Ogni tanto almeno sarebbe bello avere torto quando si vede il peggio a venire quando l’adesso va male e ieri poi, quello faceva schifo. Leggi bene qui da La Repubblica di ieri le parole di Massimo Recalcati a proposito dei 5S; e di Daniel Verdú, corrispondente de El País in Italia sulla crisi, che è più di una crisi di governo. Si tratta a mio giudizio di terrorismo intenzionale o, come cercherò di affermare, internazionale, ipotesi clinica terza che mi arrischierò a formulare, forse delirando, non lo escludo; tuttavia – via via vieni via di qui – del delirio talvolta succede che alcuni elementi siano fattuali o si presentino come plausibili.
Se vorrai leggerli senza fare battute di spirito ossidato giusto per giustificare la tua presenza al mondo, sugli articoli qui di seguito non ti faccio commenti perché sono perfetti. Di entrambi si può dire che sono diagnosi, sono cliniche impeccabili, anche se è clinicamente vero che le belle diagnosi non portano a nulla se il soggetto non riconosce di essere malato. Se è inguaribile. E soprattutto se è in malata fede. E qui azzardo l’ipotesi agghiacciante ma, a mio modo di vedere, appunto plausibile.
Persa la salvietta di Salvietta per eccesso di esposizione alla figurazza, ai Servizi russi in caccia di sistemi per far saltare l’Europa è capitato a fagiuolo un altro interlocutore/guastatore da pagare. Non escludo cioè che Putin abbia firmato un bell’assegno come contributo spese prima al Fato Quotidanno per la sezione propaganda interna, indi poi all’Arconte per trascinare l’Italia a fondo e sbrigliarla dal catenazzo di intenti europei ostacolo alla sua tirannide assassina (luogo lessicale assai comune sì sì si sa ma dipende dalle tirannidi che non sanno portarsi diversamente e che quindi non trovano in sé altre definizioni). Draghi è stato, parve il concertatore della risposta europea alla macelleria russa. Di lui si parli al passato così da abituarsi all’abisso che ci aspetta con l’Anguria, i 5Esse (che valgon più di una sola SS) e Salvietta sul fondo. Sarà un fondo senza fondo perché si sa anche questo luogo comune, che al peggio non c’è mai limite signora mia. E si torna alla casella di partenza coi discorsi di Recalcati e Verdú. Good night and good luck
M5S adolescenti inguaribili
©La Repubblica 15 Luglio 2022 alle 23:59
di Massimo Recalcati
Il Movimento ricalca le caratteristiche dei ragazzi che spesso non si rendono conto delle conseguenze di ciò che fanno.
Come si distingue una vita adulta da una vita adolescente? Provo a dare una risposta semplice suggerita dall’esperienza clinica: una vita adulta tende ad assumere con coerenza le conseguenze delle proprie azioni; una vita adolescente non si preoccupa di questa assunzione perché, al fondo, ritiene che le proprie azioni non abbiano mai delle vere conseguenze. In questo modo, mentre la vita adulta, assumendo le conseguenze delle proprie azioni, conosce, il senso della responsabilità che ogni decisione comporta, quella adolescenziale, evitando questa assunzione, non conosce alcuna responsabilità se non quella che continua ad attribuire alla vita inesorabilmente corrotta del mondo degli adulti.
È chiaro che questo si verifica quando l’adolescenza che in se stessa è l’età affermativa e creativa del sogno e del desiderio, non si evolve, ma resta come bloccata in una posizione solo rivendicativa dei propri diritti senza cogliere in nessun modo il nesso che lega l’affermazione di tali diritti ai doveri necessari.
