–Questa storia finisce male
-Come lo sai
-Ho letto il copione
-Tutto
-Tutto, me l’ha dato Jim
-Ah, a me ha dato solo le mie parti
-A me tutto
-E finisce male
-Finisce male
Più lungo assai ma riassunto qui a memoria, questo scambio di battute tra i due poliziotti, Bill Murray e Adam Driver, con un geniale uso dell’agnizione classica, prima dell’epilogo del film la dice lunga sul senso, ossia direzione dell’arte; non è una trovata, anzi lo è in significato proprio, un ritrovato, un rinvenimento, ultimo movimento, la καταστροφή, catastrofe, insomma un colpo apoplettico cinematografico. È l’improvvisa, benché meditata rivelazione del rovescio del guanto, dell’altro dalla realtà che ogni arte mette in atto, leggere Balzac, La commedia umana. I francesi, eh sì, hanno sempre insegnato, più degli inglesi spesso avvolti nelle spire di una religione pervasiva anche sociale, dei tedeschi, poeti, ma non si poteva parlare in Germania, nel secolo delle rivolte solo poesia cui si perdona tutto, e filosofia tanto nessuno la capisce, e degli italiani tutti presi a magnificare, alla lettera far grande, l’epoprosopopea risorgimentale con tutto il buono sentimentale che comportava, Cuore per De Amicis… Senso per Visconti… e dunque con l’eccezione di Manzoni, resta Manzoni; più tardi Pirandello disegnò la tela di ragno e di polvere di un paese che aveva e ha in Agrigento la propria epìtome, terra secca ai contadini e polverume borghese, di pomposità variabile, verbosa, unanessunacentomila come i palazzi, in stile o senza, costruzioni abusate e abusive, tutta un nuddu ammiscatu cu’ nnenti. L’Italia fu e resta un’ipotesi. I francesi hanno sempre avuto il distacco che oggi si sono sforzati con successo di perdere, sicché tranne Houellebecq, Céline, casi isolati come i poliziotti del film, ti saluto letteratura; Sartre, a pensarci anche Camus, si sono adoperati per farla fuori a furia di adesioni e conflitti di fede, un’idolatria contra l’altra… come scacciare gli scarafaggi mettendo in campo un esercito di formiche. Una religio contro l’altra.
Ora il film di Jarmush, che è un cantore della mdp. come ha da essere, mostra per l’appunto il rovescio del guanto, il sottoterra, brulichio di zombie in un deserto urbano umbratile e silente, senza altri abitanti vivi tranne i pochi attori vagolanti nelle varie finzioni, cameriere, affitacamere, il bianco sudista -Steve Buscemi-, il mesticaio che tutti chiamano Frodo, il negro di buonsenso, tre ragazzi blown by the wind su un’auto d’epoca, i due poliziotti – tre contando la poliziotta giovane e terrorizzata che al riconoscere però la nonna tra gli zombies si getterà loro in pasto e salam alekum – e una marziana marziale, Tilda Swinton, anagrammata in (Ze)lda Winston, tanatoestètista e gran samurai, che, poco prima del termine del film se la fila sul suo disco volante lasciando agli zombies il terreno di battaglia, la loro, sul quale si consuma il finale. Questa storia finisce male, è la prima, reiterata e ultima battuta del dramma. I sopravvissuti periranno in una mecelleria metodica e disperata tra i morti viventi che al far fuori loro il cervello buttano polvere… sarà per questo che oltre che carnivori efferati cercano cioccolati e caramelle, chardonnai, la vecchia ubriacona dopo morta si ridesta chiedendo ancora da ubriacona chardonnai e zac che la decapitano dust to dust; vagano come Unni, depredando, rapiti dagli schermi di miriadi di cellulari accesi sul nulla, giocano ai loro giochi, tennis, baseball, sono persino seduttrici in minigonna e parigine come la ragazza dal collo lungo cui la marziana, lodatola per questo dettaglio elegante, taglia in un buf la testolina vuota. Allo sfacelo, in senso greco, pus putredine, σφάκελος, assiste da lontano intatto, un vagabondo delle foreste, Tom Waits; osserva al binocolo il cruento finale, e in senso letterale, dunque ambiguo anche qui, conclude, È un mondo di merda. Di preciso come in Full metal jacket il soldato Joker. Se Kubrick chiuse qui, su nero, con Paint it black, là, Jarmush riattacca con il tormentone di tutto il film, il suo leitmotiv, Sturgil Simpson, The dead don’t die, https://www.youtube.com/watch?v=HYGbvBKawVY.
