L’indignazione, la parola e il gesto

GrottescaGrottésco agg. e s. m. [der. di grottesca] (pl. m. -chi). – 1. agg. Stranamente e bizzarramente deforme, riferito in origine alle pitture parietali dette grottesche, e poi in genere a tutto ciò che, per essere goffo, paradossale, innaturale, che muove il riso pur senza rallegrare. ( cfr. Encliclopedia Treccani alla voce ∽.)

C’è una amabile polemica nominalistica, in supeficie, tra me e un mio amico circa l’attuale temperie politica e se vuoi sociale. Al mio indìgnati e parla e reagisci all’abuso egli risponde, calci in culo al grottesco. Ma ecco il punto il suo grottesco non è né goffo, né paradossale, non muove il riso, e non solo non rallegra ma indigna. Almeno me. Le parole portano conseguenze. Ma se non portano ai calci in culo fisici sono meno che aria.

Ora grottesco è termine della storia dell’arte soprattutto ma si è potuto applicare, alle corte, anche a qualche opera di cinema, ai lavori del polacco Gombrowicz e molto prima si sa ai giardini di grotte e mostri, vai a Bomarzo e vedi. In sintesi mi pare di poter dire che il grottesco derivi e molto ai limiti del barocco, forma che esalta le differenze, l’eccesso per certi versi decorativo che poi travalica nel rococò e insomma quelle cose lì. Ma Vanvitelli non è grottesco. In letteratura ti viene in mente Góngora e Marino: peraltro eccellenti, superaffettati ma eccellenti. Per pochi versi li ami, per il resto fai fatica: las Soledades o non si leggono o, se ne hai voglia, solo con una carta stradale per districarsi e a fatica in un reticolo esornativo, in un troppo che come si sa stroppia e, alla fine, annoia. Ma non  non muove al riso né indigna.

L’attuale contingenza politica, poi arrivo al grano, non è una silloge poetica tuttavia, non merita l’indagine estetica, che è etica e qui proprio non ci siamo; ripeto, scritto da un padrone della lingua, un libello lo sfogli e poi accantoni perché superato, lento, noioso, ridondante, l’attualità non annoia, tormenta e indigna. Il suo troppo non consiste in eccesso di decorativismo ma in eccesso di pecioneria e stracciaculismo, belle parole che mi ripeteva con enfasi la famosa Milly, chi se la ricorda, e si indignava e rispondeva male e mandava a farsi fottere i portatori malsani di quelle due virtù, esseri che nel mondo teatrale, nel mio di tanti anni fa, si aggiravano tra le quinte come topi a deturpare il lavoro degli onesti con le loro menzogne, le soperchierie, i trucchi. Niente di grottesco: malvezzi, maluso, mafia.

Ora, senza girare intorno di più: sai questa faccenda del limite di 60 euro all’utilizzo di carte di pagamento sotto il quale il commerciante può rifiutarsi di accettarne in pagamento. Come se non fossero soldi. Come se accettare il bancomat anche per due euro fosse una concessione che lo stolido leghista al banco(perché di questo si parla, di essere del tutto incistati nell’ideologia furibonda di Salvini) ti fa. Non è così: per ogni transazione intanto il commerciante non paga un pizzo ma una percentuale per il servizio: il servizio che la banca fa e che permette una rendicontazione automatica del traffico di cassa senza più occuparsi di nulla. La banca chiede 46 centesimi per ogni transazione, È troppo? La Confcommercio tratti con l’UBI o con chi vuoi tu per abbassare il costo del servizio , non chieda a me e te di rinunciare prima di tutto alla libertà di pagare come mi par ragionevole. Poi non mi chieda di favorire un’evasione.