Nella politica italiana il ruolo dell’adolescenza inguaribile, incapace di evolvere verso la vita adulta, salvo rare e individuali eccezioni, è interpretato, sin dal tempo della sua nascita, dal M5S. Questo movimento ha ereditato le caratteristiche personologiche e antropologiche del suo fondatore: il disprezzo per le istituzioni, la pratica costante dell’insulto e del dileggio degli avversari, la denigrazione in toto del sistema dei partiti, la barzelletta come narrazione, una concezione purista e fondamentalista della propria identità, il rifiuto della politica come arte delle mediazione, la predicazione populista di slogan retorici per fronteggiare problemi complessi, l’assenza di identità e di memoria culturale, l’arroganza che non conosce dubbi, la pretesa profetica di leggere il futuro, l’incompetenza eletta a ideale, la postura dell’anima bella che pretende di giudicare dall’alto del suo essere senza macchia il mondo marcescente della storia. Tutti atteggiamenti che incontriamo nella nostra pratica clinica in ogni cristallizzazione patologica dell’adolescenza. Di fronte all’urto con lo spigolo duro della realtà però questi atteggiamenti lasciano il posto ad una condizione di sconcerto e persino di collasso soggettivo. È quello che è accaduto proprio ieri nell’aula del Senato di fronte all’ammutinamento della compagine del M5S che decide di disertare il voto di un decreto governativo che stanziava 23 miliardi di aiuti a imprese e famiglie. E’ un episodio che deve essere letto come esemplare. In questo caso la scelta di Draghi di dimettersi (che scaturisce dalla valutazione coerente della fine, non numerica ma politica, del governo di unità nazionale) ha imposto all’adolescenza inguaribile del M5S di assumere finalmente le conseguenze delle proprie azioni. Lo ha imposto senza sconti, senza concedere più alcuna possibilità di attribuire ad altri le conseguenze delle proprie improvvide scelte. Spetta, infatti, talvolta, alla vita adulta restituire agli adolescenti, bloccati nella loro libertà astratta, le conseguenze delle loro azioni. Non a caso di fronte alla risposta di Draghi sono apparsi tra i membri del movimento, sconcerto, smarrimento, angoscia, sorpresa. È quello che accade spesso tra genitori e figli adolescenti quando i genitori, facendo il loro difficile mestiere, non concedono più alibi. Non a caso la crisi politica del M5S inizia con questa legislatura, dopo il successo elettorale, con il passaggio forzato dall’opposizione al governo. Si tratta dello stesso passaggio che un adolescente deve prima o poi affrontare nella propria vita: da una versione astratta della libertà e della propria indipendenza al rapporto traumatico con la realtà. Il problema è che il salto nel buio al quale la scelta del M5S costringe se stesso è stato imposto anche a milioni di italiani. Da questo punto di vista la successione nella leadership da Grillo a Conte rimarca una discontinuità solo esteriore, di tipo estetico, ma non sostanziale. Per entrambi il mondo degli adulti — il mondo della politica — resta un mondo sconosciuto. Entrambi, non a caso, si vantano di non provenire dalla politica come se, appunto, la politica fosse in se stessa un male. È lo slogan-base di ogni populismo: la corruzione della politica si guarisce solo con la purezza dell’antipolitica. Ricordano due miei giovani pazienti. Il primo rimprovera assiduamente con arroganza i suoi genitori di votare a sinistra pur essendo benestanti, mentre nel frattempo si fa mantenere da loro in un monolocale di lusso in pieno centro. Il secondo, dichiara di non avere alcuna meta nella vita se non quella di contrastare chi ne ha una, affermando che “distruggere è sempre meglio di creare perché se distruggi non ti devi preoccupare più di niente”.
Draghi, otra grieta en el muro europeo
La dimisión de Boris Johnson, los problemas internos de Macron y la debilidad de Scholz agravan la decisión de renunciar del primer ministro, convertido en un líder moral de la UE
©El País 17/07/22, 11:26
DANIEL VERDÚ
Roma – 17 JUL 2022 – 05:40 CEST
Italia se sumerge de forma cíclica en una crisis de gobierno. La inestabilidad tiene muchos padres: el sistema bicameral perfecto, el transfuguismo o una acrobática capacidad de llegar a acuerdos imposibles. Desde la fundación de la República, con el Ejecutivo de Alcide De Gasperi en 1946, el país ha tenido 67 gobiernos distintos. La crisis que abrió Mario Draghi el pasado miércoles presentando su dimisión es la tercera de la legislatura, pero su trascendencia internacional la aleja sustancialmente de las anteriores.