Oh the dead don’t die *
Anymore than you or I
They’re just ghosts inside a dream
of a life we don’t own
They walk around us all the time
Never payin’ any mind
to the silly lives we lead
or the reapin’ we’ve all sown
There’s a cup of coffee waiting on every corner
Someday we’re gonna wake up
and find the corner’s gone
But the dead will still be walkin’ round
this old world alone
After life is over, the afterlife goes on
There’ll be old friends walkin’ round
In somewhat familiar town
that you saw once when you looked up from the phone
Nobody bothers sayin’ hi,
you can save all your goodbyes
Stop tryin’ to pretend that we’re all not alone
And the streets look so empty in the mornin’
There’ll be no one out at night
for the lights to shine down on
But the dead will still be walkin’ around
in this old world alone
After life is over, the afterlife goes on
Hearts break when loved ones journey on
At the thought that they’re now forever gone
So we tell ourselves they’re all still around us all the time
Gone but not forgotten, just memories left behind
But the dead will still be walkin’ round
in this old world alone
After life is over, the afterlife goes on
After life is over, the afterlife goes on
Poscritto. Sono passato qui oltre le citazioni di cui la pellicola si adorna ma tranne a chi scrive, a sua moglie, all’amico dr. Prato insieme alla proiezione -all’aperto come nei ricordi di lontanissime estati- e all’altro amico prof. Biuso https://www.biuso.eu/2019/08/05/morti/ mi pare che il film non sia piaciuto molto e se è così lo capisco. L’ho trovato invece un’opera bizzarra, ricca -di attori strepitosi- per niente stanca, ispirata, bellissima, minore maggiore e di che non saprei dire, ma ho riso assai, segno ineludibile di benessere; del resto fin da bambino ho camminato con la morte accanto, taciturna, mutànghera, arcana, oggi invece si fan gran passeggiate insieme e lei mademoiselle Tanatòs, oh sentir come la chiacchiera. La sa lunga.
* Oh che non muoiono i morti/Di te e me non più /Giusto fantasmi dentro il sogno/di una vita mica nostra/ Vagano tutto il tempo intorno a noi/Per niente attenti/ Alle nostre vite stupide/ai raccolti seminati/C’è una tazza di caffè in ogni angolo, che attende/Ma a svegliarsi quando sia/ scopriremo che l’angolo è sparito/Ma i morti sempre lì a camminare/soli in questo mondo/E dopo che la vita se ne va, continua quella dopo/Con vecchi amici a girellare intorno/ In una città in qualche modo nota/se t’è capitato di tirare su il naso dal telefonino/Nessuno che si occupi di dirvi ciao/è un bel risparmio di goodbye/Basta sforzarsi a dire che non siamo soli/ E che le strade al mattino son deserte/Nessuno là fuori nella notte/ che dia alla luce il suo splendore/… … Quando accade che i tuoi cari se ne vanno/ All’idea che è per sempre, in pezzi i cuori vanno/ Così ci raccontiamo che senza tempo stiano qui intorno /Partiti ma non scordati, giusto ricordi andati …
Sono contento, Pasquale, che tu abbia apprezzato il film e ne abbia restituito in questo modo la molteplicità. The Dead Don’t Die è una di quelle opere nelle quali il cinema svela se stesso.
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Credo proprio di sì, che sia come tu sintetizzi Alberto caro. Per questo ho parlato di ritrovamento e di colpo apoplettico. E di rovescio del guanto. Per questo trovo il film un’opera, non dico geniale perchè si dice di tutto ormai, e subito all’usarlo il termine si svaluta, ma secondo me lo è. L’impegno degli attori nel comprendersi e incedere nel film come icone in cattedrale e il suo relativo insuccesso credo che avvalori la tesi. Abbracci, Psq.
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