Dopomezzanotte – Zucchini
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in http://www.gliamantideilibri.it a cura di Barbara Bottazzi
Guarda ti chiedo scusa per il titolo che è un gioco di parole – del resto c’è da capire quando le parole non giocano visto che giocano un ruolo diciamo di non poco conto nel quotidiano e oltre – ; questa sarà meno ancora che in altre occasioni una recensione , piuttosto un invito. Invito ad andare a vedere La zona di interesse, questo film definitivo l’ha definito l’amico Prato che ogni tanto fa qui delle apparizione come commentatore. Allora definitivo credo venga a dire che, dopo questo, nessun altro film è possibile sulla soluzione finale, sullo sterminio industriale, detto angelicamente Shoa, fabbricato dai tedeschi quali attori integranti e risolutivi del progetto nazista. Attento a quel che penso : che senza la partecipazione attiva delle masse disaramate quelle armate fanno, fanno ma non sono abbastanza. Ai fascismi, vedi oggi, servono i coscritti volontari, quelli che si lanciano sui cadaveri degli amici pur di conquistare un muro e una ragazza. Non me la danno a intendere Putin ha duecento-mille-milioni di Balilla coltello-tra-i -denti a suo integrale godimento anche qui nella bassa vetero industriale e agroElementare. Altro che vittime e pentiti, la gente segue i duxi secondando la propria naturale propensione alla carogneria, lo scrisse meglio Céline, al furto, all’appropriarsi, al parlare male e trattare male le serve – si legga Genet – e si ascolti nel film il dialogo tra signore al tè di Auschwitz ; mi dirai se quel parlare male, quell’insultare il personale, che non si trova o di cui al contrario v’era ai tempi eccedenza, non è uguale, non ti è capitato di sentirlo, a me sì di persona personalmente, tra signore lombardiche, delle sarde ( non intese come pesci azzurri) delle meridionali, delle peruane. Certo la differenza è che poi non si lascia che queste ultime passino per qualche camino ma è uniforme il disprezzo, l’arroganza di chi pro tempore ha il potere di nuocere o se l’è conquistato a gomitate e mica lo molla. Tutti Gengi-skanno tutti Alessandre macedoni. Solito. Vabbè, il film è un raro esempio di coincidenza totale tra forma e se stessa, tenuto in conto che nel vaso il vuoto dentro coincide appunto con il contorno senza soluzione di continuità. Vedrai e ascolterai soprattutto, colpo di maestro dell’immagine di questo Glazer, poco noto forse ma notabile, vedrai le sequenze notturne che spazzano via gli effetto notte consueti : il buio con fasci di luce a megawatt in un angolo dell’inquadratura. Qui invece, in Glazer, credo l’infrarosso o il negativo, non saprei come altrimenti perché non conosco l’acrobatica tecnologica del cinema d’oggi ; quindi capace che sia bastato convertire un blocco di fotogrammi già montati con un clic di Adobe after effects. Vedrai. Vedrai che appunto ogni minima scelta tecnica obbedisce all’espressione, ascolterai la musica raccapricciante con cui, su nero, il film inizia e finisce. Basta ; non voglio sversare un canale di parole, ne leggerai a sfare. Mi preme però dire che l’altra sera alla prima proiezione qui nel cinema di Lecco, Palladium, a metà proiezione un angelo del signore ( il cinema è proprietà parrocchiale) è intervenuto con la sua spada a ordinare, Cut . La proiezione si è interrotta, la sala ha preso luce, è partita dai diffusori una musichina da supermercato, parte del pubblico stanco del digiuno sofferto fino a quel momento è andato a prendere bottiglie di conforto e fioriere di pop-corn. Dal punto di vista antropologico pare di poter osservare che l’intervallo e i pop-corn sono nello specifico e di preciso gemelli ideali del diniego e del disinteresse, unito a una notevole dose di sadismo, con cui le SS si comportavano. E con cui se si vuole, qui nelle nostre tiepide case (→ Primo Levi – Se questo è un uomo), si mastica/mastichiamo, digeriamo, defechiamo l’orrore di fuori. Ci pare che permettere, inconsapevolmente, a questi sentimenti di rimbalzare dallo schermo alla sala sia un gran brutto affare. Ho subìto indignato, indignata mia moglie è filata alla cassa a protestare, con lo chic che le è proprio beninteso ; le/ci è stato detto di scrivere al cinema. Cosa fatta capo ha. Questa la lettera a doppia firma inviata ieri :
Gentili,
abbiamo visto ier sera il film “La zona di interesse”. Nel lodare la scelta di proiettarlo, ci permettiamo tuttavia di stigmatizzare l’altra decisione : di proiettarlo cioè come se si trattasse di un “Barbie” o di un “Poor things” qualsiasi e non di un’opera d’arte. Direte voi : ma chi stabilisce e che cosa qualifica e differenzia l’opera d’arte dall’intrattenimento, dallo spettacolo, in ultima istanza dal marketing. Beh questa trinità di termini spiega da sola a sufficienza.Nel caso specifico poi ci pare che “La zona di interesse”rientri in un campo estetico più esteso, quello del silenzio : permettere che alla fine di un’immaginaria parte prima , con un cut che ferisce il film come una mannaia, non solo attacchi una musichina da supermercato e qualcuno si alzi per rifornirsi di generose porzioni di pop-corn e bibite, hmm, con animo giapponese da parte nostra, ci pare cozzi con il silenzio appunto con cui certe opere, opere come “La zona di interesse” dovrebbero essere accolte. Il bar potrebbe rinunciare a qualche monetina per rispetto all’opera?