El miércoles por la noche, minutos después de que el expresidente del Banco Central Europeo (BCE) presentase su dimisión al jefe del Estado, Sergio Mattarella, llegó una inquietante señal desde Moscú. El expresidente y ex primer ministro, Dimitri Medvedev, publicó un post en Telegram donde se veía una foto del todavía primer ministro británico, Boris Johnson, otra de Draghi y una casilla en negro con un signo interrogativo. El mensaje era claro: ¿Quién será el siguiente? Rusia observa con interés la crisis italiana, sobre la que su Ministerio de Exteriores también opinó el viernes. La renuncia de Draghi, apóstol del euro y un líder moral en una Europa debilitada, se percibe como otra victoria política desde que comenzó la guerra. Especialmente en un momento en el que Johnson ha anunciado su dimisión; el presidente francés, Emmanuel Macron, atraviesa problemas internos con un Parlamento en el que no tiene mayoría y el canciller alemán, Olaf Scholz, muestra signos de debilidad.
Igor Pellicciari, profesor de Relaciones Internacionales de la Universidad de Urbino y experto en Rusia, cree que “uno de los problemas de Europa desde los años noventa ha sido la caída de los liderazgos carismáticos”. “Los únicos, de algún modo, eran ahora Johnson y Draghi, aunque por motivos distintos. Y desde un punto de vista simbólico, sus dimisiones tienen un impacto psicológico muy fuerte en la opinión pública rusa”, apunta. “Perder a esos dos líderes es importante. No sabemos exactamente quién es Scholz todavía, a PD Macron siguen votándole porque piensan que [la ultraderechista Marine] Le Pen es peor; [la presidenta de la Comisión Europea, Ursula] Von Der Leyen es una líder débil, [el alto representante de Política Exterior de la UE, Josep] Borrell no está a la altura de predecesores como Javier Solana… Dicho esto, no creo que la dimisión de Draghi cambie la línea política de la UE”, apunta.
Italia fue durante años el país con el Partido Comunista más importante al otro lado del telón de acero. La influencia perduró. Y los gobiernos que precedieron a Draghi —desde los dos Ejecutivos populistas de Giuseppe Conte a los tres de Silvio Berlusconi— siempre mantuvieron posiciones más ambiguas en la relación con Rusia que el resto de la UE. La portavoz del ministerio de Exteriores ruso, María Zajárova, quizá por esa inercia, aseguró el jueves que esperaba que el pueblo italiano tenga un Gobierno que no sirva a los intereses de los estadounidenses. Lo hizo, justamente, poco antes de que la Casa Blanca se pusiera en contacto con Draghi y su portavoz remarcase que el presidente Joe Biden tiene gran estima por el italiano y sigue con interés el desarrollo de la crisis. A Roma también llegó una llamada del Elíseo para conocer de primera mano los planes que tenía el primer ministro, mientras Borrell alertaba de la injerencia rusa en las turbulencias políticas de algunos países comunitarios. La inestabilidad italiana, en suma, preocupa mucho más allá de los Alpes.
Las presiones internacionales a Draghi crecen de forma inversamente proporcional a las esperanzas de que permanezca en el puesto. El expresidente del BCE esperaría un gesto de unidad total para meditar una marcha atrás que, considera, no sería beneficiosa ni para el país ni para su propia reputación. Sin un reagrupamiento de los partidos alrededor de la mayoría de gobierno, no se crearían las condiciones el próximo miércoles, cuando comparecerá en las Cámaras, para cambiar de opinión y seguir adelante. Lo único que ha obtenido hasta ahora es una declaración de Giuseppe Conte, líder del Movimiento 5 Estrellas, que intentó el sábado convencer de que no habían querido hacer caer el Gobierno, sino solo defender los puntos de su programa. Un gesto, de momento, insuficiente.
