Letteratura: come (non) andare da nessuna parte. Fine. La proposizione, lo statement afferma e riduce a reduce il discorso appena accennato. Lo confina fino a farlo sconfinare nella terra dell’invisibile. Della letteratura. La letteratura non è qualcosa ma sta da qualche parte. Anywhere. Così tanto da qualche parte che a rintracciarla, figurati. Il resto sono nemmeno premi ma soltanto giochi a premi. Alla letteratura si sovrappone, macché si sostituisce proprio, avatar avataris, la notizia ; del resto il reale non è razionale né altro, solo notizia di qualcosa o qualcuno, talvolta solo una foto e in calce una frase un rigo appena, un prestanome inteso scrittore: fac-dissimile, per carità; non c’è letteratura ma riccioli bruni. Io premio, tu premi, ei premito. Se guardi bene della Mostra del cinema al Lido ciò che resta sulle retine sono i tacchi 12. I film, oh quelli. Se sia verosimile ciò che ti dico, non saprei
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Continuano nella loro farsa, da codardi, mentre altri soffrono, come se nemmeno dalla materializzazione nella propria identità potessero esprimere con disperazione quanto devasta il genere umano. Belve, profumate con fragranze floreali per mentire sulla loro origine. Il gusto del loro odore dipende da quello che, avidi, sbranano. Il miasma della bestia altro non può essere che il fetore della carogna, lo stesso mefite di quanto espellono. Quello che meglio saprebbero commettere? Una escalation, di crudeltà; quanto di più coerente per tale essere. Eppure l’animale si cela, si annienta. L’entità si occulta per cogliere il prossimo alla sprovvista.
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Condivido l’orrore per l’essere umano. Per questo amo i gatti in particolare e quasi tutti gli animali con l’esclusione dei vermi e dei cobra in generale. Anche se li capisco. Sugli umani però ti posso suggerire o ti invito ad attendere il momento in cui magari sarai appena appena indulgente. Questo al solo scopo di vivere un po’ meglio. Dopotutto gli somigliamo e poi, come dice Woody Allen in “Whatever works” ( a memoria, dunque guardatelo): They aren’t so bad they’re only terribly scared. Io aggiungo che pur beluini talvolta i bipedi sono capaci di piccoli generosi atti di semplice bontà. Talvolta.
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Le notizie principali riportate da google, per ordine:
– Corriere della sera – Festival del Cinema, i voti ai look: Anna Foglietta da manuale (9), Annalisa…
– Sky TG 24 – Mostra del Cinema di Venezia, gli arrivi di oggi da Penélope Cruz a Drusilla Foer…
– Corriere della sera Tv – Festival Venezia, Elodie: «La scena di nudo? Ho un rapporto sereno con il mio corpo»
– Vanity Fair – Le mille luci di Venezia: le foto del party più atteso della Mostra del cinema.
Se ne deduce che:
1) Al Festival sono presenti solo donne
2) Al Festival non sono presenti film
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Hai visto. Non da oggi naturalmente. E non stupisce affatto che Vanity Fair, campionario della vanità, si diverta a dar voti che farebbero vergognare qualsiasi commissione d’esame ma transeat. Vanity sta lì, ignoro se a bella posta, ma una delle sue missioni potrebbe essere quelle di far sognare signore meno toccate dal benessere di dive e madrine, così da far vendere i simulacri dell’alta moda a mercato calmierato. Per il resto ho visto anch’io i titoli che segnali; e da questo il breve post. Di cinema una beneamata. Mi fa sorridere il fatto che le donne, unici (s)oggetti di tanta propaganda si prestano tuttavia con voluttà a esporsi in tenute per lo più orrende e moritifcanti per fisici che non siano da modelle; ma anche fosse non poche di raro cattivo gusto, cioè di totale squilibrio e disarmonia. Insomma signora mia sii gentile con te stessa se hai ginocchia come meloni, cosce da manzo sotto antibiotici, piedi imbarazzanti per una pedicure – e poi sappi che il sandalo acrobatico deforma la linea del piede più aggraziato, figurarsi quello a dita corte e pianta larga –, poppe in tête-à-tête con il bellico, rughe per ogni dove, botox dominante egemone. Della schienuccia rachitica di Chalamet, che dire se non che è rachitica. Non solo, la tenuta straccia qualsiasi discorso sulla parità e sulla dignità del genere femminile che viene utilizzato qui come in qualsiasi mercato. Del resto si vende il libro se ha almeno una descrizione di sesso ( i gironalisti – sic- la dicono poi bollente) e nei film è quasi di rigore il siparietto ansimante contro il muro di cucina/salotto. Le donne si prestano; in tutti i sensi, mi pare di poter dire, come oche giulive e ciò non torna a loro vantaggio, ovvero rivela o denuncia una sorta di rinuncia a essere persone, come se se non faccio così nessuno mi dà retta e credito . Dopo i tempi cupi delle belle conquistate dal prode o dal vile, quella del prestito mi pare una pratica miserabile e svalutante. C’è qualcosa che mi sfugge? C’è qualcosa che mi sfugge
p.s. va notato che rendere pubbliche e infliggere agli altri la varice a orologeria e altre bruttezze private è pratica che affligge più delle ondate di calore le estati e da molte estati fa.
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