Alice Develey, Maguelonne de Gestas e Marie-Liévine Michalik in Le Figaro di Giovedì 18 novembre notificano che la nuova versione digitale del dizionario francese Robert, (poco fa l’aggiornamento non mi era ancora arrivato) si arricchirà del nuovo pronome Iel, ni Elle ni Lui pertanto, un neutro digitale un avatar a beneficio dell’idea balorda che la lingua sia escludente chi non si riconosce in nessuno dei generi conosciuti – i lombrichi sono dunque esclusi ( ma i lombrichi non si pongono che si sappia questioni di identità) –: sì, oh dio maldestro, la lingua occorre conoscerla e saperla usare; dunque esclude i lombrichi, che paiono muti, e i Terrabruciata che, si sa, hanno bisogno di farla fuori con pretese di semplicità, ovvero di povertà lessicale – lessicale eh eh lessicale – pur di raggiungere il traguardo di snudare il pugnale e gridare a scelta, A noi o Viva la muerte, tagliando i lacci ( i lacci e i lacciuoli diceva il Bel Luscón) e gli intrecci che fanno della lingua la costruzione più complessa e ambiziosa dell’essere umano. (Lo so, anche i gatti mi parlano, ma li capiamo io io e pochi volenterosi).
Ora non ho idea di quale invenzione si potrebbe mettere in atto con l’italiano per definire il Backfisch, il né-carne-né-pesce, l’adolescente, (mira che è tedesco e si legge così come è scritto); Id, andrebbe bene ma verrebbe cassato dai custodes castitatis della lingua semplice. Si potrebbe usare Lo, o Lǝ con lo schwƏ – Oggi sono andatƏ dalla parrucchierƏ, no non dal Sabino dalla JessicƏ ma guarda dai se ti sembrano dellƏ schwƏ questƏ –, qualche idiota ci ha già pensato, ma non sa che la lingua scritta non è quella parlata. Ovvero se nel napoletano e altri idiomi locali tu puoi sorvolare sulle vocali – l’inglese in questo senso è particolarmente perverso – nello scritto che ti serve, macché tte dev’ncludere… domandatelo.
Qualcuni, un tale gattilorenz tra i commenti all’articolo di oggi sul Post, https://www.ilpost.it/2021/11/20/iel-pronome-neutro-le-robert/, e che riprende il tema, succinge la faccenda: un prescrittivista alla guida del ministero. Dice che la politica è in ritardo rispetto alla società, ma direi che lo è pure rispetto alla linguistica. In sintesi si sa, tra cólti e còlti beninteso, che la lingua non è prescrittiva ma suggestiva. Si sa che essa, idda muta e talvolta è mutanghera, si insegue più che aggiornarsi, lungo le strade, nella letteratura, nei fondachi, nei teatri, con il cinema, nei mercati, a Livorno, a Venezia, a Napoli, nella poesia dei campi e delle officine ( prendete la falce prendete il martello, scendete giù in piazza picchiate con quello) e nei postriboli volendo ( ma non saprei dire quanti dei termini usati da Zola abbiano retto la sfida del tempo, pochissimi credo). In tal senso esiste dint’OtiubbƏ, per chi volesse ascoltarlo, un magnifico speech ( mannaggia, credo di averlo giù scritto altrove) di Virginia Woolf per la BBC, About craftmanship (1936).
La lingua ( La che la batte dove il clito ride, si diceva da studenti) afferra ciò che le comoda per superare ostacoli semantici, per afferrare nuove possibilità espressive, nuovi legami, echi, associazioni. La lingua è, ed è stata sempre per la sua natura intrinseca e di magnifica invenzione umana, artigianato non ministero. Gli esempi di lingua ministeriale ( lassa pèrde il solito 1984 però…) si ebbero con fascismo e altri ismi. Americanismi: GTMO = Gitmo[ˈɡɪtmoʊ] = Guantànamo. Per includerti alle patrie galere: col cavolo. L’inclusivo vuol escludere, mira al campo di concentramento, ecco a mio avviso la dura realtà. Ecco ciò ottiene propriamente la voluttà narcisa di includere: escludere dal vivere in favore di un surrogato semantico. Una stampella virtuale. E qui cashca l’asino ( vedi Totò) o ti taglia la gola.
È come il didattichese, il burocratese, il compilare il form, l’ese di qualsivoglia natura. Nessuno sano di mente parlerebbe come in un consiglio di classe. O in una riunione tra massoni ( mi capitò tanto tempo fa: non capivo nulla, si guardavano tra loro con voluttà, come in Elisir https://www.youtube.com/watch?v=se7uh4wsGqI le damazze di Paolo Conte, ruculando, Sentiamo rumor di metalli. Pirlate ma si sa che la pirlata piace e si compiace e va bene a messa. Fesserie. Ma barriere. Occhio che, come osservò Brecht nel ’38 ( se non mi fa acqua del tutto la memoria alla conferenza di Parigi degli scrittori antifascisti), occhio che, Da bruciare i libri non si passi a bruciare uomini. O uominƏ. Si sa anche che i più adatti peraltro alla vita sono le carogne e gli stupidi e che tali sono per wokazione, quindi… salutamƏ a soretƏ