La economía es el otro pilar que preocupa —dentro y fuera de Italia— con la hipotética marcha de Draghi. Los mercados, y ese fue un dato relevante, se tranquilizaron el viernes y la Bolsa subió. Esperan a la semana que viene, cuando Draghi expondrá su decisión y el BCE decidirá sobre el instrumento contra el alza de la prima de riesgo, cree Lorenzo Codogno, exsecretario del Tesoro italiano. El economista, buen conocedor del primer ministro, desdramatiza algo la situación y apunta a que todo podría responder a una estrategia del mandatario para fortalecerse. “Sería preferible que se quedase. Pero también hay que ver en qué condiciones. Draghi está ahí para hacer cosas, no para pasar el rato. Y si la mayoría se debilita y no logra sacar adelante las reformas, es mejor ir a elecciones. No es ningún drama, nunca es buen momento para celebrarlas”, apunta. “Yo creo que Draghi está intentando echar un pulso para tener la fuerza política suficiente para afrontar los próximos meses. No ha decidido todavía. Y quiere entender si tiene el apoyo de M5S para ejecutar las reformas requeridas por la UE”.
El alcance internacional de esta crisis, en cualquier caso, sería comparable a
la que desalojó del poder a Silvio Berlusconi en 2011 tras la famosa sonrisa cómplice entre Nicolas Sarkozy y Angela Merkel, entonces presidente de Francia y canciller de Alemania, respectivamente. Pero la situación era la contraria. En ese periodo, el país redujo su renta per cápita en un 3,1%, según el Fondo Monetario Internacional (FMI), el peor dato de la UE en ese decenio. El consumo cayó un 8% y el gasto alimentario un 36%. Subió la presión fiscal 1,6 puntos, pero disminuyó un 10,7% el gasto en educación o un 30% el de la cultura. La prima de riesgo —y una troika a la que Il Cavaliere agotó la paciencia— derribó finalmente a Berlusconi en otoño de 2011, cuando alcanzó su máximo histórico: 574 puntos. Hoy el sobrecoste que paga Italia para su deuda es mucho menor: 223 puntos.
Draghi representa para los mercados todo lo contrario de lo que irradiaba Berlusconi. Pero la situación podría agravarse. Y eso también preocupa en Bruselas. Si decide mantener su decisión y se convocan elecciones para finales de septiembre, habrá que interrumpir el plan de reformas exigido por la UE para el acceso al Fondo Europeo de Recuperación. También se retrasaría el esquema de la ley de presupuestos, una norma especialmente importante este año para blindar a Italia de la crisis derivada de la guerra en Ucrania. Desde ahora hasta final de legislatura, Italia debe vender 350.000 millones de su enorme deuda pública (alrededor del 153% del PIB). Y la incertidumbre podría disparar su precio.
Mario Draghi expondrá el miércoles los motivos de su renuncia a las Cámaras italianas (Senado y de diputados). El presidente de la República, Sergio Mattarella, está intentando en las últimas horas tejer un esquema político que el primer ministro pueda considerar favorable para reconsiderar su postura. Se trabaja contra reloj, porque las tensiones entre los partidos están creciendo y nadie quiere salir el último de un Gobierno de corte tecnócrata con unos comicios a la vuelta de la esquina. La foto sería terrible en términos electorales.
Las últimas horas han aumentado ligeramente el optimismo. La presión internacional es tan grande que cuesta creer que Draghi siga adelante con su decisión si todos los partidos —menos Hermanos de Italia, de Giorgia Meloni— le insisten al unísono que la reconsidere. La declaración pública de Giuseppe Conte, líder del Movimiento 5 Estrellas, señalando de forma difusa que no quería provocar la ruptura, no ayudó demasiado a mejorar el clima. Pero si en la réplica que escuchará de las formaciones en las Cámaras observa un fortalecimiento de la unidad de gobierno —cosa algo impensable ahora mismo—, Draghi tendría más complicado despedirse definitivamente.