Il film è un capolavoro beninteso e, visti i tempi che corrono, di non poca forza politica.
Con molta cordialità
A occuparsi di qualcosa l’orrore prevale. Un orrore accantonato, una cenere sommessa, niente baraonde, vivente. Leggi qui per comprendere a che accenno perchè accennare è l’unico modo per dolersi,
E intanto l’Italia che fa? Prega San Remo ah ben si sa.
Non ti saprei rispondere alla domanda perché ne parli. Tutti parlano di tutto, di argomenti che da certi divengono incerti, cioè assodati, nello stile hai letto-hai visto-siete andati, nello stile del salotto contemporaneo; della coppia creativa Pericoli e Pirella di Tutti da Fulvia il sabato sera, le strips concluse nel 2009 su Repubblica che al meglio lo descrivono –. In nulla simile mi pare al salon parigino o persino milanese di epoche lontane, ma del resto nessuna illusione : Proust racconta bene il salon di Madame Verdurin, per quanto averne, e Flaubert ben scrisse il Dizionario dei luoghi comuni ovvero delle idee chic – Adelphi (
Le critiche dei critici, le anticipazioni della stampa – attento che non affermo nulla di nuovo o che non sia evidente a chiunque abbia un po’ di connaisance de cause – fanno di ogni prodotto per quanto d’arte una merce. Per carità i films xe vèro hanno una loro teca nel supermercato del mondo e compito della critica è appunto quello di entusiasmarsi o farsi entusiasmare per entusiasmare : di un film, in questo e quel caso, di una serie, di un libro come qualcun altro, un tempo si sarebbe detto la massaia, si entusiasma della nuova colf colombiana, del Dyson o del pulitore ecologico per tutte le superfici ( esiste) ; sono merci in partenza, anche la colombiana, e dunque giustificate dal mercato. Tutto si trasforma con la chiacchiera o con il premio Strega, sicché il regista diventa genio per i suoi peti o per la baraonda. Anzi quanto più fa baraonda. Vedi Lánthimos.
Ieri sono andato a vedere Perfect days che al singolare era una canzone di Lou Reed bella, a mio sentire. Al plurale, un film di Wim Wenders. Sono uscito in lacrime e, se ci penso, ancora adesso il ricordo mi tocca le lacrimali. Non c’è un perché. Potrei razionalizzare ma non ne ho voglia anche perché la lacrima è un oggetto d’uso molto personale. E dunque come si diceva a Catania a lei che ce ne n’importa. Ma qualche nota mi sento di scriverla perchè mi pare che di un’opera il pregio è il silenzio, il vuoto che innesca ; qualcuno alle mie spalle in sala alla fine della proiezione è rimasto fermo al suo posto senza dire una parola : buon segno. Io non leggo le spieghe, le critiche, mai, non ho nemmeno mai lette quelle ai miei lavori benchè fossero di solito positive ( ah aha) ; come dico a mia moglie che invece ama documentarsi, io guardo le figure, non mi faccio spiegare né prima né dopo ; c’è quello che c’è sullo schermo, in scena o sulla carta. La sintonia con un’opera se è d’arte mi sforzo da me di trovarla se ci riesco. Del resto, un regista di peso in passato, Luca Ronconi, lo dichiarò proprio, dichiarò che il suo lavoro, lo spettacolo era lì da vedere, che non c’era niente né da spiegare, né da anticipare, esso appariva e scompariva in scena nel tempo del suo avvenire. Mescitore di oblio si diceva nel Giappone antico del teatrante, dell’attore. Poi ognuno… fine.
