Eduardo e Totò in Napoli Milionaria
Guarda bene ché potrebbe trattarsi di una benamata fava, nel senso più proprio e assolvente la totalità delle accezioni, di nothing, nix, nada.
Vedi che ogni mattina non mi esento dai compiti del civile, dal prendete nota compagni. Ascolto la rassegna stampa del Post, guardo il notiziario ANSA, scorro i titoli della stampa estera cui sono persino abbonato; qualche volta sono tentato e quasi subito mi assolvo dalla lettura di questo o quello per me Bari sono; di solito al secondo paragrafo, qualche volta appena oltre. Termino invece articoletti sparuti sulla congettura di Riemann o sul trapianto di occhio 3D – curioso se detto occhio veda magari in cinemascope – . Mi capita anche, sai, di guardare le pagine del Fatto invase da così innumerevoli banner pubblicitari da lasciar pensare che notizia sia la pubblicità della Mercedes e non il contrario, quel che per fortuna non posso leggere o, volessi proprio nuocermi, al prezzo doppio di quello che mi costa El Paìs dove ho il vantaggio di non vedere mai nominati i Salvini, salvo commettessero assalti, omicidi, rapine; purtroppo però iddi non ne hanno né il coraggio né la foia che occorrerebbero all’uopo: intendo dire per trasformarsi in titolone internazionale fin giù in Papuasia chissà, in Zimbawe, sul Nhan Dan di Hanoi. Sicché Diman tristezza e noia recheran l’ore; e Leopardi non aveva il giornalismo per rinnovarla.
Tu mi diresti lo so che prima o poi tutto si aggiusta tuttavia a me pare che il giocattolo sia rotto e senza pezzi di ricambio. Sbaglio, ti domando e mi rispondo che non so, ma non lo sai nemmeno tu. A me pare che tutto bruci, a me mi puzza di abbruciaticcio, ben oltre l’oggettività degli incendi, – visto persino uno scalmanato gettare al rogo una bicicletta, i libri ormai sono storia – e il bruciore dilaga da questa o quella parte con sempre più ostinata determinazione e tanto che il vulcano alla Canaria sembra piuttosto un canarino scappato di gabbia e che chieda cibo: qualche metro cubo in più di creato da mandare in fumo; dopotutto non è mal così grande. Ma che si tratti di un creato, di un giocattolo a obsolescenza programmata, di un predistrutto di qualche demiurgo folle e carogna è ovvietà cui crede in segreto il Vaticano stesso dacché ne trova conferma ogni domenica all’Angelus. Tutto lì riunito il demiurgo, folla perversa polimorfa, voglio dire una suo dannata e folle rappresentanza. Angelus de la Muerte e venditori di speranza.
Per me sai oltre al peso della noia, di una lustrata tristezza, si aggiunge quello di una spaventata angoscia. L’impressione, non starò qui a discutere con me, che il mondo, l’umanità – per dir così, usa a caso il soggetto che trovi più azzeccato – che Chella là vada al deraglio e non si sa se la motrice, sia a carbone o a sospensione magnetica, seguiti tirando sui binari quel che resta di vagoni che hoppla wir sterben ( Hoplà noi moriamo, seguito mai scritto da Ernst Toller del suo Hoplà noi viviamo) oppure al contrario se tutto il convoglio barulli, ciangotti, Oh! Dio… già s’abbassa la fiamma! Che vano, che fragile dramma! Già scricchiola, increspasi, muor, dietro una locomotiva saltata via dai binari giù per un precipizio: oscuro e senza fondo, come spesso i precipizi. Amen and Omen
Eduardo in L’oro di Napoli
Alla breve. Dalle nostre parti si mangia troppo e troppo male e le stufe sovralimentate vanno a pezzi, mentre le canne fumare dei camini si incendiano. La curiosità a tavola è altro rispetto ai capriccetti. E di capriccio pretenzioso in capriccio pretenzioso si distrugge il gusto. Fuor di mezza metafora, il senso del reale. Giovedì gnocchi, venerdì pesce, sabato trippa e pollo alla domenica a pranzo. E al lunedì La Misteriosa, magico t.rito salvifico degli avanzi della settimana.
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GIà. Nel complesso si capisce perché c’è chi ha diecimila lettori e chi ne ha avuti, me, trecento – eran giovani e forti – e sono ora 189. Considerarlo provvidenza
Grazie
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