Il mondo adulto. Cito “Confessioni di una maschera” di Yukio Mishima: “Per la verità, la prospettiva di poter raggiungere la statura di un adulto mi colmava d’un presagio di qualche spaventoso pericolo. Da un lato, quel mio senso indefinibile di malessere aumentava la mia propensione a sogni totalmente scissi dalla realtà, mentre dall’altro mi spingeva alla “brutta abitudine,” che a sua volta mi portava a cercar rifugio in quei sogni”. Quando Mishima, nel 1970, cercò di convincere le forze militari giapponesi con le sue idee pure, da adolescente, allo scopo di ottenere l’indipendenza dai colonizzatori (statunitensi), venne deriso pubblicamente da dai miliziani al soldo dell’occupante. Si finì con il Seppuku. Che gesto screanzato, direbbe qualche “adulto” morigerato. Non dare valore alla vita. Come se il valore della vita avesse un valore univoco e oggettivo. Ai tempi Mishima era scomodo, non essendo corrotto. Come era scomodo Shinzo Abe, il quale venne accusato di obbrobri su questioni minoritarie pur di infangare quanto di buono le sue politiche economiche avevano fatto, ovvero risollevare il paese, quello stesso Giappone, vittima di un decennio di recessione. Cercando di avere l’esercito di autodifesa al proprio soldo piuttosto che in mano a dei guerrafondai. Cercando l’indipendenza dagli “altri”. Proprio come Mishima. Non è forse, proprio l’indipendenza, il segno più grande di maturità? Non è forse che siamo noi, ancora figli dipendenti da una cultura “In God We Trust”, che del Dio di cui fa riferimento nulla si vede, non nelle genti in cui chi non lavora non ha cura o in chi, come alternativa, altrò non può fare che delinquere, se non vuole la fame? Non è che forse, ad essere sbagliati, sono gli “adulti”?
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Caro Azsumusic, mi pare che non esistano una adulzie, né una libertà o una maturità assolute. DI puro nemmeno l’alcool. Gli stadi dell’esistenza non mi pare siano a perdere. Non mi pare che il discorso del Recalcati sia intorno alla purezza che pure è il discorso,impunemente ricorsivo, di alcune adolescenze storiche. RIcorderò qui quello che Musil scrive in “L’Uomo senza qualita” citare alla lettera il quale non mi riuscirebbe causa la mole dell’opera letta secoli fa. In grossa sostanza egli scrive che le giovani generazioni e non solo del primo dopoguerra cercavano purezza in tutto, in arte come nella società. Cercavano di far fuori. Alla fine la trovarono nel partito nazista, la cui brutalità seduttiva portò a quello che sappiamo. Per natura diffido e diffiderei di chiunque difenda posizioni assolute. La purezza non mi ha mai catturato. Quindi nemmeno il dotto Mishima la citazione del quale, pur dotta chapeau, non contraddice il discorso del Recalcati che continua a parermi impeccabile: achtung, non puro, impeccabile. La questione sollevata Azsumusic fa pensare ed è pur vero che l’adolescenza non è è una condizione anagrafica bensì, mi pare e per un po’ di esperienza, di errare personale, una situazione instabile e di incertezza molto tesa a giustificarsi con tutti i mezzi utili la necessità impotente di prevenire della propria barca il rollio e lo scuffiare. L’affrancarsi è pure segno di maturità a condizione di non uccidere nessuno. Per carità poi lo si fa, si uccidono genitori e amici per affrancarsi ( non di fatto, simbolicamente)ma sono atti dolorosi che non affrancano da una dipendenza più faticosa: dal rimorso. È un po’ la storia di Ludovico/Fra Cristoforo nei Promessi Sposi. In sintesi sarei cauto con le purezze e più disponibile a un compromesso tra istanze di ribellione e cautele. Tra massimalismi e socialismi. Questo dilungarmi in una risposta che so già non avere la possibilità di essere tale: cioè una chiusura del cerchio dialettico è indizio, prova anzi della complessità delle implicazioni cui il discorso su Mishima porta. Complessità che non sono in grado di dirimere in un singolo commento. E forse con nessun ulteriore argomento. Bella provocazione.
Grazie.
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