Perfect days intanto è girato in 4:3 scelta di non poca curiosità. Lo schermo non si anima nel consueto 16:9. 4.3 è una scatola, senza entrare in dettagli tecnici, una scatola di lacca, preziosa. Ci sono scatole per ventagli bellissime. Tu guardi dentro e ci trovi il film, un ventaglio che muove per un po’ l’aria e poi più. Un film, questo Perfect days, che non racconta una storia con un inizio, un centro e una fine ; con un fine ; sì racconta la storia di uno Jedermann, l’Ognuno di Hofmannstahl ma senza la tradizione dei morality o degli autos sacramentales, senza il fine. Non è un’opera poetica come a qualche sciocco mi è stato detto è venuto in mente di scrivere, preso dalla confusione tra poetico e sentimenale. Con perfetto nihilismo Perfect days è un film senza volontà : si attiene al tempo con l’accorgersi. Poi si ritira. Lascia che lo spettatore si confronti con le inquadrature fisse, osservi e si accorga, usi del tempo, per lasciare passare ; per eccesso è un film che andrebbe osservato dalla posizione del loto. Il primo piano finale di trenta secondi sul volto dell’attore che muta carattere al suono di una canzone che ripete lo stesso ritornello, è una nuova alba, un nuovo giorno e io sono felice, è un mantra. È un’opera zen in questo senso. Senza perché. Un antidoto alla baraonda.
Shiki soku ze ku/Ku soku ze Shiki
La forma è il vuoto/il vuoto è la forma
In un tempo trapassato e remoto a Milano, piazza Cavour, si pubblicava un fogliaccio voluto da un industriale, il Pesenti, e da un prete metropolitano, Don Pisoni : La Notte. Perché giornalaccio è presto detto : lo dirigeva Nino Nutrizio che oggi sarebbe minimo ministro della cultura in quanto caro alla signora Meloni ; Nutrizio era inteso fascista, in casa mia, e il suo giornale era scarso in notizie ma sovrabbondante in titoli grassettatti corpo 72. Ne ricordo uno da schiantarsi dalle risa : bimbo ritrovato in una valigia dopo un anno. Inutile dire che mi venne in mente, cambiategliela gli starà stretta . Allora la Notte era letto e straletto dall’italiano di sempre, non ti dico quale ché già lo sai. La Notte usciva di sera, non ricordo l’ora, ed era però comprata anche in casa mia e per una ragione sempliccissima. In ultima pagina pubblicava la lista completa e senza pubblicità di tutta la programmaziane nelle innumerevoli sale cinema in città, divise per le categorie di allora, prima, seconda e terza visione. In prima i film stavano un po’ di tempo e la prima costava parecchio, le sale erano sontuose, prendi l’Odeon, tutto un sogno art nouveau. Aspettiamo che passi in seconda, dicevano i miei delle pellicole che interessavano loro ; di altre si aspettava l’arrivo in terza così da risparmiare un bel po’. C’erano inoltre film che andavano subito nelle due altre categorie : i film popolari che a mia madre non garbavano, quei di Totò per esempio. Tutto questo the way we were, per dire che in quella pagina di cinema e nell’altra più succinta delle sale teatrali – che non erano poche, anzi – la redazione composta a dire di chiunque da geni del riassunto stringeva o stroncava la pellicola in oggetto con due righe che invariabilmente davano un’idea di trama e valore propriamente cinematografico del film. Non ne ricordo una ma che so, di 8 e 1/2 avrebbe potuto scrivere : Assilli, capricci e bisticci di un regista al quasi nono film. Sogna e si arrovella nel girar la manovella. Ma Fellini convince ancora. Da vedere. Seguivano gli asterischi o stellette che costituivano sommariamnete il voto al film.
Ora ieri sera sono andato a vedere Povere cose, titolo che traduco dall’inglese poor things, e non si capisce il perché dal momento che more solito il film è doppiato ; e in questo caso abbastanza bene da non doversi gridare vendetta al cospetto degli dèi. Sono andato a vederlo, non ci ho dermito e mi sono seccato non so se più per il film o per un trio di scellerate che alcune file dietro la mia, hanno fatto baraonda come i peggiori teppisti delle terze visioni dei miei anni dorati, gli anni di Bergmann e Fellini e Visconti, che alle proiezioni sbagliate per le loro menti primitive, reagivano appunto col chiasso, le risate fuori luogo e altre amenità da bar del Giambellino. Ma senza Cerutti Gino. Alle scellerate alle fine ne ho dette un po’ più di quattro ma col senno di poi concludo nello stile de La Notte : E Frankestein creò la donna ma gli sfugge di mano e patatrac. Confusione e compiacimento nel dire e fare il risaputo in una baraonda di colori, scenografia, costumi e sesso ai limiti del ridicolo. La Stone e Defoe volonterosi volontari per destinazione ignota, soccombono da eroi ma povere cose in mano a un regista seriale.
Ah dimenticavo, La Notte inventò anche la sigla n.m.r. ovvero non meritevolo (di)recensione. Se ti pare puoi applicarla a Poor things . Bacio le mani.