Da dipendente, ma anche da libero professionista ho pagato e volentieri per anni le tasse dovute, anche a malincuore visto le vette percentuali che hanno raggiunto. La mia pensione è tassata. Ho pagato l’Università di Stato ai figli con i soldi che ho risparmiato; non sono mai andato in Thailandia e peraltro non me ne può fottere di meno della Thailandia e di Sharm el Sheik. Non scìo, non compro Suv ogni tre anni perché risparmio sul fisco, possiedo un’utilitaria che mi sono potuto permettere con dei risparmi, non la cambierò a occhio per i prossimi dieci anni, non non non corro a Bormio ogni fine settimana: non ci sta nel mio bilancio, ma se lo facessi non lo farei truffando il cittadino e chiedendo di essere trattato meglio di lui sul piano fiscale, così da da pagarmi ogni lusso e concessione, e ristoranti e la scuola privata per la bambina perché, altra presunzione, dalle suore è meglio (dio dovrebbe fare qualcosa alle suore).
Siamo tutti tartassati non si capisce perché alcuni dovrebbero sfuggire alla regola. Lottare per equilibrio tra entrate e uscite, tra perdite e profitti. Questo sarebbe il modo civile di procedere. Nascondersi sotto il taglio bionda diciottenne della signora Meloni o tra le gengive del signor Salvini, è porco, non grottesco. I calci in culo, come mi suggerisce il mio amico, non si possono dare ma si può cantare chiaro al commerciante se ti rifiuta il pagamento che per questo te ne vai, lasci la merce sul banco e lui ha perso un cliente potenziale e attuale. Punto.

About dascola

P.E.G. D’Ascola ha insegnato per 35 anni recitazione al Conservatorio di Milano. Ha scritto e adattato moltissimi lavori per la scena e per la radio e opere con musica allestite al Conservatorio di Milano: "Le rovine di Violetta", "Idillio d’amore tra pastori", riscrittura di "Beggar’s opera"di John Gay, "Auto sacramental" e "Il Circo delle fanciulle". Sue due raccolte di racconti, "Bambino Arturo e il suo vofabulario immaginario"" e "I 25 racconti della signorina Conti", i romanzi "Cecchelin e Cyrano" e "Assedio ed Esilio", tradotto questo anche in spagnolo da "Orizzonte atlantico". Nella rivista "Gli amanti dei libri" occupa da molti anni lo spazio quindicinale di racconti essenziali, "L’ElzeMìro".
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6 Responses to L’indignazione, la parola e il gesto

  1. azsumusic says:

    Grottesco = Grotta + esco -> Esco dalla grotta. Deve trattarsi di un primate. A guardar bene le abitazioni in cui trovano riparo i popoli dell’era contemporanea, a esaminare il modo in cui questi si dileguano da tali anfratti, non pare vi sia alcuna differenza da quanto fu nel Paleolitico. V’è un ulteriore indizio: trattasi della dieta paleolitica, quella tornata in voga a inizio ‘900 e diventata una prassi comune, dalle latrine nelle catapecchie alle cucine delle ville. Non pare possa esserci, dunque, obiezione alcuna contrapposta alla seguente affermazione: siamo nell’anno 100.000, a.C.. Signori, stiamo qua a disquisire quotidianamente su affari trascurabili quando la più grande truffa che sia mai stata architettata e attuata ai danni del genere umano è quella legata alla produzione di calendari. Date un’occhiata agli almanacchi e quali anni questi riportano! Il più grande imbroglio della storia terrestre!

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    • dascola says:

