebbe da dire, di previdenze costituzionali e soprattuto sociali, di previdenza in generale, segnerà la definitiva rovina di questo paese, tranne per i titolari di postriboli sardegnoli o alle Barbudas. Ma potremmo giovarci del sostegno della Chiesa così decisa a parole a individuare i mali del mondo e nei fatti a lasciare che tutto proceda com’essa ha sempre desiderato, pro domo sua. Inutile mi pare arrabbiarsi a dire che di questa rovina il principale artefice è stato il partito di logge e cupole, destro nel far brodo per conigli di qualsiasi istituto che non fosse bancario. I padri Arezzo, oggi sono solo la copia col pizzo alla Babbo Balbo, dell’aretino maggiore, il padre della Porco2. D’altro canto nulla ci porta a credere che i solecismi di questo e le scempiaggini di quello, di là dal folklore che pure è uno dei peggiori difetti di questa penisola di mandolieri, verranno, in caso di vittoria mitigate da un inaspettato saper governare la barca di cui sopra in modo inaspettatamente gagliardo e vigoroso. Le intenzioni si giudicano anche dalle divise e qui manca persino quel genio estetico pre-armaniano che, grazie ad Hugo Ferdinand Boss, decretò il successo del nazismo. Allo stato delle cose solo sentire parlare di risanamento del debito pubblico o di uscita dall’euro suona piuttostamente come la minaccia dei vandali alle porte. Chi infatti potrebbe essere costretto a mettere mano al portafoglio lascio immaginare. Non i miliardari De Baruchetti e Scalpàri. Non le benpensanti della buona borghesia lombarda che voterà al solito compatta secondo le indicazioni del giornale unico, il Corriere della sera-della repubblica-della stampa della bibbia. Non gli zompies dell’industria bellica.
In Ombre bianche, film di Nicolas Ray con Anthony Quinn, la vecchia esquimese, divenuta un peso intrasportabile e incurabile si siede a morire sul pack come natura comanda. Ecco mi pare che per noi che non siamo riusciti a far altro che arricchire, con il nostro lavoro avvilito e scempiato il patrimonio intellettuale di questo umile paese, leggendo, scrivendo, pensando al bene, ragionando sull’utile generale ma, votando però il meno peggio a naso turato e orecchie tappate, senza opporre forza a prepotenza, inseguendo il mito e il progetto di una civiltà invece che di nazioni e masse, mi pare dico che sia per noi il momento di sederci e scomparire. Non credo nei giovani come categoria dello spirito, e spesso mi pare si tratti di folla senza spirito né tempo, ma ho il sospetto che occorra lasciare che al voto vada chi ha meno di 40 anni e che subisce batoste di ogni genere dagli opposti liberismi, che a trent’anni deve temere per la propria sopravvivenza se non ha almeno una casetta di famiglia o almeno i soldi del nonno da parte; voti come voti, sbagli o vinca senza che noi piccole volpi ci si impicci ancora a mettere in atto scelte politiche pondeose e scellerate.
Io non andrei a votare benché mi seduca l’inutilità degli illusi tra Potere al popolo e Sinistra rivoluzionaria e osservi la buona composizione dei candidìti di M5S, frazione di illusionisti guidati da un bell’Antonio da fotoromanzo. Preferisco che i miei figli sbaglino scientemente da soli. Alternative non ci sono (ovvìa una, la rivolta) salvo appunto considerare alternativa di salute pubblica, perchè se non altro rovini del tutto il paese, il movimento che da tutti con meno di 40 anni è considerato tale. Io non andrei a votare per non dovermi rammaricare prima del dopo. Oppure andrei per far argine, per evitare, turandomi il naso perché non c’è due senza tre e… Lo so già, sarà orribile.
Più che vero. Però non mi siedo sul pack ….ho ancora il piacere di aprire degli spiragli di mondo …ciao pasquale un abbraccio remembring la gioia piccola e segreta dei nostri antichi spettacoli pia
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Certo cara Pia, la metafora è inquietante ma pur sempre tale; o non continuerei a scrivere; bello sarebbe però vedere un risorgimento.
Non puoi immaginare quanto spesso mi capiti di tornare a quegli anni fortunati tutto sommato, signora Pedoni; li ricordo agli studenti e non di rado vi porto ad esempio. Con grande affetto Psq.
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