      Dialogo di un venditore di almanacchi e di un passeggero. – Giacomo Leopardi- Operette morali 1827
      Venditore
      Almanacchi, almanacchi nuovi; lunari nuovi. Bisognano, signore, almanacchi?
      Passeggere
      Almanacchi per l’anno nuovo?
      Venditore
      Si signore.
      Passeggere
      Credete che sarà felice quest’anno nuovo?
      Venditore
      Oh illustrissimo si, certo.
      Passeggere
      Come quest’anno passato?
      Venditore
      Più più assai.
      Passeggere
      Come quello di là?
      Venditore
      Più più, illustrissimo.
      Passeggere
      Ma come qual altro? Non vi piacerebb’egli che l’anno nuovo fosse come qualcuno di questi anni ultimi?
      Venditore
      Signor no, non mi piacerebbe.
      Passeggere
      Quanti anni nuovi sono passati da che voi vendete almanacchi?
      Venditore
      Saranno vent’anni, illustrissimo.
      Passeggere
      A quale di cotesti vent’anni vorreste che somigliasse l’anno venturo?
      Venditore
      Io? non saprei.
      Passeggere
      Non vi ricordate di nessun anno in particolare, che vi paresse felice?
      Venditore
      No in verità, illustrissimo.
      Passeggere
      E pure la vita è una cosa bella. Non è vero?
      Venditore
      Cotesto si sa.
      Passeggere
      Non tornereste voi a vivere cotesti vent’anni, e anche tutto il tempo passato, cominciando da che nasceste?
      Venditore
      Eh, caro signore, piacesse a Dio che si potesse.
      Passeggere
      Ma se aveste a rifare la vita che avete fatta né più né meno, con tutti i piaceri e i dispiaceri che avete passati?
      Venditore
      Cotesto non vorrei.
      Passeggere
      Oh che altra vita vorreste rifare? la vita ch’ho fatta io, o quella del principe, o di chi altro? O non credete che io, e che il principe, e che chiunque altro, risponderebbe come voi per l’appunto; e che avendo a rifare la stessa vita che avesse fatta, nessuno vorrebbe tornare indietro?
      Venditore
      Lo credo cotesto.
      Passeggere
      Né anche voi tornereste indietro con questo patto, non potendo in altro modo?
      Venditore
      Signor no davvero, non tornerei.
      Passeggere
      Oh che vita vorreste voi dunque?
      Venditore
      Vorrei una vita così, come Dio me la mandasse, senz’altri patti.
      Passeggere
      Una vita a caso, e non saperne altro avanti, come non si sa dell’anno nuovo?
      Venditore
      Appunto.
      Passeggere
      Così vorrei ancor io se avessi a rivivere, e così tutti. Ma questo è segno che il caso, fino a tutto quest’anno, ha trattato tutti male. E si vede chiaro che ciascuno è d’opinione che sia stato più o di più peso il male che gli è toccato, che il bene; se a patto di riavere la vita di prima, con tutto il suo bene e il suo male, nessuno vorrebbe rinascere. Quella vita ch’è una cosa bella, non è la vita che si conosce, ma quella che non si conosce; non la vita passata, ma la futura. Coll’anno nuovo, il caso incomincerà a trattar bene voi e me e tutti gli altri, e si principierà la vita felice. Non è vero?
      Venditore
      Speriamo.
      Passeggere
      Dunque mostratemi l’almanacco più bello che avete.
      Venditore
      Ecco, illustrissimo. Cotesto vale trenta soldi.
      Passeggere
      Ecco trenta soldi.
      Venditore
      Grazie, illustrissimo: a rivederla. Almanacchi, almanacchi nuovi; lunari nuovi.Almanacchi almanacchi

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  2. Paolo Prato says:

    Termine intendo come reciproco del fluido fluire, velleitariamente applicato al funzionamento di un meccanismo. In questo caso, perverso. Il meccanismo.

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  3. Paolo Prato says:

    Citato, volontieri replico. Il grottesco, stante la definizione riportata, mi si attaglia perfettamente ai comportamenti correnti, in senso diffuso. I calci in culo virtuali sono tanto inutili quanto l’indignazione. Sentimento elevato, dunque sprecato nei casi citati, e proficuamente sostituibile, con un incazzato pragmatismo: niente POS ed io me ne vado, proponi il nero ed io ti ricuso, etc. Ma senza fare troppa fatica. È tardi, ma ci resta ancora la vischiosità.

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